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 - Ayrton Senna
















Enzo Ferrari, nasce a Modena il 18 febbraio del 1898, in una gelida e nevosa giornata che costringerà
la madre Adalgisa a denunciare il lieto evento all’ufficio dello stato civile con due giorni di ritardo. Il padre Alfredo,
uomo della media borghesia emiliana, dirige un’officina di carpenteria metallica che lavora
prevalentemente per conto delle Ferrovie dello Stato.

Al 1903 risale il primo e fatidico incontro di Ferrari con l’automobile, che segneràl’inizio di un lungo e granitico idillio,
 destinato a entrare nella storia.

In quell’anno il padre acquista una scintillante De Dion Bouton 3 cv e per il giovane discendente è amore a prima vista!
Nella rimessa di famiglia a quella deliziosa auto faranno seguito una Marchard bicilindrica e una Diatto tre litri torpedo.


Once upon a time in the west
Dmitri Shostakovich - Waltz N° 2



"Ho dedicato la mia vita all'automobile, una conquista di libertà per l'uomo"




LA GRANDE STORIA
 FERRARI


"La mia vita è stata un ansimante cammino.
Non tornerei indietro. Non mi piace più questo mondo dove la violenza ha preso il posto della ragione.
 Intravedo uno smisurato penitenziario che ha in noi i suoi reclusi. L'egoismo ci condiziona, allontanandoci spesso dal prossimo,
 costringendoci a contare sulle nostre sole possibilità ".

ENZO FERRARI.


"Pensa ed agisci da vincente.
Così molto probabilmente raggiungerai il tuo obiettivo."

Enzo Ferrari





Nasce una leggenda

1898
Enzo Anselmo Ferrari nasce alla periferia di Modena il 18 febbraio 1898 ma, a causa della neve, i suoi genitori ne registrano la nascita
 soltanto due giorni più tardi. Suo padre possedeva un'officina di carpenteria metallica, che occupava circa 30 dipendenti impegnati
 nella costruzione di ponti e tettoie per le ferrovie dello stato.



Museo casa Enzo Ferrari

Il museo casa Enzo Ferrari, noto anche con l'acronimo MEF, è un museo di Modena dedicato alla vita e al lavoro
di Enzo Ferrari, il fondatore della casa automobilistica Ferrari.

Panoramica della struttura, con la casa natale di Enzo Ferrari (a sinistra) e il moderno museo (a destra).

Ingresso del Museo Enzo Ferrari

L'interno del museo
Il museo è stato inaugurato il 10 marzo 2012 a opera della Fondazione casa di Enzo Ferrari-Museo, ideatrice del progetto. Tale fondazione era nata nel 2003 per volontà di comune, provincia e camera di commercio di Modena, Automobile Club d'Italia e Ferrari, con la finalità di creare uno spazio dedicato alla promozione e al recupero della storia dell'automobilismo modenese.

Enzo scopre la sua passione per le corse

Felice Nazzaro

1908
All'età di 10 anni Enzo viene portato dal padre, insieme al fratello Alfredo, ad assistere ad una corsa automobilistica sul circuito di Bologna,
sulla via Emilia. La gara viene vinta da Felice Nazzaro (Vincenzo Lancia realizzò il giro più veloce)

ed il giovane Enzo ne rimane fortemente impressionato.


1914
Enzo inizia la sua attività di istruttore alla scuola tornitori dell'officina dei pompieri di Modena,
 dopo aver interrotto forzatamente gli studi alla terza tecnica.



Anni difficili

1916
Una doppia tragedia colpisce la famiglia nel 1916: la morte del padre e del fratello.

1917
Richiamato alle armi durante la prima guerra mondiale, viene assegnato al III Artiglieria da Montagna, distaccamento della Val Seriana.
Una malattia grave lo costringe ad essere sottoposto a due operazioni e ad essere, quindi, congedato a fine ostilità.




1918
Una volta ristabilito e congedato, Enzo cerca un lavoro alla Fiat ma, con suo enorme disappunto, non c'erano posti vacanti.
La passione per l'automobile lo spingeva ad entrare nel settore anche se il paese era ancora in una sorta di stato di guerra:
 la circolazione del traffico privato era ancora proibita e ciò bloccava il mercato. Alla fine del 1918 trova occupazione a Torino
 in qualità di collaudatore di automobili, presso un'azienda che trasformava camion leggeri in telai
che venivano successivamente assemblati dalla carrozzeria Italo-Argentina con sede a Milano.
Il 24 dicembre le restrizioni sul traffico vennero annullate, permettendo all'industria automobilistica di espandersi.


1919 - Targa Florio: un giovane Enzo Ferrari su una CMN



1919. ENZO FERRARI con il meccanico Nino Beretta alla sua prima Targa Florio sulla milanese
C.M.N. Costruzioni Meccaniche Nazionali...

... eccolo alla partenza, purtroppo concluderà la gara fuori tempo massimo attardato da guasti meccanici.

1919

Il lavoro di Enzo consisteva nel guidare i camion, ridotti ad un semplice telaio dotato di motore, fino a Milano, dove venivano carrozzati.
Nella città lombarda, trova un nuovo posto alla CMN (Costruzioni Meccaniche Nazionali) come collaudatore e, successivamente, pilota da corsa.
 Esordisce in gara nel 1919 nella corsa in salita Parma-Poggio di Berceto, arrivando quarto nella categoria tre litri alla guida
di una 4 cilindri, 2.3 litri, CMN 15/20. Nello stesso anno, il 23 novembre, partecipa alla Targa Florio dove non ebbe altrettanto successo:
 un problema al serbatoio della benzina gli fece, infatti, perdere oltre quaranta minuti.




Da pilota ad imprenditore: nasce la Scuderia Ferrari

1920


Un "velocissimo passaggio", come scrivono i cronisti dell'epoca, proprio
di Enzo Ferrari nella discesa del Giogo.

Nel 1920, dopo una serie di gare in cui ebbe alterna fortuna alla guida di una Isotta Fraschini 100/110 IM Corsa,
 Enzo arriva secondo assoluto alla Targa Florio alla guida di un'Alfa Romeo, 6 litri, 4 cilindri, tipo 40/60. Inizia, così,
una collaborazione con la casa del Biscione che durerà vent'anni e lo porterà a ricoprire incarichi di collaudatore, pilota,
collaboratore commerciale e, infine, direttore del reparto Alfa-Corse fino al novembre 1939.


1921
Come pilota ufficiale dell'Alfa, Ferrari prende parte a diverse corse, con alcuni risultati positivi, come il 5° posto alla Targa Florio,
 in maggio, ed il 2° posto al Circuito del Mugello, in luglio. In quell'anno riporta anche il suo primo vero incidente:
alla vigilia del Grand Prix di Brescia, categoria Gentlemen, a settembre, esce di strada per evitare una mandria di mucche
 che stava attraversando il tracciato della corsa.





Monza, 1923. Da sinistra, l’ing. Rimini, XY, il senatore Nicola Romeo, l’ing. Fucito, Merosi ed Enzo Ferrari.


Monza, 1923. Campari, Bazzi, Ferrari, Ascari, Sivocci.



1923
Ferrari vince il primo Circuito del Savio, occasione in cui incontra il Conte Baracca padre del famoso asso dell'Aviazione Italiana, Francesco Baracca. In seguito conoscerà anche la Contessa Baracca, dalla quale riceverà una foto con dedicae l'invito ad utilizzare il "Cavallino" come portafortuna sulle sue vetture. Foto storica del 1924 di Enzo Ferrari e l’Arena di Verona
Il simbolo del “cavallino rampante”, appartenente all’aviatore Francesco Baracca e ceduto,
nel 1923, come portafortuna al pilota automobilistico Enzo Ferrari, viene utilizzato
per la prima volta dal futuro fondatore della Ferrari SpA.


Coppa Acerbo.Da Ferrari al mito.

Coppa Acerbo. Da Ferrari al mito.


1924
Nel 1924 Enzo Ferrari ottiene il primo riconoscimento ufficiale dallo Stato, ricevendo la carica di Cavaliere per meriti sportivi, diventando,
 poi, nel 1925, Cavaliere Ufficiale; la sua passione per il giornalismo lo porta a diventare uno dei fondatori,

a Bologna, del "Corriere dello Sport".


Tra il 1925 e il 1927, Ferrari non corre.
Quando ricomincia, trova rivali ancora più duri, come Tazio Nuvolari e Achille  Varzi.
Nello stesso anno, riceve il titolo di Commendatore, come riconoscimento per i servizi resi al Paese in campo sportivo.

1927
Ferrari riceve il titolo di Commendatore, come riconoscimento per i servizi resi al Paese in campo sportivo. Nello stesso anno,
 il 5 giugno, vince il Circuito di Modena con l'Alfa Romeo 6C1500 SS.


