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Chi ha
visto correre Jim Clark sa bene che prima di lui ci fu Juan Manuel
Fangio e dopo vennero ancora
Jackie Stewart, Alain Prost, Ayrton Senna
e Michael Schumacher.Ma solo in ordine temporale perché,
anche se divenne campione del mondo solo due volte, Clark fu forse il
migliore di tutti.
Di sicuro, come Fangio, gareggiò in tempi
in cui l’uomo contava almeno quanto la macchina e non era
costretto
a subirla come successe da metà degli anni
‘70 in avanti. |
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The Beatles - Michelle
Colin Chapman, parlando di Clark,
diceva:
"Clark guidava con uno stile unico,
riusciva a conservare le energie e la monoposto, ma il suo ritmo era
comunque così alto
che lo portava a vincere le gare. Non gli
ho mai dato ordini o consigli mentre correva.
Tutto quello che dovevo
fare io era dargli il massimo delle informazioni prima della gara, al
resto avrebbe pensato lui."

"Eroe dei due Mondi"
Il 7 aprile 1968, durante una corsa di F.2
a Hockenheim, perdeva la vita uno
dei più grandi piloti mai
visti in F.1.
Dai Mondiali e gli altri successi conquistati con la Lotus alle sue
imprese esaltanti.

Le
sue monoposto di formula 1 erano inderogabilmente Lotus, tinte in
British green, il colore corsa della Gran Bretagna. Lui vi si
accoccolava dentro indossando una tuta azzurra. Per casco aveva scelto
un Bell, dipinto in blu chiaro (il colore corsa della Scozia), con la
visiera bianca. Il volantino che stringeva tra le mani, protette da
guanti con le sue iniziali sui bordi, era rivestito di pelle rossa. |
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Jim Clark - Il Campione Tranquillo

In casa sua, nella fattoria di Edington Mains, Jim
era il più piccolo, l’unico maschio di una
generazione
di fanciulle che aveva fatto disperare papà
Clark. L’azienda agricola di famiglia aveva finalmente
trovato l’ideale successore.
"Jim avrebbe dovuto occuparsi di pecore. Ma ben presto
cominciò a misurarsi contro
gli altri con volante in
mano”
Nel 1964 con il lavoro della Ford
sulla Lotus-Cortina (Lotus 28) Clark guidò e vinse il
campionato
di Gran Turismo Britannico.
Mentre alla fine dell'anno fu insignito dalla regina con l'Ordine
dell'Impero britannico (l'OBE).
Clark, nonostante la sua fama mondiale, era un uomo semplice che alle
folle e ai giornalisti preferiva la vita di campagna della sua fattoria
scozzese, dove tornava al termine di ogni impresa a ritrovare gli
affetti dei propri familiari.
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Brands Hatch '66 - Jim Clark su Lotus Cortina |
Tre soli incidenti: il peggiore, il primo, a Monza. Era costato la vita a degli spettatori, tanti. Troppi.
In quella tragica carambola era morto anche Von Trips che aveva il suo
castello lì vicino. Lo aveva tamponato innescando tutto il
resto, era stato inevitabile. Gli avevano dato la colpa: troppo
irruento, incosciente.
L'avevano bollato: "Quello scozzese ha ammazzato Von Trips..." Poi aveva cominciato a vincere, poi era diventato Jim Clark, lo
"scozzese volante", e tutto era stato dimenticato. Ora era il migliore.
Il Campione del Mondo poteva essere un altro: Jack Brabham, Denis
Hulme, John Surtees, Graham Hill,
ma il migliore era sempre lui, non si
discuteva e a dirlo per primi erano Brabham, Hulme,
Surtees e Graham
Hill.
La pista era bagnata, lucida sotto un velo d'acqua. La pioggia era
caduta per tutta la notte ed adesso stava ricominciando, pioggia
leggera. Raggiunse la sua Lotus che i meccanici avevano portato sulla posizione
di partenza. Ottavo tempo in prova, non si ricordava un'altra volta in
cui era andato così male. Si allacciò il casco.
Un meccanico gli disse qualcosa, ma lui non sentì, qualcuno
aveva già acceso il motore,
il solito rumore, la solita
agitazione dei momenti prima di una partenza..
Mancava Colin Chapman. Non c'era, stava sciando in Svizzera. D'altra
parte era la Formula 2, e la bottega era in buone mani: le sue.
Entrò nell'abitacolo, era stretto, scomodissimo. Quella macchina
non gli piaceva. Si allacciò le cinture e abbassò la
visiera del
casco. C'era un cartello che mostrava il conto alla rovescia prima
della
partenza:
un minuto. Non c'era più tempo.
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Il 16
luglio venne la volta di Silvertsone, il Gran Premio di casa, che
però non si rivelò molto fortunato per Clark. Lo
scozzese si qualificò 8° in prova, mentre in gara
non riuscì ad andare più in là del
16° posto, a 7 giri dal vincitore, ancora una volta Jack
Brabham.
Il 14 agosto la Formula 1 si spostò in Portogallo sul
circuito di Oporto. Clark nelle qualifiche ottenne ancora un 8°
posto nonostante un incidente, ma in gara tirò fuori tutta
la sua classe e terminò per la prima volta sul podio, terzo,
anche se staccato di quasi 2 minuti da Jack Brabham
e Bruce McLaren.
Dopo aver sabotato il Gran Premio italiano la Lotus si
ripresentò in forze per il Gran Premio successivo, quello
degli Stati Uniti a Riverside, l'ultima corsa dell'anno e l'ultima
della Formula 2.5 litri. Moss fece la pole e partìi al palo
con dietro la Cooper di Brabham, mentre Clark, John Surtees
e Innes
Ireland si qualificarono rispettivamente quinto, sesto e settimo sulla
griglia con le altre Lotus.
Moss e Ireland in partenza si lanciarono subito davanti e conclusero la
gara al primo e secondo posto, mentre Clark si ritrovò ben
presto indietro e terminò la gara al sedicesimo posto. Il
grande finale di stagione di Ireland gli assicurò il posto
di prima guida della Lotus del 1961. Clark invece aveva fatto
abbastanza per guadagnarsi l'approvazione di Chapman che, per l'anno
successivo gli avrebbe dato un ruolo più importante in
squadra.
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Gli inizi

