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Per poter capire il ruolo importantissimo che hanno
avuto e tuttora hanno le monoposto da competizione nell'ambito delle
migliorie tecniche applicate poi alle vetture di serie, devono essere
analizzati alcuni dati realtivi all'incremento di potenza dei motori, e
alla storia delle competizioni pre e post belliche.
Le monoposto pre belliche
Le monoposto pre belliche altro non erano che delle versioni modificate
delle vetture di produzione, e tali modifiche consistevano
più che altro nella sovralimentazione (quella sviluppata dal
1923 al 1951 era basata su compressori azionati meccanicamente dal
motore) del motore e nel rafforzamento di sospensioni e freni,
più eventualmente un alleggerimento della massa. Nessun
passo avanti nella storia dell'automobile fu fatto a causa della
Seconda Guerra Mondiale, in quanto le industrie automobilistiche
vennero impiegate nella produzione di armi e artiglierie leggere e
pesanti....
Auto Union Type D
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La Type D nacque in un periodo molto difficile per le Auto Union da
Gran Premio: il 28 gennaio 1938 la squadra corse aveva perso il suo
asso Bernd Rosemeyer, tragicamente scomparso in un incidente durante un
tentativo di record sull'autostrada Darmstadt-Francoforte. Inoltre,
c'era in quel periodo parecchio lavoro da fare: la Formula 750 kg era
scaduta il 31 dicembre del 1937 e per l'anno seguente era stata imposta
una nuova formula denominata 3 litri, che prevedeva una cilindrata
massima di 3 litri per le auto sovralimentate e di 4,5 litri per quelle
aspirate. Ma già da mesi era in fase di sviluppo una nuova
vettura che avrebbe preso il posto della plurivittoriosa Type C, ormai
non più idonea a soddisfare i nuovi regolamenti.
La
nuova vettura non fu più progettata da Ferdinand Porsche, come
invece era avvenuto per i precedenti tre modelli da Gran Premio
marchiati con i "quattro anelli". Il geniale progettista boemo fu
infatti totalmente preso dalla progettazione di quello che in futuro
sarebbe divenuto noto al mondo intero come Maggiolino. La
responsabilità del progetto della futura Type D fu invece
affidata a Robert Eberan von Eberhorst,
responsabile tecnico del reparto corse Auto Union. Il progetto
ripercorse solo in parte le linee guida tracciate a suo tempo
dall'ingegner Porsche, mentre per un'altra parte fu invece del tutto
inedito. In particolare, furono apportate modifiche consistenti alle
sospensioni: all'avantreno vennero montati ammortizzatori idraulici,
mentre al retrotreno venne montato un ponte a doppio snodo simile ad un
De Dion, soluzione già messa in pratica dalla rivale
Mercedes-Benz e che anche la Horch, tanto per rimanere in casa Auto
Union, aveva già montato già dalla fine del 1935 in una
variante ideata da Oskar Siebler.
Ma
la vera novità fu ovviamente il propulsore, progettato e
realizzato in modo da soddisfare i nuovi regolamenti imposti per la
stagione 1938: il tetto massimo di cilindrata fissato a 3 litri per le
vetture sovralimentate suggerì a von Eberhorst di ridurre anche
il numero di cilindri da 16 a 12, mantenendo sempre l'architettura a V,
ma con un differente angolo fra le due bancate, 60 gradi anziché
45. La cilindrata fu di 2985 cm³, la metà di quella della
Type C, ma in questo caso il rapporto di compressione fu aumentato da
9.2 a 10:1, ottenendo così un motore più spinto del
precedente, il che permise di ottenere, grazie anche alla
sovralimentazione mediante due compressori volumetrici
configurati a doppio stadio, una potenza massima di 485 CV. Questo
nuovo V12 era inoltre caratterizzato dalla distribuzione a due valvole
per cilindro azionate da tre assi a camme, uno centrale per l'aspirazione e i due laterali per lo scarico. Tagliando via quattro cilindri si ottenne un motore dal minor ingombro longitudinale, il che permise di ridurre l'interasse,
in maniera tale da ottenere un triplice vantaggio: riduzione di peso,
maggior maneggevolezza ed agilità della vettura e telaio più
"comunicativo" con il pilota.