1928
Il 20 maggio Enzo vince il 2° Circuito di Modena, sempre al volante di un'Alfa Romeo 6C 1500.


LA FONDAZIONE DELLA SCUDERIA



Nel 1929 fonda a Modena la "Scuderia Ferrari", società sportiva che aveva come scopo quello di far correre i propri           soci. Questo segna l'inizio di un'intensa attività agonistica che porterà alla creazione di una squadra ufficiale;
       la Scuderia gareggiava sia con auto, soprattutto Alfa Romeo, sia con moto; col tempo diverrà una filiale                            tecnico-agonistica dell'Alfa Romeo, alla quale si sostituirà nel 1933 nella gestione dell'attività sportiva.



Un'istantanea dal grande fascino. Ritrae Enzo Ferrari con la sua Alfa Romeo al passaggio dal Sasso di Castro. Ferrari, ormai prossimoad abbandonare le competizioni come pilota per diventare Direttore Sportivo dell'Alfa Romeo, terminerà ottavo, precedendo Tazio Nuvolari ed in un certo senso completando la débacle della Casa automobilistica milanese che, grande favorita della vigilia, si trovò a raccogliere solo piazzamenti di rincalzo oltre al terzo posto di Enrico Benini.


La palazzina della Scuderia Ferrari a Modena in viale Ciro Menotti 11, 1929.


Alfa Romeo: prima direttore sportivo e poi brusca rottura

La Scuderia Ferrari
Nel 1929 Enzo Ferrari venne richiamato a Milano per fondare una squadra corse collegata all’Alfa Romeo,
destinata a diventare celebrecome Scuderia Ferrari.

Nell'autunno 1929 Enzo Ferrari aveva ottenuto una preliminare promessa di partecipazione, dalla Pirelli e dall'Alfa Romeo, a una eventuale squadra corse. L'idea di Ferrari era quella di creare una struttura esterna alle due aziende che le sollevasse dagli oneri e dai costi organizzativi, trasferendoli sui gentleman-driver desiderosi di competere, e sugli organizzatori dei vari circuiti, disposti a pagare sostanziosi ingaggi pur di avere piloti celebri che attirassero il pubblico. Le prime adesioni furono quelle dei fratelli Alfredo e Augusto Caniato, gentleman-driver ferraresi ai quali Enzo Ferrari aveva appena venduto un'Alfa Romeo 6C 1500 Corsa, disposti a sborsare una sostanziosa porzione del capitale necessario.
Palazzo Ghisilardi Fava, dove fu decisa la fondazione della Scuderia.

L'occasione per completare la cordata di finanziatori si presentò il 12 ottobre, nel corso delle celebrazioni per il record mondiale di velocità conquistato a Cremona da Baconin Borzacchini su Maserati Tipo V4. Per festeggiare il primato della casa felsinea, il podestà Leandro Arpinati e l'Automobile Club avevano organizzata una cena di gala, nella Casa del Fascio di Bologna, alla quale erano invitati piloti, personalità della politica e dello sport, oltre a facoltosi appassionati. Fu al termine di quella cena che a Enzo Ferrari e Alfredo Caniato si aggiunse Mario Tadini, facoltoso pilota bolognese. Caniato e Tadini si assunsero le spese di gestione, e la fondazione della scuderia venne decisa in quella sera.

Per i dettagli dell'accordo fu incaricato l'avvocato Enzo Levi, padre del più noto Arrigo, che riuscì a comporre gli oneri, le esigenze e gli obiettivi delle varie parti in una bozza di atto costituente, poi formalizzato il 16 novembre dal notaio Alberto Della Fontana e omologato dal tribunale di Modena il 29 novembre 1929. Veniva così fondata ufficialmente la Società Anonima Scuderia Ferrari, con sede a Modena in Via Trento e Trieste, per la durata prevista di due anni, dal 16 novembre 1929 al 16 novembre 1931, con il dichiarato scopo di "compera di automobili da corsa di marca Alfa Romeo e partecipazione colle stesse alle Corse incluse nel calendario nazionale sportivo e nel calendario della Associazione Nazionale Automobil Clubs". La neonata squadra automobilistica si legò quindi all'Alfa Romeo, che divenne fornitrice del team modenese, soprattutto perché, così facendo, aveva la possibilità di partecipare a più gare e di aumentare la popolarità del proprio marchio, sopportando minori spese.

Il 15 gennaio 1930 si riunì per la prima volta il consiglio di amministrazione della S.A. Scuderia Ferrari nelle persone di Alfredo Coniato, Enzo Ferrari e Mario Tadini. La riunione ebbe luogo a Bologna in via Montegrappa 6 nei locali dell'Agenzia Alfa Romeo. In tale data la situazione della società era la seguente:

  • Presidente: Mario Tandini
  • Consigliere Delegato - Direttore: Enzo Ferrari
  • Capitale sociale: 200 000 lire
  • Numero azioni: 200
  • Azionariato: Alfredo e Augusto Caniato e Mario Tandini (130 azioni per 130 000 lire), Enzo Ferrari (50 azioni per 50 000 lire), S.A. Alfa Romeo (10 azioni per 10 000 lire), Ferruccio Testi (5 azioni per 5 000 lire), S.A. Pirelli (5 azioni per 5 000 lire).

L'esordio

Un'Alfa Romeo 8C 35 del 1935, marchiata sul cofano motore
con il simbolo della Scuderia Ferrari.
La squadra esordì alla IV Mille Miglia, il 26 marzo 1930, mettendo in campo tre Alfa Romeo 6C 1750 condotte da Luigi Scarfiotti, Eugenio Siena e Mario Tadini, ma nessuno dei tre piloti raggiunse il traguardo. L'anno seguente Enzo Ferrari riuscì a creare la propria squadra corse ufficiale, che comprendeva anche piloti del calibro di Tazio Nuvolari e Luigi Fagioli, e che colse negli anni seguenti importanti risultati, tra cui vittorie alla Targa Florio e alla 24 Ore di Le Mans, esordendo quindi anche nelle competizioni internazionali. Nel 1933, però, l'Alfa Romeo si ritirò dalle competizioni e cedette le sue vetture a Ferrari.
Visti gli ottimi risultati conseguiti dalla S.A. Scuderia Ferrari, l'Alfa Romeo cominciò a pianificare il ritorno ufficiale alle competizioni. Dopo avere raggiunto un accordo con l'Alfa, il 30 dicembre 1937, la S.A. Scuderia Ferrari venne liquidata ed Enzo Ferrari venne assunto come direttore sportivo della neonata Alfa Corse. A causa però di numerosi contrasti e divergenze d'opinione con i vertici dell'azienda, l'avventura durò molto poco e già nel 1939 il Drake ruppe i rapporti con l'Alfa Romeo e fondò a Modena nuovamente una propria impresa, la Auto Avio Costruzioni, che dopo alcuni anni e scaduti i termini del contratto con la casa milanese (che gli impediva di realizzare vetture sportive), subito si dedicò alla creazione di queste ultime. Quattro anni più tardi gli stabilimenti della Auto Avio Costruzioni vennero trasferiti a Maranello.



1930 Trieste-Opicina. La prima corsa della Ferrari.

Questo segna l'inizio di un'intensa attività agonistica che porterà alla creazione di una squadra ufficiale; la Scuderia gareggiava
sia con auto, soprattutto Alfa Romeo, sia con moto; col tempo diverrà una filiale tecnico-agonistica
dell'Alfa Romeo, alla quale si sostituirà nel 1933 nella gestione dell'attività sportiva.

Lo stand della Scuderia Ferrari alla Fiera di Bologna del 1932


Ferrari gestiva lo sviluppo delle vetture Alfa, e costruì un team di oltre 40 piloti, tra cui Antonio Ascari,
Giuseppe Campari e Tazio Nuvolari.

La sede della Scuderia con davanti una 6C 1750 con a bordo i meccanici Bucci e Valisi, Modena 1931.


1931
E' l'anno dell'ultima corsa come pilota. Al circuito delle Tre Province, il 9 agosto del 1931, Ferrari arriva secondo,
alla guida di un'Alfa Romeo 8C 2300 MM, dietro Nuvolari.


Enzo Ferrari, su Alfa Romeo 8C 2300 MM Enzo Ferrari a Monza

 La vicina nascita di Alfredo (Dino, 19 gennaio 1932) e i sempre maggiori impegni come direttore della Scuderia
 lo portano a decidere di ritirarsi dalle corse.



Solo nel 1932 apparve il marchio SF. Le prime macchine a sfoggiare questo scudetto furono Alfa Romeo alla 24 Ore di Spa dove il 9e 10 luglio 1932 tre AR 8c 2300 MM arrivarono al primo, secondo e terzo posto.
La crisi economica nel 1933 portò l’Alfa Romeo a ritirarsi fino al 1937. Fu così che per buona parte degli anni trenta le Alfa Romeo corsero con la scudetto del cavallino rampante, fino al 1938 momento in cui fu ricostituito il reparto speciale Alfa Corse, diretto per due anni da Enzo Ferrari stesso, ma con le insegne ufficiali della casa milanese.