Jim Clark era l'unico figlio maschio di una
ricca famiglia di agricoltori scozzesi. La sua passione per le corse
iniziò quando un amico del padre gli fece provare una Porsche. Nel 1956
iniziò a correre, tenendo all'oscuro i suoi genitori, con una Sunbeam,
per poi passare a una DKW e in seguito a una Porsche 1600. Nel 1958
cominciò a prendere parte a eventi nazionali a bordo di una Jaguar
D-Type affidatagli da John Scott Watson e Jock McBain direttore della
scuderia Border Reivers. Durante lo stesso anno ebbe modo di
affrontare in pista lo stesso Colin Chapman, l'uomo che lo lanciò nel
mondo della Formula 1.
Il costruttore inglese, impressionato dalle capacità del pilota
scozzese, gli offrì di provare una sua monoposto, ma un incidente di cui
fu vittima Graham Hill
con la stessa vettura fatta provare a Clark, lo spinse a interessarsi
alle vetture sport e fino alla fine del 1959 corse 106 gare in questa
categoria, vincendone 49, alternandosi alla guida di una Lister Jaguar e di una Lotus Elite,
prese parte anche alla 24 Ore di Le Mans concludendo al decimo posto,
secondo di classe. Durante il Tourist Trophy dello stesso anno si
trovò a confrontarsi con il pilota per cui Clark aveva
ammirazione, per il suo modo di affrontare le curve: Masten Gregory,
dopo quell'esperienza Clark si rese conto che poteva facilmente batterlo
Formula 1
L'intera carriera in Formula 1 di Clark è stata disputata con la
Lotus di Colin Chapman, per la quale ha corso dal 1960 al 1968.
Nell'inverno che precedette la stagione 1960 Clark effettuò una
prova a Goodwood con l'Aston Martin[1],
ma non si arrivò a un accordo perché la casa si
ritirò dalle competizioni, quindi trovò un accordo con
Chapman per correre in Formula 1 e in Formula Junior, esordì nel
campionato della massima formula al Gran Premio d'Olanda e nel
frattempo vinse, nella stessa stagione, due campionati britannici della
Junior, uno ex aequo con Trevor Taylor.
Nel 1961
il regolamento della F1 ridusse la cilindrata dei motori delle
monoposto da 2.500 a 1.500 cc;
Si ritenne che con l'abbassamento delle potenze si sarebbero
penalizzati i piloti più bravi, producendo anche un livellamento verso
il basso delle prestazioni
invece Clark fu in grado di fare la differenza proprio con queste
vetture. Quell'anno ottenne la prima vittoria in una gara di Formula 1,
seppure fuori campionato, al Gran Premio di Pau, ma sul finire
dell'annata fu protagonista di un episodio drammatico: al Gran Premio
d'Italia ebbe una collisione presso la curva Parabolica, con la Ferrari di Wolfgang von Trips che uscì di pista, causando la morte del pilota e di 15 spettatori.
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