Essendo questo nuovo motore molto più spinto del precedente, i
consumi salirono del 20% rispetto alla vettura da Gran Premio dell'anno
prima: la Type D riusciva a percorrere appena un chilometro con un litro
di carburante,
carburante che consisteva in una miscela di alcool, acetone,
nitrobenzolo ed etere solforico, ed era stipato in tre serbatoi della
capacità totale di 280 litri.
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Tazio Nuvolari su Auto Union D-type, nel 1938, a Donington Park
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Il
debutto sportivo della Type D fu enormemente ritardato dalle
difficoltà di messa a punto della vettura, che continuava a
manifestare qua e là dei problemi. Le prime gare della stagione
1938 videro la Type D assente dai tracciati. Il debutto avvenne solo il
3 luglio sul circuito di Reims per il Gran Premio di Francia. Purtroppo
l'esito fu a dir poco catastrofico, poiché i tre piloti
disponibili in quello scorcio di stagione (Hasse, Kautz e Müller)
abbandonarono tutti la gara in seguito ad incidenti. Il guaio fu che
questi tre piloti non erano all'altezza dei grandi Stuck e Rosemeyer,
ma quest'ultimo, come si è detto all'inizio era scomparso
tragicamente all'inizio di quell'anno, mentre più o meno nello
stesso periodo Stuck e l'Auto Union giunsero al divorzio per motivi in
realtà mai chiariti completamente. L'unica speranza visibile
all'orizzonte per l'Auto Union pareva giungere dall'Italia: all'inizio
della stagione, infatti, Tazio Nuvolari entrò in una fase di
contrasto con l'Alfa Romeo, da cui sarebbe nata un'altra separazione
eccellente. Presa la palla al balzo, i dirigenti dell'Auto Union e il
"mantovano volante" presero contatti e giunsero ad un accordo,
formalizzato il 15 luglio grazie al nullaosta della Federazione
Automobilistica Sportiva Italiana: Nuvolari divenne il nuovo pilota
della squadra corse dell'Auto Union. Il debutto dell'asso mantovano
avvenne il 24 luglio al Nürburgring per il Gran Premio di
Germania, dove giunse quarto a causa di alcune noie al motore, che tra
l'altro ebbe una perdita d'olio che schizzò sul parabrezza
rendendo difficoltosa la visuale al pilota italiano. Alla Coppa Acerbo
sul Circuito di Pescara, Nuvolari giunge in pole position, ma durante
la gara è costretto al ritiro assieme a Müller ed Hasse. Il
migliore piazzamento per una Type D fu il quarto posto conquistato da
Hans Stuck, che nel frattempo fu riammesso nella squadra corse dopo le
enormi pressioni cui fu sottoposta in tal senso la Auto Union dal
regime tedesco. La riscossa avvenne l'11 settembre al Gran Premio
d'Italia disputatosi a Monza:
Nuvolari conquistò la vittoria davanti a Hermann Lang e la stampa
dedicò fiumi di inchiostro a tale evento. Il 22 ottobre a Donington,
Nuvolari investe un cervo durante le prove, ma all'avvio della gara
parte in quarta e si trova a condurre già dopo la prima curva, e dopo
alcune peripezie termina al primo posto regalando un'altra vittoria
all'Auto Union con una Type D ormai messa completamente a punto. Alle
vittorie di Nuvolari nella stagione 1938 vanno inoltre aggiunte le
cinque cronoscalate vinte da Stuck sempre su Type D.
tenutosi il 25 giugno, Lang trionfa ancora, ma la gara fu funestata da
un incidente mortale in cui Seaman perse la vita. Questa volta è Hasse a
guadagnare il secondo posto, mentre Nuvolari e Müller furono costretti
al ritiro. Il 9 luglio a Reims arrivò la prima vittoria della stagione
per la Type D e per l'Auto Union. A portare la monoposto al trionfo fu
questa volta Müller, seguito da un'altra Type D, quella di Meier. Ed
ancora Müller giunse secondo al Gran Premio di Germania, mentre la
vittoria andò di nuovo alla Casa di Per la stagione 1939 Nuvolari e Stuck furono riconfermati, così
come anche Müller e Hasse. Inoltre, vennero ingaggiate due giovani
promesse, Georg Meier e Ulli Bigalke. Anche nel 1939, la stagione
sportiva cominciò in ritardo per la Type D, che non partecipò alle gare
di Pau e di Tripoli.