1932 Alfa Romeo P3 Monoposto (Tipo B)

Scuderia Ferrari P3s
Questo segna l'inizio di un'intensa attività agonistica che porterà alla creazione di una squadra ufficiale; la Scuderia gareggiava sia con auto, soprattutto Alfa Romeo, sia con moto; col tempo diverrà una filiale tecnico-agonistica dell'Alfa Romeo, alla qualesi sostituirà nel 1933 nella gestione dell'attività sportiva.
Ferrari da pilota diventa coordinatore, organizzatore, "agitatore di uomini", come lui stesso si definirà, ruoli in cui si distingue.L'Alfa Romeo ingaggia Ferrari e la sua scuderia, per aumentare il numero dei piloti amatori che corrono con le Alfa. Ma in breve tempo Ferrari mette in piedi una propria squadra corse, a dir poco formidabile: vi fanno parte Campari, Nuvolari, Varzi, Arcangeli, Borzacchini, Fagioli, Chiron e, in un secondo tempo, Brivio, Moli, Tadini, Pintacuda, Trossi. Nel 1932, per la prima volta, le vetture della sua Scuderia si fregiano dello stemma del Cavallino rampante donato dai genitoridi Francesco Baracca.Nel 1933 l'Alfa Romeo si ritira ufficialmente dalle corse e Ferrari diventa il direttore dell'attività sportiva della Casa milanese. Per la prima volta nella sua vita realizza anche alcune vetture da corsa.






Mille Miglia 1933, la prima vittoria della “Scuderia Ferrari”

La scuderia modenese, che fa correre le Alfa Romeo, ottiene il primo successo nella Mille Miglia




Trossi, Ferrari, i meccanici Bonini e Vallisi per le prime prove della P3 aerodinamica
di Guy Moll; autostrada Milano-Como, 1934.




Nel 1935, la potente Alfa Bimotore, prima vettura sviluppata autonomamente a Modena ed equipaggiata con due motori a otto cilindri
 del Biscione per complessivi sei litri di cilindrata, con Tazio Nuvolari conquista due primati internazionali di velocità.
L'Alfa Bimotore non riesce ad ottenere dei grandi successi nelle corse, soprattutto a causa del peso elevato.


Carlo Pintacuda , "l'ungherese", ascolta con attenzione la reprimenda di Enzo Ferrari, nonostante stia per vincere la 1000 Miglia del 1935. Seduto, si fa per dire dato che la loro Alfa era una monoposto adattata, al suo fianco il marchese
 Alessandro Lotteringhi Marchese Della Stufa.


Il Gran Premio d'Ungheria del 1936


Raymond Sommer a Spa-Francorchamps, GP Belgio '37, con l'Alfa Romeo 12C-36 della Scuderia Ferrari, quinto.
 Tornante dell'Anciénne Douanne, quello che esisteva prima dell'Eau-Rouge.



Ugo Gobbato, Ferrari, Pintacuda e Brivio al Portello, 1937.


1937


L'Alfetta 158: un primato tutto italiano


158, come tanti numeri di progetto nel mondo dell’auto, non è un numero progressivo. Le prime due cifre significano 1500cc.
 L’8 sta per otto cilindri. L’Alfa Romeo 158 è la vettura più longeva del mondo delle corse.


Gioachino Colombo a Modena progetta un nuovo motore un 12 cilindri a V di 1.5 litri con compressore che sarà alla base
della storia della Ferrari.
La Scuderia Ferrari costruisce l'Alfa Romeo 158 "Alfetta" che dominerà nelle competizioni internazionali.


1938

Nel 1938, però, per problemi finanziari: l' 80% delle azioni della Scuderia Ferrari passano all'Alfa Romeo, 
che ha deciso di tornare a correre ufficialmente.
Nel 1938 la Scuderia Ferrari viene chiusa e Enzo Ferrari diventa direttore dell'Alfa-Corse.
Enzo si trasferisce a Milano per dirigere la neonata Alfa Corse.

Nel novembre 1938 a causa dei dissapori con il tecnico Wifredo Ricart, Enzo Ferrari lascia l'Alfa Romeo, con un'ottima liquidazione 
con l'accordo di non poter usare il nome Ferrari associato alle corse e alle macchine da corsa per almeno quattro anni e torna a Modena.


Ferrari non abbandona, però, il mondo delle corse, ma ha già un'idea di come aggirare le restrizioni imposte dall' Alfa
e si lancia in una nuova avventura.
Da quel giorno, battere le Alfa Romeo con le vetture da lui costruite diviene il suo obiettivo.

L'emblema della Scuderia Ferrari apparve per la prima volta nel 1929 su tutte le pubblicazioni,
e insegne e le carte ufficiali della Società, ma non sulle vetture, che erano dell'Alfa Romeo ene riportavano il simbolo sportivo, un quadrifoglio verde in un triangolo bianco.
1939

Il 6 settembre 1939 Enzo Ferrari lascia l'Alfa Romeo, vincolato dalla clausola di non usare il nome Ferrari associato alle corse e alle macchine da corsa per almeno quattro anni. Da quel giorno, battere l’Alfa Romeo con una vettura da lui costruita diviene il suo obiettivo.
Il 13 settembre fonda l’Auto Avio Costruzioni a Modena in Viale Trento Trieste, la stessa sede della ex Scuderia Ferrari.


La Prima di Enzo Ferrari


NARDI DANESE "1500"E LA SUA OMBRA (FERRARI)



La Nardi-Danese del 1947, 1500 cm3, 8 cilindri: apparentemente una macchina come tante altre, nate dall’ingegno di uomini che hanno dedicato anima e corpo all’automobilismo sportivo. Ma questa vettura, in realtà, sotto il cofano cela qualcosa di più di un semplice motore. L’otto cilindri in linea che spinge la Nardi-Danese a 200 chilometri all’ ora ricorda quello dell’Auto Avio Costruzioni «815», la prima vettura costruita da Enzo Ferrari. Una somiglianza che, come vedremo, va al di là di una semplice coincidenza.


Nardi-Danese «Marco»

                                   Avio Costruzioni «815»

La macchina non è una novità assoluta. Nel libro sull’Auto Avio Costruzioni «815» di Franco Varisco, «L’anteprima Ferrari», pubblicato nell’ aprile 1990, si fa cenno, nelle ultime pagine, a una certa Nardi-Danese 1500 del 1947 che possedeva la particolarità di avere un motore quasi identico a quello della «815». Ma sull’origine e sulla storia della Nardi-Danese «Marco» - si chiamava così presumibilmente dal nome di colui che l'aveva commissionata, un certo Marco Crespi, pilota romano - si può fare, per ora, soltanto qualche ipotesi. Enrico Nardi ed Enzo Ferrari erano legati da un rapporto di stretta collaborazione. Per il Commendatore, Nardi era più di un semplice collaudatore: lo interpellava su questioni tecniche, meccaniche e a volte anche gestionali. I due, tuttavia, erano accomunati anche da un carattere piuttosto difficile. Per questa ragione, Nardi e Ferrari decisero un bel momento di seguire ognuno la propria strada. Enrico Nardi tornò a Torino e, assieme al romano Renato Danese, fondò nel 1947 la ND, Nardi-Danese appunto. Già in quel' anno Nardi cominciò a lavorare ad alcuni progetti, fra i quali quello della 1500 a 8 cilindri del nostro servizio.

Nardi-Danese «Marco»

Tra le particolarità di questa vettura, oltre al telaio a traliccio di tubi, vi erano le sospensioni anteriori a ruote indipendenti con parallelogrammi e molloni cilindrici e quelle posteriori a semicantilever, ovvero dotate di una molla a balestra a quarto di ellisse le cui estremità erano collegate una al telaio, l’altra all’assale, accoppiate a una barra di torsione. Una soluzione, questa, che permetteva di contenere la lunghezza del telaio e di ridurre il peso delle masse non sospese.
Sulle riviste automobilistiche dell’epoca vennero pubblicate le sue realizzazioni. Tra l’altro, venne specificato che la ND sembrava volersi specializzare nella costruzione di «originali telai a traliccio sui quali montare i più diversi tipi di motore, a seconda delle richieste della clientela».


Nardi-Danese «Marco»

A questo punto bisogna fare un passo indietro, a quando le prime vetture di Ferrari debuttarono in corsa al 1° Gran Premio di Brescia delle Mille Miglia del 28 aprile 1940. I due esemplari di «815» vennero affidati uno ad Alberto Ascari e Giovanni Minozzi, l’altro al marchese Lotario Rangoni Machiavelli ed Enrico Nardi. Questa fu la prima e unica apparizione delle «815» prima della guerra.
Al termine del conflitto, quando nel 1947 si riprese l’attività agonistica, soltanto una delle due «815» continuò a correre: quella di Alberto Ascari, che era stata acquistata dal pilota milanese Enrico Beltrachini.
Della vettura del marchese Rangoni Machiavelli, invece, nessuna traccia. Oggi si sa che venne distrutta da un demolitore: Rolando Rangoni Machiavelli, fratello di Lotario, ricorda di aver inviato la vettura dallo sfasciacarrozze, anche se non esiste alcun documento ufficiale che comprovi 1’ avvenuta demolizione. Questi fatti sono confermati anche da un industriale bolognese, Domenico Gentili, che affermò di aver scovato, nei primi mesi del 1958 da un demolitore nei pressi di Bergamo, una vettura sportiva che, secondo il parere dello stesso Enzo Ferrari, risultò essere proprio l’altra «815». Quando Gentili ritornò dal demolitore, purtroppo, la macchina era già stata ridotta a un ammasso di ferraglia irrecuperabile.
Nel 1947, sulla linea di partenza delle prime gare si ritrovò dunque la «815» ex Alberto Ascari. Vi era anche la Ferrari «125», la prima a portare il nome del Commendatore. Ogni tanto appariva anche una vettura nuova, una Nardi-Danese appunto.
La Nardi-Danese «Marco» era equipaggiata con un motore a 8 cilindri in linea di 1496 cm3 i cui valori di alesaggio e corsa erano rispettivamente di 63 e 60 millimetri. Esattamente quelli dell’ Auto Avio Costruzioni «815» di Enzo Ferrari del 1940.
Ecco l’interrogativo: da dove proveniva quel propulsore? Da un progetto originale di Enrico Nardi o da quella Auto Avio «815» che il torinese aveva portato al debutto in gara insieme al marchese Rangoni Machiavelli? Oppure si trattava di un motore di scorta costruito da Enzo Ferrari?
Quest’ultima ipotesi venne più volte smentita dallo stesso Ferrari che sostenne sempre di aver allestito solo due esemplari di «815»: di una terza vettura o di un terzo motore 1500 a 8 cilindri fu sempre negata l’esistenza.
La tesi che attribuisce allo stesso Enrico Nardi la realizzazione ex novo del propulsore della ND «Marco» si scontra con l’oggettiva difficoltà di approntare macchine completamente nuove nell’immediato dopoguerra.

                                   Nardi-Danese «Marco»

                                  Avio Costruzioni «815»

Potrebbe dunque trattarsi dello stesso 8 cilindri 1500, rivisto nei collettori di aspirazione e in altri piccoli particolari (Nardi era specializzato in queste modifiche), che equipaggiava la «815» del marchese Lotario Rangoni Machiavelli. Niente di certo, naturalmente, ma alcuni piccoli indizi fanno ritenere che sia comunque un motore «made in Modena». Il fatto stesso che la macchina del marchese Machiavelli non disputò che una sola competizione prima di sparire definitivamente dalle corse, per esempio. Oppure, come abbiamo detto poch’ anzi, il fatto che le cronache del tempo riferirono che Nardi era impegnato a progettare soprattutto telai, non motori. Ma soprattutto la risposta che Enzo Ferrari diede il 6 febbraio 1975 alla lettera di un certo Francesco Rossini di Torino: «Egregio sig. Rossini, ho la Sua del 2 febbraio. Ritengo che il motore in suo possesso sia senz’altro del tipo 815, primo motore Ferrari del 1939. Purtroppo non esiste alcun ricambio. Non si tratta di due motori 4 cilindri ma di un unico basamento con teste separate. Le spedisco a parte un mio libro che, tra l’altro, le chiarisce le origini di questa vettura. Cordiali saluti, Ferrari». Alla fine del 1975 Rossini vendette il motore, per la somma di 800.000 lire, a Giulio Dubbini che dal 1971 era proprietario della Nardi-Danese «Marco».
Non sappiamo, tuttavia, come Enrico Nardi si fosse impossessato dell’8 cilindri 1500: potrebbe averlo avuto, a titolo di liquidazione, dallo stesso Enzo Ferrari oppure potrebbe averlo ricevuto dalla famiglia del marchese Lotario Rangoni Machiavelli.
Nella parentesi temporale che va dall’inizio della guerra al 1975, dunque, non vi sono per il momento tracce che possano portare alla risoluzione definitiva del caso della ND «Marco». Ogni ipotesi è plausibile e nulla può essere escluso a priori. Quello che appare logicamente più credibile è che la NardiDanese 8 cilindri 1500 possa essere ritenuta ragionevolmente un’evoluzione della «815». Del resto, oggi appare chiaro che Enzo Ferrari ripose maggior fiducia sulla configurazione meccanica a dodici cilindri. Probabilmente Enrico Nardi credeva in quel piccob 8 cilindri, magari abbinato a un telaio migliore di quello sul quale era montato in origine. Una conferma verrebbe dal fatto che Nardi, sulla base del 1500, assemblò, con lo stesso schema costruttivo, anche un 2 litri che, negli anni Cinquanta, prese il posto del 1500 sulla ND «Marco».





Aforismi e frasi di Enzo Ferrari
"La cultura di un uomo non si misura da quello che ha studiato
ma dall'esperienza che ha avuto"


Il secondo è il primo dei perdenti
La migliore Ferrari che sia mai stata costruita è la prossima
Le mie auto non fumano
 
[In seguito all'offerta della Marlboro di sponsorizzare le vetture Ferrari in F1]
Quando le mie macchine vincono solcando il traguardo, mi assale
 un grande orgoglio  nell'essere italiano.
Non fare mai del bene se non sei preparato all'ingratitudine

Non si può descrivere la passione, la si può solo vivere
Ci sono due modi classici di morire: di fame e di indigestione.
Mi ritengo peggiore degli altri, ma non so quanti siano migliori di me
I motori sono come le donne, bisogna saperli toccare nelle parti più sensibili


La guerra interrompe le competizioni ma nel 1947 nasce la prima Ferrari

1940
Nel quartier generale della vecchia Scuderia inizia la costruzione di due auto per la Mille Miglia, l'ultima prima della guerra;
alle vetture 1500 cc viene dato il nome di 815 e a condurle saranno il giovane Alberto Ascari
ed il Marchese Lotario Rangoni Machiavelli di Modena.

La 815 è la prima vettura costruita da Enzo Ferrari



Ferrari 815 Sport

La vettura viene carrozzata dalla Touring, il motore è un otto cilindri in linea di 1.5 litri (da cui 815) con 72 cavalli.

Molte parti, come per esempio le testate, sono di origine Fiat. La progettazione è di Alberto Massimino.

II 28 aprile 1940, a Brescia, Alberto Ascari (figlio del famoso pilota Antonio), in coppia con Giovanni Minozzi, e il marchese Lotario Rangoni Machiavelli,
in coppia con Enrico Nardi, prendono il via alla Mille Miglia.


Nessuno delle due autovetture con i rispettivi equipaggi giunge al traguardo, ma a questo punto la storia di Ferrari come costruttore è cominciata.

1943
Nel 1943 Ferrari trasferisce l'attività da Modena a Maranello e comincia a produrre macchine utensili, soprattutto rettificatrici
, su licenza di una ditta tedesca, che portano, com'è successo per le Auto Avio 815, il marchio del Cavallino rampante.


I dipendenti passano da 40 ai 160 di Maranello.

1944
L'officina viene bombardata nel 1944 e subito ricostruita.

1945
Nel 1945, anno in cui inizia la progettazione completa della prima vettura "Ferrari". Il progetto è ambizioso: usare un motore 12 cilindri a V
di appena 1500 cc - un tipo di propulsore che avrebbe segnato l'intera storia della marca - per una vettura dai molteplici usi:
gare sport e di Formula ma anche stradale.



Circa un'anno dopo, nel 1946, arriva a Modena Giuseppe Busso, tecnico che sviluppa i disegni di Colombo.
Così il 26 settembre 1946 viene messo in moto per la prima volta, al banco di prova, il nuovo motore Ferrari.
Dopo circa 6 mesi una Ferrari è pronta a muoversi su strada, che si chiama 125S, una Sport due posti con una potenza di 100 CV.

In dicembre Ferrari distribuisce alla stampa i primi dati e disegni della sua nuova vettura.





Ferrari 125 S

1947

Enzo Ferarri (a destra) chino sulla Ferrari 125S



Al Circuito di Piacenza, I'11 maggio 1947, Franco Cortese la porta al debutto, ma dopo una gara brillante si deve ritirare
per problemi all'alimentazione

"Incoraggiante sconfitta", la definirà Ferrari.
Due settimane dopo, il 25 maggio, al Gran Premio Roma lo stesso Cortese conquista la prima vittoria su una vettura
targata Ferrari.

Il primo marchio sul cofano di una Ferrari apparve sulla 125 di Franco Cortese nel giorno del debutto della Casa di Maranello in gara, sul circuito
di Piacenza l'11 maggio 1947.

Disegnato dall'Ufficio Tecnico della Ferrari e realizzato dalle Ditte Castelli e Gerosa di Milano e Cristiglio di Bologna, rimase inalterato fino al 1950
.

Nel 1948 Busso torna all'Alfa e Colombo arriva alla Ferrari: la sostituzione consente l'evoluzione del progetto e la nascita,
 sempre intorno al motore V 12, di nuove auto tecnicamente sempre raffinate e sempre più potenti.

L'anno successivo nel 1949, arriva anche la prima Ferrari stradale, la 166 Inter, ancora molto imparentata con i modelli da competizione.
 Da questo momento il destino di Enzo Ferrari è legato a quello della sua fabbrica e delle sue auto.