Ma il debutto al Nürburgring vide comunque la vittoria della
Mercedes-Benz di Lang davanti a Nuvolari, giunto secondo. AlGran Premio del BelgioStoccarda.
Quell'anno, la stagione sportiva fu particolarmente breve a causa della
situazione politica che stava rapidamente degenerando proprio in
Germania. Al Gran Premio di Belgrado fu Nuvolari a concludere
vittoriosamente l'ultima gara disputata da una monoposto Auto Union e
l'ultima valida per un Gran Premio. Ma il titolo andò comunque alle
Mercedes-Benz. Era il 3 settem bre 1939: il giorno prima Adolf Hitler aveva invaso la Polonia, dando il via alla catastrofica Seconda Guerra Mondiale.
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Le monoposto post belliche
.....Finita la guerra, con l'istituzione del Campionato del Mondo e
l'introduzione di regolamenti circa la costruzione delle vetture da
competizione, si ricominciò dai vecchi progetti, invece di
agire verso nuove direzioni. Sul finire degli anni Sessanta la
sovralimentazione dei motori (la concezione di aerodinamica e quindi di
lavoro su scocche arriverà più tardi, negli anni
Settanta) è ottenuta dall'azione di turbo-compressori
comandati dai gas di scarico. Il ciclo di grandi evoluzioni per il
motore aspirato ha preso l'avvio necessariamente da cilindrate
ragguardevoli, data l'esiguità delle potenze specifiche
realizzabili: appena 60-80 cavalli/litro, contro i 200-230 cavalli per
litro di cilindrata dei sovralimentati. Appena avviato il processo,
tuttavia, la corsa alle più alte potenze specifiche
è stata notevole, con il traguardo dei 100 cavalli per 1000
cc raggiunto per la prima volta dai motori della formula di due litri e
mezzo e con incrementi spettacolari per la F.1 1500, fino alla soglia
dei 150 CV/litro, e per la F.1 3000, ormai prossima ai 180 CV/litro.
L'aumento delle potenze è legato a molti fattori, quali il
numero dei cilindri, il rapporto corsa-alesaggio, il regime di
rotazione, il sistema di alimentazione, eccetera, il criterio stesso
della cilindrata non è che parzialmente vincolante, ai fini
dell'equità della competizione, tanto da essere sostenuto
attualmente da altre limitazioni; ma la sua validità permane
pressochè indiscussa per l'unità di tempo entro i
cui limiti avvengono i progressi. Il punto di partenza per la grande
avventura del motore aspirato in questo dopoguerra è stato
di potenze specifiche comprese fra i 60 e i 70 cavalli/litro; un
livello relativamente basso, che aveva, nondimeno, prospettive di
rapido incremento con gli insegnamenti dell'esperienza parallela in
campo motociclistico, dove la sovralimentazione era stata abolita con
grande anticipo e la quota dei 100 cavalli/litro poteva già
considerarsi una norma, pur con il vantaggio delle cilindrate unitarie
esigue. Quindi, al momento del confronto cruciale fra il sovralimentato
e l'aspirato, la bilancia proponeva su un piatto l'otto cilindri in
linea delle celebri Alfa Romeo 158/159 con punte massime di 425
cavalli, ma con 400 cavalli effettivi nella media delle applicazioni, e
sull'altro piatto i 12 cilindri Ferrari a V di 60°, di quattro
litri e mezzo, con disponibilità di 360-380 cavalli e con
vantaggi già sensibili nelle utilizzazioni e nei consumi.
Dal 1953 iniziò una preziosa concentrazione dei tecnici su
motori a quattro e a sei cilindri in linea, con molti studi rivolti
alle camere di combustione, all'evacuazione dei gas di scarico, con
particolare riferimento alle lunghezze critiche dei condotti, e con
grandi sforzi concentrati sull'alimentazione, monocarburatore e perfino
a iniezione. E' il momento dello studio intenso anche sulle
proprietà dei carburanti e dell'affacciarsi delle prime
camere di scoppio adatte a far risaltare i fenomeni di "swirl" e di
"squish". Il quattro cilindri in linea rappresenta veramente l'ideale
per gettare solide basi, utili ad un serio sviluppo del moderno motore
aspirato. Il sei cilindri in linea viene introdotto da Gordini, mentre
da parte inglese (Era-Bristol e HWM-Alta) un gradino più
sotto, si fa leva su valori specifici già confortanti.