Ferrari prende d'assalto il mondo delle corse mondiali

1951
Dopo aver vinto la 24 Ore di Le Mans, già nel 1949, una Ferrari è Campione del Mondo con Alberto Ascari.
 Il titolo sarà riconquistato anche nel '52.



Enzo Ferrari con_Battista Farina e la Ferrari 250 MM nel '52
In seguito alla vittoria della 250 S alla Mille Miglia del 1952, la Ferrari presentò al Salone dell'automobile di Parigi dello stesso anno un telaio più convenzionale, rispetto a quello del modello citato, su cui doveva essere costruita la nuova versione della 250. Il modello fu chiamato “250 MM” in onore alla vittoria nella celebre corsa e venne presentato completo al Salone dell'automobile di Ginevra del 1953. Ne furono preparate due versioni: una berlinetta opera di Pininfarina, ed una barchetta disegnata da Giovanni Michelotti e prodotta da Vignale. Della prima ne vennero realizzati diciotto esemplari, della seconda tredici.

La 250 MM era in sostanza un aggiornamento della 250 S ed i miglioramenti più importanti furono incentrati sul motore, sulle sospensioni e sul cambio. Nel complesso queste evoluzioni resero il modello più maneggevole rispetto alle vetture antenate.

La versione più famosa fu la berlinetta di Pininfarina che lasciò, tra l'altro, anche un segno indelebile nel design automobilistico. Questa vettura era comunque allineata agli standard stilistici dell'epoca, ma possedeva dei segni distintivi che la caratterizzavano, come una piccola griglia montata sul frontale, una coda compatta ed un grande lunotto panoramico. La versione di Vignale possedeva invece fari anteriori incassati e prese d’aria laterali che diventarono una costante nelle Ferrari degli anni cinquanta.

Il passo della 250 MM era più lungo rispetto a quello della 250 S, più precisamente 2400 mm contro 2250 mm. Il peso variava invece dai 900 kg della berlinetta agli 850 kg della barchetta.

Il motore V12 da 240 CV e la trasmissione non ebbero però successo; il primo, dopo essere stato installato sulle vetture di serie, fu presto abbandonato, mentre la seconda non era molto affidabile. Il propulsore fu sostituito nel 1953 da un quattro cilindri in linea che venne montato sulla 625 TF e sulla 735 S.


1955

  Umberto Maglioli portò al successo la Ferrari 750 Monza. Dotata di un motore a quattro cilindri in linea, 3000 cc di cilindrata e capacedi 250 CV, progettato da Aurelio Lampredi e carrozzata da Scaglietti, la "750 Monza" non fu una frale Ferrari migliori.

 Difficile da guidare, nervosa, era stata la macchina con la quale pochi giorni prima Alberto Ascari, aall'Autodromo di Monza, aveva avuto l'incidente che gli era costato la vita.
Purtroppo altri piloti di grande valore, fra cui Louis Rosier perderanno la vita al volante di questo Cavallino troppo facile ad imbizzarrirsi.




Juan Manuel Fangio e Enzo Ferrari - Monza, 1956


Il 30 giugno il figlio di Enzo, Dino, muore di distrofia muscolare; Ferrari aveva coinvolto fino all'ultimo suo figlio nella decisione di realizzare
un nuovo motore 1500 cc, e la scelta finale cade su di un motore di 6 cilindri a V che debutta cinque mesi dopo la morte di Dino; da allora,
tutti i motori Ferrari 6 cilindri a V saranno conosciuti come "Dino".



Ferrari è ora un marchio famoso in tutto il mondo e Fiat entra nella società.



La Ferrari affronta la stagione 1960 ancora con la 256 F1


Nel maggio 1960 Martino Severi provò a Modena con la Ferrari 246P.
 È stata la prima vettura di F1 a motore centrale della Ferrari. Sia Enzo Ferrari che Carlo Chiti
stanno guardando la sessione di test.
L'unica vittoria arriva proprio alla fine della stagione: a Monza tre Ferrari concludono la gara ai primi tre posti, rispettivamente con i due americani Phil Hill e Richie Ginther ed il belga Willy Mairesse. Hill è il primo ferrarista nella classifica Piloti (5°) mentre in quella Costruttori la Ferrari è terza.

Tuttavia il fatto più interessante è che nel Gran Premio di Monaco debutta una vettura con motore posteriore - la 246 P F1- prima Ferrari di questo tipo, che arriva sesta con Richie Ginther. La strada era ormai indicata dalle vetture inglesi ed anche Enzo Ferrari a malincuore aveva accettato che i cavalli andassero dietro al carro e non più davanti. Questa vettura progettata dalla squadra dell’ingegner Carlo Chiti era impostata bene, tanto è vero che è servita di base per la successiva versione 156 F2 dello stesso anno e per la 156 F1 del 1961.


  • V6
    Motore
  • Motore
  • 2417.33 cm3
    Cilindrata Totale
  • 5 rapporti +RM
    Cambio
  • 452 kg
    Peso


1960 - La Ferrari si trasforma in Società per Azioni. Nello stesso anno, l'Università di Bologna conferisce a Enzo Ferrari la Laurea honoris causa in Ingegneria meccanica. 1962 - Enzo Ferrari viene premiato dalle Nazioni Unite con il Premio Hammarskjöld.

1963
Nel 1963 viene costruito a Maranello, sotto il suo patrocinio, l'Istituto professionale per l'industria e l'artigianato
dedicato ad Alfredo Ferrari che ancora oggi fornisce tecnici specializzati all'azienda.

1965
Enzo Ferrari riceve il Premio Columbus.

1969
Ferrari è ormai consapevole che lo sviluppo dell'attività industriale richiede un socio potente nel settore
e stipula un accordo con il gruppo Fiat per la cessione del 50% dei titoli azionari Ferrari.

1970
Enzo Ferrari viene premiato con la medaglia d'oro dalla Scuola italiana di Arte e Cultura.

Investimenti significativi nelle linee di produzione. Viene costruito il Circuito di Fiorano.

1971
Viene decisa, su precisa volontà di Enzo Ferrari, la costruzione della pista di Fiorano; la sua realizzazione si conclude in appena sette mesi.

 
La F40: la sua ultima macchina


1979
Ferrari riceve da Pertini il titolo
di "Cavaliere di Gran Croce della Repubblica Italiana".
1987 - Viene costruita la F40, ultima vettura realizzata
 sotto la gestione di Enzo Ferrari.

1988

L'Università di Modena gli conferisce la Laurea honoris causa.

Enzo Ferrari, quando il 14 agosto 1988, a novant'anni, muore, è già un mito.

Piero Ferrari
Piero Ferrari Ufficio di Enzo Ferrari
La sua vita è una lunga cavalcata vincente, che lo porta a conquistare successo, fama, denari e vittorie.
Le sue granturismo diventano le auto più desiderate e contese del mondo.
La sua personalità e le non comuni doti di condottiero lo fanno diventare un gigante della storia dell'automobile.




La storia di un secolo che ha fatto sognare un paese.....L'Italia


Piero Ferrari «Ve lo racconto io, mio padre Enzo Ferrari»


Il carattere forte. Il rapporto con i piloti. E, soprattutto, il privato: dal dolore per la malattia di Dino fino all'amore per i nipoti.
Il vero eroe di Maranello visto da chi l'ha conosciuto bene.

Papà mi diceva sempre: Piero, mi raccomando, mai diventare amico dei piloti. Quella è gente strana. E poi...». E poi ci lasciano
 le penne, vero signor Ferrari? «Vero, purtroppo. Una sola volta sono andato contro questo consiglio di mio padre.

Che sia chiaro, altro che consiglio: come spesso accadeva, era una specie di diktat. Finii per essere molto amico di Lorenzo Bandini.
 Nel 1967, a Monte-Carlo, patatrac». Sì, patatrac, diciamo così. Bandini muore carbonizzato.
 Il grande Enzo, l'Ingegnere, il mito, o semplicemente il papà, aveva nuovamente ragione.



Piero Ferrari si abbandona a questa confidenza mentre insieme con la figlia Antonella, nella «casetta rossa» di Fiorano tanto amata
 dal Drake, guarda in anteprima per Panorama la fiction intitolata Ferrari (riquadro qui a fianco).
 Nel film, il rapporto fra il fondatore delle rosse e i suoi piloti è cruciale. Parecchi minuti sono dedicati alle sensazioni e,
perché no, alle responsabilità del costruttore, ogni volta che si verificava un incidente. «Lui si chiudeva in se stesso:
“Adesso basta, smetto”» ricorda Piero.
«Puntuale, la passione riprendeva il sopravvento. L'unica difesa era il distacco dai piloti».
 Anche con Gilles Villeneuve? «Beh, Gilles non era certo un terzo figlio. A mio padre quel ragazzo piaceva perché era uno
 che riusciva a spremere il meglio pure da un trattore. Semmai, era un nuovo Tazio Nuvolari»


Ci sono tante corse, tante vittorie, nello sceneggiato. Si mostra un uomo sicuro di sé, delle sue idee, smanioso di arrivare al successo.
 Ma affiora anche la figura di un Ferrari colpito da terribili sofferenze, specie nel privato. Qui Piero si mostra persino coraggioso:
 «Non è mica facile vedere messa in scena la propria vita».
E via, con le confessioni più intime. «Ho saputo di avere un fratello,
 Dino, solo alla sua morte, nell'estate 1956. Avevo 11 anni. Ero in macchina, di dietro, e fingevo di dormire. Mia madre era al volante
 e parlava con un'amica: “Hai visto, il povero Dino?”. Ho ascoltato e capito tutto. D'altronde, non posso nemmeno dire che fosse un padre assente: magari poco, ma lo vedevo ogni giorno.

Allora immaginavo semplicemente che fosse molto impegnato». Le cose, poi, sono cambiate. Fino a quando papà Enzo, nel 1969,
 in occasione della vendita della metà delle azioni alla Fiat, non intestò a Piero il 10 per cento dell'azienda e gli ritagliò un posto
in consiglio d'amministrazione (oggi è vicepresidente).
«Come padre era esigente e protettivo. Ricordo la fermezza con cui mi fece
 passare il pensiero di correre». Nella fiction, distrutto per la malattia di Dino, sembra addirittura volere tentare il suicidio.

«In realtà non ci pensò mai, anche se sosteneva che il migliore modo per morire fosse quello di schiantarsi a 200 all'ora».
 No, in realtà morì a 90 anni, il 14 agosto 1988, dopo avere provato l'emozione di diventare bisnonno e di prendere in braccio il piccolo Enzo junior.



IL CAVALLINO RAMPANTE originariamente era di colore rosso, con la coda all’ingiù, quando era l’emblema personale 
del Maggiore Francesco Baracca, romagnolo, asso dell’aviazione
della prima guerra mondiale, dipinto sulle fiancate dei suoi velivoli, tratto dallo stemma 
del II° Reggimento Piemonte Reale Cavalleria del quale faceva parte.
La leggenda narra che il cavallino divenne di colore nero dopo la morte di Baracca, per volere
dei compagni di squadriglia, in segno di lutto.

Il Maggiore Francesco Baracca davanti al suo biplano

L’asso dell’aviazione Francesco Baracca.
Vola con il Nieuport 17, con lo SPAD VII, con lo SPAD XIII. 
Su tutti i suoi velivoli dipinge 
il Cavallino rampante
stemma del 2° Reggimento “Piemonte Reale Cavalleria”.

Il 17.06.1923 Enzo Ferrari incontrò la contessa Paolina, madre di Francesco Baracca al circuito
di Savio vicino a Ravenna, la quale gli donò il simbolo del figlio quale portafortuna.




L’Alfa Romeo permise a Enzo Ferrari di usare per la prima volta il simbolo del cavallino rampante, quale emblema della scuderia, solo nel 1932 alla 24 ore di Spa in Belgio, dove una Alfa Romeo della Scuderia Ferrari vinse.

ll cavallino nero, con la coda modificata all’insù da Enzo Ferrari, su campo giallo, il colore di Modena, sormontato dal tricolore, connota il marchio della produzione automobilistica Ferrari.

Lo scudetto con le inziali SF (Scuderia Ferrari) distingue da sempre le auto gestite dalla scuderia 
di Maranello.

Meno conosciuto è il fatto che anche la Ducati utilizzò il cavallino rampante (pressoché identico
a quello della Ferrari) sulle proprie moto dal 1956/57 al 1960/61.
Il marchio fu scelto dal celebre progettista della Ducati Fabio Taglioni, ideatore della distribuzione desmodromica, 
che era nato a Lugo di Romagna come Baracca.

Il cavallino apparve per la prima volta quale marchio sul confano di una Ferrari, la 125 di Franco Cortese, nel giorno del debutto
sul circuito di Piacenza l’11 maggio 1947.

Il marchio era stato disegnato dall’Ufficio Tecnico della Ferrari e realizzato dalle aziende 
Castelli e Gerosa di Milano e Cristiglio di Bologna sulla base del bozzetto donato dalla contessa
Paolina Baracca a Enzo Ferrari.

Per distinguere le vetture ufficiali da quelle dei clienti, nel 1952 Ferrari decise di ripristinare lo scudetto della Scuderia Ferrari 
che esordì il 16 marzo sulle Ferrari 500 F2 iscritte al Gran Premio di Siracusa di Ascari, Taruffi, Farina, Villoresi che sancì 
un altro trionfo con i primi tre posti occupati da Ascari, Taruffi e Farina.


Il cavallino applicato sulla maschera del radiatore apparve nel 1959, prodotto da Cerrato di Torino per le Ferrari disegnate da Pininfarina, mentre quello prodotto dall’incisore Incerti, ritagliato da lastre di ottone di 3 mm, pantografato e cromato,
veniva applicato alle vetture della carozzeria Scaglietti.

Dal 1953 al 1961 Pininfarina montava sulle Ferrari un marchio con due bandiere incrociate riproducente le iniziali dei nomi Ferrari e Farina secondo l’alfabeto marinaro, una con rombo rosso in campo bianco che richiama la lettera F poi sostituita con la lettera P 
da rettangolo bianco in campo blu quando il nome Farina diventò Pinfarina.




Il cavallino rampante, l'insegna di Francesco Baracca passata alla Ferrari e di nuovo ad un aereo (F104) con questa livrea speciale commemorativa. Pista di Fiorano, Maranello, settembre 2006.

Grazie al gemellaggio stretto tra lo Stormo e la Ferrari, entrambi portatori del glorioso stemma, un velivolo F104 Starfighter troneggia davanti alla palazzina degli uffici all’interno del Circuito di Fiorano. Dipinto di colore rosso, porta i numeri 4–27: il primo ad indicare l’appartenenza al 4° Stormoe il secondo a ricordare il numero di gara di Gilles Villeneuve.
Galleria Fotografica

La Famiglia Ferrari



Un giovanissimo Enzo Ferrari



Enzo Ferrari alla Parma-Poggio di Berceto



Enzo Ferrari pilota




Dino e Enzo Ferrari



Autodromo di Monza



Enzo Ferrari in conferenza stampa




Alberto Ascari -  Enzo Ferrari



Enzo e Piero Ferrari
Patto della Concordia del 1981




Enzo e Alfredo Ferrari


Enzo e la moglie Laura Garello


Ferrari e il meccanico Conti
alla Targa Florio del 1920


Tazio Nuvolari incontra Enzo Ferrari


Honoris Causa a Bologna


Il Commendatore alla guida


Cooper, Chapman, Ferrari e Von Hanstein


Ferrari nel suo ufficio


La cena in fabbrica
per il 90° compleanno - 1988



Enzo Ferrari con Blitz,
 soprannominato "professore"