Così, con l'avvento del sei cilindri in linea della Maserati
del 1953, con il conseguimento dei 190 cavalli a 7500 giri, si
arrotonda a 95 CV/litro la potenza specifica, con la bellezza di 12,7
CV/litro a mille giri. Le basi per la successiva Formula 1 di due litri
e mezzo (1954-1960) sono gettate e l'avvento delle tecnologie della
Mercedes, con distribuzione desmodromica e iniezione diretta, danno
nuovi stimoli alla ricerca. Con i 280 cavalli effettivi dell'otto
cilindri in linea della marca tedesca, con 112 CV/litro e ben 13,2
CV/litro a mille giri, saliti nel 1955 a 118 CV/litro e a 13,9 CV/litro
a mille giri, il tetto è stato raggiunto per quell'epoca di
sviluppo e i primati tecnici di questo motore sono tali da restare
insuperati per tutto il corso della formula. y-Climax, dimostra
l'importanza di accelerare l'evoluzione di propulsori con grosse
cilindrate unitarie, superiori ai 620 cc, con valori addirittura di 15
CV/litro per mille giri e pressioni medie effettive fino a 13,5
Kg/cm#2. Come soluzione intermedia, il motore V 6 della Ferrari si
trascina le stesse ragioni di validità, con applicazioni
preziose. Il finire degli anni Cinquanta non è favorevole a
troppi investimenti nell'evoluzione dei motori: i progressi favoriti
dalle rivoluzioni d'autotelaio appaiono ben più ingenti di
quel che la tecnica motoristica potrebbe offrire, determinando una
certa stasi. Il passaggio dall'architettura convenzionale del motore
anteriore e trazione posteriore al motore posteriore-centrale con
trazione sulle ruote posteriori, ha prodotto effetti preponderanti,
tanto da garantire le maggiori affermazioni alle Cooper e alle Lotus
con un quattro cilindri Climax di appena 240-243 cavalli, pari a
96,5-97,5 CV/litro, con buone concentrazioni di potenza in un regime di
6800 giri, che fa calcolare 14,2-14,3 CV/litro a mille giri. Negli anni
Sessanta, parallelamente, fanno la loro comparsa le prime appendici
alari, la cui efficenza è limitata, ma che garantivano un
buon carico aerodinamico per i telai (alluminio) e i pesi delle
vetture, che comunque mantenevano freni a dischi in acciaio e
pneumatici convenzionali. Gli anni Settanta portano nuove evoluzioni.
Oltre al perfezionamento del telaio autoportante, all'evoluzione dei
motori boxer, comincia la nuova concezione di aerodinamica. I telai
cominciano ad assumere una forma a freccia, per poter fendere meglio
l'aria. per quanto concerne i motori, si esplorano i 10000 giri, 450
cavalli nella media della produzione. Scarichi di diametro maggiore e
altri perfezionamenti al circuito di lubrificazione.470 cavalli nel
1975 e con punte di 480-490 nelle ultime espressioni. Gli stimoli sono
venuti dalla crescente avanzata dei motori a 12 cilindri - Ferrari in
particolare - pur con altre componenti della Matra e dell'Alfa Romeo.
La Matra, con un 12 cilindri a V di 60° raggiunse un'apice di
520 cavalli. Per l'Alfa Romeo, il passo dalla Sport alla Formula 1, con
il 12 cilindri "boxer" (l'ultimo ridisegno a V di 60° risponde
ad esigenze extra-motoristiche, ovvero di installazione in vettura e di
flussi aerodinamici interni), è stato breve, seppure
scontata la stagione iniziale del '76, per raggiungere i migliori
compromessi fra tenuta, distribuzione della potenza lungo la curva e
prontezza d'accelerazione. Ufficialmente, questo motore ha dato le
potenze specifiche più alte, con 177 CV/litro e qualcosa
come 14,75 CV/litro a mille giri. Le valutazioni, nondimeno, si fanno
difficili per il più vittorioso dei 12 cilindri, il "boxer"
Ferrari, che ha puntato tutto sulla buona stabilità di
funzionamento, indipendentemente dai valori massimi. Anche l'ascesa di
questo motore, esemplare per la concezione del manovellismo e del
comando della distribuzione, è stata spettacolare, partendo
dai 430 cavalli a 11600 giri del 1970, per salire subito dopo a 465
cavalli a 12000 giri, pari a 13 CV/litro a mille giri, e per toccare i
490 cavalli effettivi nel 1974. l'evoluzione conobbe poi una stasi fino
al 1979.
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BREVE STORIA DELL'EVOLUZIONE TECNICA DELLA FORMULA 1

Il concetto di deportanza rivoluzionò la concezione delle corse. Fino a quel
momento le vetture da corsa dovevano essere fondamentalmente veloci, il più
veloci possibile, per raggiungere la massima velocità nei rettilinei, che erano
la parte predominante di ogni circuito. Velocità dell’ordine di 340 km/h erano
state raggiunte sui circuiti più veloci già negli anni ’30, e si dovrà aspettare
il 1982 perché vengano raggiunte di nuovo.
Le monoposto però, fino all’avvento
dell’aerodinamica, dovevano rallentare in maniera radicale per affrontare le
curve. In questo modo la differenza fra velocità massima e velocità di
percorrenza delle curve era enorme. Si pensi che le Auto Union del 1936
disponevano di 520 HP e di velocità di punta dell’ordine dei 345 km/h. Su di un
circuito velocissimo come Monza, un giro era percorso alla media di circa 180
km/h. Trent’anni dopo le monoposto, con circa 330-350 cavalli, e velocità
massime non superiori ai 280 km/h, giravano su quel circuito ad una media di
circa 200 km/h.
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Con l’avvento dei dispositivi aerodinamici, nel 1969 le
monoposto migliori, con circa 420 HP ed una velocità massima non superiore ai 270 km/h, girarono a
Monza a 236 km/h di media. Questi dati devono essere valutati in termini di
efficienza globale. Un motore potentissimo poteva essere usato per andare forte
in rettilineo, ma la velocità in curva restava subordinata all’aderenza al
suolo. Questa, a sua volta, era legata alla sezione dei pneumatici, al loro
coefficiente di attrito, alla capacità delle sospensioni di tenere il pneumatico
aderente al suolo. Questi fattori erano, fino all’avvento delle appendici
aerodinamiche, evidentemente bassi, perché la velocità di percorrenza della
curva rimaneva molto distante dalla velocità massima che la vettura poteva
sviluppare in rettilineo. Il
ricorso ai dispositivi aerodinamici ha quindi permesso di ridurre in modo
drastico la differenza fra velocità massima e velocità di percorrenza delle
curve. Si era quindi verificato un paradosso: il tempo guadagnato in rettilineo
da una vettura velocissima, ma lenta nelle curve, era inferiore al tempo
guadagnato da una vettura lenta in rettilineo ma veloce nelle curve.
A
questa nuova concezione delle corse automobilistiche verrà subordinata tutta
l’evoluzione dello sport motoristico, fino ai nostri giorni. |
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È del 1977 l’ultima vittoria di Niki Lauda in Formula 1 con la Ferrari
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La McLaren MP4/4
fu la vettura del team McLaren che prese parte al campionato di Formula
1 1988. Fu progettata da Gordon Murray e Steve Nichols, e rappresenta
tuttora una delle auto di Formula 1 più efficaci della storia,
avendo vinto 15 dei 16 Gran Premi cui prese parte. I piloti Ayrton
Senna e Alain Prost lottarono tra di loro per il titolo mondiale, senza
che alcun avversario potesse inserirsi nel duello.
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Nel 1987 la Williams
aveva nettamente sconfitto la McLaren sia nella classifica piloti che
in quella costruttori. I motori Honda erano però passati alla
scuderia di Woking e la capacità del fornitore giapponese di
creare un motore più basso dei precedenti permise a Murray e
Nichols di riprendere ed affinare i concetti introdotti nel 1986 con la
Brabham BT55, senza l'handicap delle scarse affidabilità e
potenza che avevano caratterizzato il motore BMW inclinato.