 Ferrari Dottore in Fisica - 1988




L’Ingegnere, il Commendatore, Drake, Grande Vecchio (meno rispettosamente, anche senza aggettivo, come lo chiamava Niki Lauda). Erano i soprannomi di Enzo Ferrari, nato nel 1898: classe di ferro come Sandro Pertini, i “ragazzi terribili” che hanno fatto un pezzo importante della storia d’Italia (molti dietro le trincee della Prima guerra mondiale). Riparte il Campionato mondiale di Formula 1, si vuole ricordare attraverso persone e fatti anche curiosi e forse meno conosciuti. Un elenco non completo, ma che speriamo possa regalare qualche suggestione in più a chi sa già qualcosa del costruttore modenese e della sua storia. Ferrari muore nel 1988, ma le auto che portano il suo nome fanno sognare ancora oggi. In strada, veri gioielli di meccanica e design italiani, alla portata di pochi; e in pista, dove la Scuderia porta avanti una tradizione fatta di dedizione assoluta alla causa della competizione. Ferrari significa infatti corse, ma soprattutto Formula 1: è l’unica scuderia ad aver partecipato a tutti i campionati. Certo, lo spirito artigiano dei vecchi tempi ha lasciato il posto all’alta tecnologia, e il team è ormai una multinazionale di professionisti in mano alla Fiat, ma il cavallino e il colore rosso (retaggio di un’epoca in cui a ciascuna nazione corrispondeva un colore) continuano a evocare passioni e ricordi.
A come Ascari: Il primo grande campione della Formula 1. Milanese, comincia con le moto (come Nuvolari, Surtees… fino agli anni ’70 lo scambio tra due e quattro ruote era frequente), passando alle auto nel 1940. Con la Ferrari vinse due titoli nel 1952 e nel 1953, affermandosi in 11 delle 14 gare disputate.
Nel 1955 vince anche la Mille Miglia con una Lancia. Muore il 26 maggio 1955 in un incidente sul circuito di Monza, mentre prova una Ferrari.
C come Cavallino rampante: E’ il logo Ferrari , col cavallino che campeggia su fondo giallo, con in basso le lettere S F (Scuderia Ferrari). Il cavallino era il simbolo del pilota di aerei della Prima guerra mondiale Francesco Baracca, conquistato abbattendo un aereo tedesco nemico che proveniva da Stoccarda (e il cavallo rampante era il simbolo della città). Fu la madre di Baracca a donarlo a Ferrari, dicendogli che gli avrebbe portato fortuna. Ferrari accettò, e aggiunse un fondo giallo come il colore della sua città natale, Modena. E la prima corsa in cui lo utilizzò sulle sue vetture (24 ore di Spa del 1932) la Ferrari vin
C come Controversie: Ferrari era un conservatore, ed era duro da convincere su alcune innovazioni. Così fu per i freni: solo dopo molte insistenze si converte ai dischi, fino al 1960 sosteneva che bastavano quelli a tamburo. Fu lo stesso per la trazione, che doveva essere solo anteriore: “I buoi tirano il carro, non lo spingono”, diceva. Salvo convincersi vedendo che le sue monoposto di Formula 1 non vincevano più…
G come Giornalisti: Un rapporto controverso e tempestoso, quello tra l’Ingegnere e la stampa. Con un certo sarcasmo, Ferrari arrivò a definire i giornalisti che osavano criticare le prestazioni delle Rosse “ingegneri del lunedì”.
Restano celebri le conferenze stampa annuali, durante le quali blandiva o bacchettava i giornalisti, ai quali era capace anche di riservare qualche dispettuccio: ad esempio, presentare le nuove monoposto di lunedì, quando “certi” settimanali specializzati (e scomodi) erano già in stampa. Costringendoli così a bucare l’evento.
I come Italiani: Dopo la morte di Lorenzo Bandini (1967) Ferrari aveva pensato di non prendere più piloti italiani, troppe polemiche e discussioni e poi ne avrebbero sofferto delle madri italiane. Secondo un’altra versione, il motivo era che secondo lui gli italiani avrebbero passato più tempo a chiacchierare coi giornalisti (ancora loro) che in pista. In realtà di piloti italiani ce ne furono anche dopo il ‘67, ma dovettero passare molti anni prima di rivedere un pilota ufficiale di casa nostra su una Rossa: il compianto Michele Alboreto, che sfiorò il titolo nel 1985. Negli anni ’90 fu il turno di Ivan Capelli, ma quella era una Ferrari disastrosa; oggi Capelli commenta i Gran Premi per la Rai.
L come Lauda: Una delle scommesse vincenti del Drake, che amava dimostrare come fossero le sue auto a rendere vincenti i piloti. L’austriaco Niki Lauda, in effetti, era semisconosciuto quando arrivò nel 1973 a Maranello. Poi però vinse due mondiali nel 1975 e nel 1977. Nel 1976, sulla pista del Nurburgring, durante il Gran Premio di Germania, ebbe un grave incidente che gli procurò ustioni al viso e ai polmoni, lasciandolo sfigurato per sempre. Incredibilmente, dopo due mesi era di nuovo in pista ma non riuscì a difendere il suo titolo, che andò all'inglese James Hunt, su McLaren. Nel 1984 tornerà (per soldi) e vincerà con la McLaren il terzo titolo mondiale, staccando di solo mezzo punto il compagno di squadra Alain Prost.
M come Montezemolo (Luca Cordero di): Inutile perdersi in dettagli biografici, qui basta ricordare che è stato il protagonista di due periodi storici per la Ferrari in Formula 1. Prima come responsabile della squadrea corse dal 1973 al 1977, l’era di Lauda e di tante vittorie dopo anni di magre. Ma soprattutto dal 1991 a oggi, riuscendo da presidente a ricostruire una squadra che non vinceva più dal 1979 (campione del mondo con Jody Scheckter).
Insieme al francese Jean Todt (direttore sportivo), al progettista Rory Byrne e allo ‘stratega’ Ross Brawn ma soprattutto a Michael Schumacher ha creato un team persino monotono in alcuni anni, per la facilità con cui vinceva gare e campionati ridicolizzando costruttori come Honda, Mercedes, Ford, Toyota, Bmw...  Il pubblico italiano però gradiva.
N come Numeri: Ci limitiamo alla Formula 1 ma la lista dei successi sarebbe molto più lunga, tra prototipi e gare di durata (Le Mans su tutte), Mille Miglia, Gran turismo e addirittura rally. Dunque: titoli mondiali piloti e costruttori, centinaia di vittorie, pole position,
giri più veloci, partenze. E la storia continua.
P come Parabola (del campione): Oltre che costruttore, Enzo Ferrari era un arguto teorico delle corse. Secondo la famosa parabola i piloti erano buoni finché non mettevano su famiglia, e allora s’imborghesivano, diventavano (inconsciamente) più prudenti e quindi più lenti. In pratica, diceva, ogni figlio nato significa un secondo in più al giro. Parole che oggi fanno sorridere, ma questo era un o dei criteri con cui Ferrari sceglieva (o scartava) i piloti.
P come Polemiche: Dopo la morte del pilota romano Luigi Musso a Reims nel Gran Premio di Francia (1958), Ferrari riceve un violento attacco da Civiltà Cattolica, rivista dei gesuiti che lo accusa di essere un moderno Saturno che divora i propri figli. Ferrari pensò anche di smettere con le corse. Ma dopo un suo colloquio con padre Azzolini, autore dell’articolo,
Civiltà Cattolica “scagiona” Ferrari: la responsabilità, dice, è degli organizzatori. Una bella vittoria, questa.
S come Schumacher: Il tedesco volante, il cannibale, sette volte campione del mondo (cinque con la Ferrari, e tanti saluti a Fangio, Prost, Lauda, Senna e… Alonso?). Nessuno ha mai vinto tanto con la Ferrari, però chissà se Michael sarebbe riuscito a convivere col Drake, convinto che la macchina fosse più importante del pilota.
Un po’ troppo ingombrante, forse.
E poi Schumi è la confutazione vivente della famosa parabola del campione: pure con due figli continuava a essere il più veloce. Ma ora ha smesso, ci sarà spazio pure per gli altri…
V come Villeneuve: Il più amato, non solo dai tifosi ma anche dallo stesso Commendatore. Il canadese volante Gilles Villeneuve è un’altra delle scommesse vinte di Ferrari, a dispetto della critica che dopo i primi incidenti lo vedeva né più ne meno come uno “sfasciacarrozze”, chiedendo al suo posto un italiano (e all’epoca, fine anni ’70, ce n’erano di buoni: Patrese, De Angelis, Cheever…). Ha vinto poco (solo sei Gran Premi) ma i tifosi erano con lui, perché attaccava sempre e non si arrendeva mai. Celebre tra gli altri un GP di Francia del ’79, sorpassi e controsorpassi col francese della Renault Arnoux negli ultimi due giri. Accostato a Nuvolari per il suo stile di guida “garibaldino”, muore l'8 maggio 1982 a Zolder in un terribile incidente durante le prove del Gran Premio del Belgio. Aveva appena 30 anni, e Ferrari, un duro poco incline ai sentimentalismi, scrisse: “Io gli volevo bene”
V come Valentino Rossi: Chissà cosa ne avrebbe pensato l’Ingegnere: il pluricampione delle moto che passa alla Ferrari per comporre un dream team con Schumacher. Non se ne è fatto nulla, però a un certo punto sembrava possibile. Valentino aveva fatto molti test sulla pista privata di Fiorano, e i tempi erano piuttosto buoni. Peccato per gli appassionati, comunque di questa liaison tra Rossi e Ferrari resta una bella sponsorizzazione Fiat sulla carena della Yamaha Moto Gp.


La testimonianza del Drake
"Ho dedicato la mia vita all'automobile, una conquista di libertà per l'uomo" Non c'è campionato o gara prestigiosa in cui la Ferrari non abbia corso, vinto o perso: F.1, F.2, Europeo della Montagna, Mondiale Marche, Le Mans, Daytona, Sebring, Mille Miglia, Targa Florio, Giro di Sicilia, IMSA, Carrera Panamericana