Nel 1988 il regolamento tecnico prevedeva la possibilità di
utilizzare motori aspirati di 3500 cc di cilindrata senza limiti di
consumo, oppure motori turbocompressi da 1500 cc di cilindrata, con
pressione di sovralimentazione limitata a 2,5 bar e 150 litri di
carburante per percorrere la distanza della gara. La Honda scelse questa
seconda possibilità, in quanto le evoluzioni previste per il proprio
motore le permisero di mantenere un vantaggio sulla concorrenza.
L'MP4/4 si ispira alla Brabham BT55 di Gordon Murray, che nell'87
aveva disegnato la MP4/3, approfondendone i concetti.
L'idea di Murray era quella di una macchina estrema sotto il profilo
fluidodinamico, ma nel caso della Brabham non si ottennero vantaggi: il
motore era un progetto molto complesso e soprattutto fine a sé stesso.
Secondo Gordon Murray disegnare una macchina con le linee della BT55
permetteva di ridurre di circa il 30% la sezione frontale rispetto ad
una monoposto convenzionale: la linea di cintura estremamente bassa
riduceva moltissimo la resistenza all'avanzamento con vantaggi notevoli
in velocità e consumi. Infatti la BT55 nel 1986 era stata l'auto con la
velocità di punta più alta.
Questa soluzione consentiva anche di investire con una maggior portata
d'aria la superficie alare posteriore, incrementando il carico
aerodinamico sulle ruote motrici, con conseguente incremento di trazione
e velocità di percorrenza in curva. Sotto questo aspetto la BT55 era stata un fallimento perché il suo
motore BMW era un 4 cilindri in linea, molto alto, e per poter
migliorare il progetto aerodinamico era stato inclinato di 72°,
soluzione che creava problemi di lubrificazione e combustione; inoltre
con un motore alto il centro di gravità dinamico risultava sempre molto
sbilanciato, anche a causa di un cambio a 7 marce ingombrante e
complicato.
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Come consulente, nell'87 Murray cercò di sviluppare questi
concetti sulla MP4/3 disegnata da Steve Nichols, il quale cercò di
riprendere in parte il progetto MP4/2 di John Barnard, che ormai era
superata. Perciò, a parte il muso, tutto il resto della vettura fu
ridisegnato cercando di abbassare la linea di cintura e il centro di
gravità.
Murray poté intervenire con questa filosofia progettuale grazie al fatto
che la MP4/3 utilizzava un motore V6 con angolo di bancata di 90°.
Inoltre riprogettò le pance laterali, spostando le prese d'aria di sfogo
dei radiatori ai lati della vettura anziché sulla parte superiore; con
questo intervento ridusse l'altezza e rese più slanciato il roll-bar,
sfruttando il fatto che la capacità massima dei serbatoi nell'87 era
stata ridotta da 220 a 195 litri. Tuttavia il motore non si dimostrò
abbastanza solido e potente contro l'Honda della Williams.
Nell'88 la McLaren per la MP4/4 ottenne la fornitura di questi
motori, che erano sempre dei V6 ma con un angolo di bancata di 80°,
quindi Murray poté estremizzare ulteriormente quanto visto sulla MP4/3,
abbassando ulteriormente l'altezza complessiva della scocca.
Sostanzialmente lavorò come sulla MP4/3 anche perché pure nell'88 fu
ridotta la capacità dei serbatoi (da 195 a 150 litri).
Una delle modifiche più evidenti fu il muso, molto più rastremato e
slanciato, con grande riduzione della sezione frontale e conseguente
maggiorazione della superficie alare anteriore. Queste varianti
all'avantreno si erano rese necessarie anche per rispettare la nuova
norma che obbligava a collocare la pedaliera delle scocche di nuova
costruzione dietro l'asse delle ruote anteriori, una soluzione che il
regolamento impone ancora oggi e che ha reso la posizione di guida quasi
sdraiata anziché seduta.
Per via di questi interventi l'MP4/4 risultò notevolmente competitiva:
oltre ad essere una macchina molto curata, fu l'unica progettata
espressamente per gareggiare col motore turbo, a differenza dagli
avversari che avevano puntato su ex vetture turbo adattate agli
aspirati, o su progetti di scocche con motore turbo dell'anno prima.
Questa scocca utilizzava sospensioni a ruote indipendenti con
trapezi sovrapposti e sistema a puntone di tipo pull-rod all'avantreno e
push-rod al retrotreno. Quest'ultima soluzione, insolita per l'epoca,
nasceva dall'esigenza di sollevare la posizione dei semialberi, in modo
da non alterare gli angoli di esercizio dei giunti, dato che la scocca
era molto bassa.