"Lei trova nelle nostre macchine qualcosa di diverso, non dico sempre in meglio, no, ma c'è qualcosa di diverso. Perchè? Perchè c'è il rapporto intellettivo dell'uomo"
"Ricordo che nel 1912 vidi una fotografia, su La Stampa Illustrata, che si pubblicava allora a Torino, di Raffaele Di Palma, mi sembrava avesse vinto in quell'epoca la 500 Miglia di Indianapolis; mi dissi: questo è un italiano. Perchè un giorno non potrei anch'io essere un pilota d'automobile? E tutti gli atti sono stati una conseguenza di questo sogno dell'adolescenza"
"L'ambizione? Io non oserei dire che il mio è stato un progetto ambizioso. Lo sarà diventato. Io penso che si possa parlare di coerenza. Io da ragazzo, essendo nato in un'officina, ho pensato l'automobile, l'ho sempre amata, ho sempre detto un giorno: arriverò anch'io a farmi una macchina mia" "Non ho avuto la possibilità di studiare, mi sono fermato a quella che una volta era la terza tecnica che oggi equivale alla terza dell'obbligo, però nella vita mi sono sempre contornato di persone molto colte, capaci e soprattutto pervase dal desiderio di avere successo"
Perchè diventò costruttore? "Semplicemente perchè io sono stato licenziato dall'ALFA Romeo"
"Io mi sono ricordato alla prima impressione che ebbi nel 1919 di una vettura americana che aveva corso ad Indianapolis e che era la Packard 12 cilindri; da quel momento ho sposato il motore 12 cilindri e non ho più divorziato"
"Quando io sono venuto a Maranello, in quel momento ho pensato alla manodopera perchè avrei potuto trovare degli ottimi contadini ma non meccanici; ecco perchè nel 1942 io ho impiantato la scuola professionale. Nel 1946 è nato il 12 cilindri 1500 cc quindi tutto il resto è una derivazione del modello originario" "Non ricordo niente che valga più della prima vittoria, non c'è niente. Per me, la vittoria più importante è quella che debbo ancora conseguire" "E' ovvio che la macchina bisogna prima sognarla per poi chiedere ai propri collaboratori se si sentono in grado di realizzarla, se condividono il sogno di chi vuole ottenere successo"
"Amare l'automobile era la prima qualità, la prima dote che io dovevo scoprire nel mio interlocutore prima di assumerlo. A me rimaneva un compito; quello di agitare dei problemi e di provocare delle riunioni e assistere zitto ai contrastanti pareri dei miei collaboratori, con modesto potere di sintesi di cui ho sempre disposto, prendere delle decisioni"
"Il rapporto macchina e pilota è molto semplice. Io ho sempre pensato che potesse fissato in una percentuale, in media del 50 per cento si merito al pilota e 50 merito al costruttore, alla macchina. Ora stiamo vivendo un periodo nel quale intravediamo uno spostamento di questa percentuale di merito alla macchina con le nuove costruzioni, cioè l'affidabiltà del mezzo sta prendendo una preponderenza sulle capacità del pilota"
"Von Karajan un giorno mi disse e mi scrisse: ascoltando il vostro 12 cilindri scaturisce un'armonia che nessun maestro saprà mai interpretarla"
"La competizione si va evolvendo ed evolvendo, cosa diventa? Diventa sempre più uno spettacolo e ogni spettacolo ha le sue esigenze. Io credo che oggi ci sia l'elemento interesse che domina molte decisioni, una volta c'era la passione pura"







 
La storia di un secolo che ha fatto sognare un paese.....L'Italia

            




Enzo Ferrari, Niki Lauda e Mauro Forghieri, test sul circuito di Fiorano  il 15 febbraio 1976.
Una apparizione molto rara di Enzo Ferrari, durante i test della nuva Ferrari 312T2


Mike Hawthom Ferrari 553 Gp Spagna 1954 Ferrari 330 P4 - Bandini Amon
Lorenzo Bandini Ferrari 312 Monaco 1967 Enzo Ferrari Monza
1966  Gp Italia
Ferrari 312 PB Luigi Musso al Gp Italia 1957 Ferrari Enzo Ferrari con Carlo Chiti Monza Gp Ungheria 1936 Box Scuderia Ferrari (Alfa Romeo Nuvolari)

 Film Enzo Ferrari
Spettacolare, misterioso, commovente

Un misterioso giornalista riesce a penetrare nell'ufficio di Enzo Ferrari. Inaspettatamente Ferrari non lo caccia via ma gli concede un'intervista-confessione che ripercorre l'intera esistenza di un uomo che ha avuto tutto dalla vita, anche se a costo di profonde sofferenze.
Dall'infanzia all'incontro con Nuvolari alla nascita del Cavallino Rampante, l'epica della meccanica e della velocità si intreccia alla vita privata di un uomo controverso.

LOUIS ARMSTRONG ~ When You`re Smilin`~

Enzo Ferrari (Sergio Castellitto) - Gli Anni di Gilles Villeneuve


Non c'è campionato o gara prestigiosa in cui la Ferrari non abbia corso, vinto o perso: F.1, F.2, Europeo della Montagna, Mondiale Marche, Le Mans, Daytona, Sebring, Mille Miglia, Targa Florio, Giro di Sicilia, IMSA, Carrera Panamericana.


Galleria Fotografica
 
Film Enzo Ferrari
















Link: Film - Enzo Ferrari


Scritta Ferrari per esteso: mercato USA


Enzo Ferrari con Gilles Villeneuve


Froilan Gonzalez
 Ferrari 375 F1 1951
Imola 1980 Villeneuve  Gp Italia Gp Italia 1977  Lauda Ferrari Gp San Marino Imola 1982 Ferrari 126 C2 Pironi Villeneuve
Gp Italia 1975 start Ferrari Gp Italia 1968 Gilles Villeneuve a Fiorano Mike Hawthom  Gp1958 Monaco
Targa Florio 1958 Luigi Musso
e Olivier Gendebien
Ferrari 250 TR 
Niki Lauda Ferrari  Targa Florio 1966 Bisarca Ferrari (Fiat 643N  ancora privo
di colori ufficiali)
GP  Germania 1957 Griglia




“Villeneuve con il suo temperamento, conquistò subito le folle e ben presto diventò... Gilles!
C'è chi lo ha definito "aviatore" e chi lo valutava svitato, ma con la sua generosità, con il suo ardimento, con la capacità "distruttiva"
che aveva nel pilotare le macchine macinando semiassi, cambi di velocità, frizioni, freni, ci insegnava cosa bisognava fare
 perché un pilota potesse difendersi in un momento imprevedibile, in uno stato di necessità.
E' stato campione di combattività e ha regalato, ha aggiunto tanta notorietà alla Ferrari.
Io gli volevo bene...”



Maranello 1983. Enzo Ferrari con il presidente Alfa Romeo Ettore Massacesi.



Monza 1960
Enzo Ferrari, Von Trips, Umberto Maglioli, P.Hill e Carlo Chiti






 
Campioni della Ferrari
       


Alberto Ascari

Signore del volante
Figlio di un pilota – il padre Antonio era rimasto vittima di un incidente a Monthlèry quando Alberto aveva 7 anni - , Alberto Ascari viene attirato dalla carriera di pilota. 
Dopo aver gareggiato in moto, con la Bianchi dal 1937, guida la madre delle Ferrari, la T815, nella Mille Miglia del 1940. Dopo il conflitto, il milanese riprende con la Cisitalia, poi con la Maseratti. A fine ’49 viene chiamato alla Ferrari insieme con Villoresi. 
Due vittorie nel ’51, al Nuerburgring e a Monza, sulla 375F1 V12. E nelle due stagioni successive il milanese domina il Mondiale, conquistando il titolo. Nel ’52 vince tutte le gare di F1 cui partecipa [ 6] e nel ’53 ottiene 5 primi posti su 9 prove. 
All’ apice del successo, pilota raffinato che si esprime al massimo quando è in testa, passa alla Lancia che però non è competitiva. Stagione frustrante: Alberto – detto Ciccio- corre in 5 Gp con Maserati e Ferrari e infine con la Lancia. Nel 1955, con la D50 V8, Ascari si ritira in Argentina e a Montecarlo è protagonista di un incidente spettacolare finendo nelle acque del porto. 

Si salva, riportando solo ferite al volto. Quattro giorni dopo va a Monza e chiede di provare la Ferrari dell’amico-allievo Castellotti. Esce di pista, muore. Una tragedia che lascia molti interrogativi


 SCHEDA PILOTA

Alberto Ascari: nato a Milano il 13 luglio 1918 (morto a Monza il 26 maggio 1955)
Vittorie con la Ferrari: 13 
Pole Position: 13



Piero Taruffi

L’uomo dell’ultima mille miglia
Pilota, tecnico, progettista, giornalista: Piero Taruffi è un personaggio eclettico. Comincia a correre in auto a 17 anni, vincendo una gara di regolarità, la Roma-Viterbo con una Fiat 501S. 
Si laurea in ingegneria, poi diventa motociclista, si cimenta in strada e in pista, diventa anche specialista dei record di velocità. Entra a fare parte della Scuderia Ferrari nel 1949 e nel 1950 gareggia sia con l’Alfa Romeo sia con le vetture di 

 

Maranello. In F1 disputa due stagioni a tempo pieno (1951-’52), con qualche presenza nelle due successive. Su 18 gare, ne vince una, il Gran Premio di Svizzera a Bremgarten del 1952, il suo anno migliore, al volante della 500. Taruffi ha forse miglior fortuna nelle gare stradali. Il pilota romano si aggiudica la Carrera Panamericana in coppia con Luigi Chinetti nel ’51 e ottiene diversi piazzamenti. 
Con la Lancia conquista la Targa Florio nel 1954. Guidando la Maserati trionfa nella 1000 Km del Nuerburgring insieme con Moss, Shell e Behra. Taruffi ha un chiodo fisso, quello di vincere la Mille Miglia. “Se ci riesco-dice alla moglie Isabella-lascio le corse”. 

Fa centro al tredicesimo tentativo, nel 1957, a 51 anni, sostituendo Musso, sulla Ferrari 315 S. E mantiene la parola. Quella fu anche l’ultima edizione della celebre corsa. 


 SCHEDA PILOTA

Piero Taruffi: nato a Albone Laziale (Roma) il 12 ottobre 1906, (morto il 12 gennaio 1988)
Vittorie con la Ferrari:
1
Pole Position:
0