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Durante la fase pre stagione fu testato anche un sistema di
sospensioni attive, che per questioni di affidabilità non fu però mai
utilizzato nei Gran Premi.
La vettura fu talmente dominante che non venne evoluta in troppi
pacchetti aerodinamici, salvo profili alari specifici per circuiti da
basso o alto carico aerodinamico come Monaco, Monza o Hockenheim.
Una delle modifiche che più saltarono all'occhio fu l'eliminazione delle
prese d'aria delle turbine, perché si riteneva che creassero dei
vortici d'estremità che disturbavano i flussi d'aria sul profilo alare
posteriore.
Il motore adoperato era l'Honda RA168-E, un V6 biturbo da circa
650 cavalli, ultima evoluzione del 6 cilindri giapponese che aveva
debuttato nell'83. L'unità fu rivista per ridurre drasticamente il
consumo di carburante dato che il regolamento imponeva una minor
capacità dei serbatoi, e per sfruttare meglio la potenza ai medi regimi
per via dell'altra restrizione sulla pressione di sovralimentazione,
passata da 4.0 a 2.5 bar.
Il cambio, abbastanza convenzionale, era un Weissmann a sei marce
più retromarcia, prodotto in collaborazione con la stessa McLaren e
montato longitudinalmente.

Ayrton Senna
Gran Premio del Canada 1988
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Già nel corso della stagione 1987,
la McLaren aveva annunciato l'ingaggio di Ayrton Senna, proveniente
dalla Lotus, insieme alla fornitura dei motori Honda. In McLaren il
brasiliano avrebbe fatto coppia con il due volte campione del mondo
Alain Prost. Nella fase di sviluppo, grande attenzione venne posta
all'elettronica di gestione del motore, per l'ottimizzazione dei
consumi, e la vettura si presentò subito vincente, con un notevole
margine sulla concorrenza.
La stagione si sviluppò quindi sulla traccia di un dominio
incontrastato della McLaren. Dopo una prima fase favorevole a Prost,
Senna recuperò progressivamente, per poi passare in vantaggio alla fine
delle gare estive. L'unica corsa che la MP4/4 non vinse fu il Gran Premio d'Italia,
in cui Prost si ritirò a causa dell'unico problema meccanico incontrato
nella stagione, mentre Senna, al comando, si toccò con la Williams di Schlesser
alla prima variante, nel corso di un doppiaggio a pochi giri dal
termine. Dopo Monza Prost vinse due gare, riportandosi vicino, ma
vincendo in Giappone Senna guadagnò il titolo.
Al termine della stagione Prost aveva accumulato più punti totali, ma
Senna vinse grazie ai punti scartati dal pilota francese. Invece tutti i
punti erano validi per il mondiale costruttori, che la McLaren si
aggiudicò con un record di 199 punti.
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Il Flybrid Systems KERS introdotto in F1 dalla stagione 2009
Il KERS, acronimo di Kinetic Energy Recovery System (in italiano “sistema di recupero dell'energia cinetica”)
è un dispositivo elettromeccanico atto a recuperare parte
dell'energia cinetica di un veicolo durante la fase di frenata e a
trasformarla in energia meccanica o elettrica, nuovamente spendibile
per la trazione del veicolo o per l'alimentazione dei suoi dispositivi
elettrici.
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Durante
la frenata di un veicolo, l'energia cinetica che deriva da tale
decelerazione è dispersa in calore per attrito del sistema
frenante. Tale energia può essere intercettata da un meccanismo
ad alto momento di inerzia come un volano oppure immagazzinata in un
accumulatore o una batteria e venire impiegata in un secondo momento,
per esempio in fase di accelerazione del veicolo o comunque quando si
abbia bisogno di una riserva di energia per aumentare le prestazioni
del mezzo.
Il sistema KERS è costituito da:
- un motore/dinamo (in corrente continua);
- un accumulatore di carica elettrica, in genere composto o da pile al litio, oppure supercondensatori o ancora batterie a volano;
- un sistema di controllo che permette di gestire il funzionamento del
dispositivo come motore oppure come dinamo a seconda delle necessità.
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