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ALTRI ANNI








Formula 1: I migliori di tutti i tempi
Clark - Senna - Schumacher - Prost


Qual è il miglior pilota di Formula 1 di tutti i tempi?
Domanda difficile, epoche troppo differenti, avversari diversi e un gusto personale che può far cadere la scelta su tanti, troppi campioni.
Ma scegliere i migliori di tutti i tempi non dovrebbe essere così difficile.
Il quotidiano inglese, infatti, ha pubblicato la classifica dei 50 migliori piloti di tutti i tempi. E le scelte lasciano, a dir poco, basiti. Non discutiamo il podio, attribuito a Jim Clark, ma, come detto, votare il migliore in assoluto è impossibile e sia Clark sia Senna e Schumacher sarebbero candidati più che validi al primo posto. Ma andiamo oltre.
Quarto si classifica Alain Prost. Il professore è stato l’altro lato della medaglia del Sennismo tra gli anni ’80 e ’90. Ma basta ciò a farlo stare ai piedi del podio? Fangio non è stato più forte, più personaggio e più campione di lui? Dubbi che sono quasi certezze. Ma è scendendo la classifica che i giornalisti della perfida Albione danno il meglio di loro.
Solo undicesimo, infatti, l’italiano Ascari, uno dei pionieri della Formula 1. Davanti a lui, incredibilmente, campioni sicuramente meno importanti come Hakkinen o Alonso. E Niki Lauda? Solo quattordicesimo, preceduto addirittura dal finlandese Kimi Raikkonen, campione del mondo, sì, ma non certo un pilota che verrà ricordato. Il ferrarista precede anche Nelson Piquet e il grande
Gilles Villeneuve, solo diciannovesimo.
Villeneuve, uno dei piloti che hanno fatto innamorare milioni di spettatori, è preceduto anche da Jenson Button. Ebbene sì, il campione del mondo in carica, secondo il Times, vale la sedicesima piazza. Da paracarro a campionissimo in una stagione? Button ha meritato il titolo, ma ha vinto soprattutto perché la Brawn Gp non ha avuto concorrenti.
Leggendo i nomi di Button, di Raikkonen, di Rindt, di Hakkinen o di Mansell fa specie notare che, invece, sono diversi i campioni rimasti fuori dalla Top 20. Chi? Per esempio Clay Regazzoni, Jackie Ickx (preceduto anche da Rubens Barrichello!!!), Jody Scheckter, John Surtees, Mario Andretti o Emerson Fittipaldi. Insomma, nomi che hanno fatto veramente la storia di questo sport,
ma che per gli inglesi non esistono.




Storia della Formula 1

I primi anni (1946-1949)



 Torino 1° settembre 1946 - Parco del Valentino
Jean-Pierre Wimille su Alfa Romeo 158 n. 52 e Giuseppe Farina  Alfa Romeo 158 n.8

Scorcio del viale di accesso al Borgo Medioevale del Parco del Valentino di Torino. Su un circuito
ricavato da queste strade, nel 1946 si disputò la prima gara assoluta per vetture di Formula 1

La Formula 1 venne creata nel 1946 dalla Commissione Sportiva Internazionale (CSI) della FIA, antecedente della FISA, come la classe più alta di corse automobilistiche per monoposto scoperte dell'automobilismo mondiale. All'inizio era conosciuta come Formula A – denominazione usata attualmente per la categoria più alta del karting – ma ne venne cambiato il nome dopo appena due anni. L'idea di organizzare un campionato mondiale piloti venne formalizzata nel 1947, ma già nel 1939 la vecchia AIACR, con il cambiamento del sistema di punteggio avvenuto nel Campionato Europeo Piloti, stava cominciando a pensare a questa soluzione. Lo scoppio del conflitto bloccò temporaneamente tutti i programmi.

Negli anni '30 il regolamento per le vetture da Grand Prix era invece basato sul peso massimo della vettura, fissato a 750 kg. Non c'erano limiti per quanto riguardava la cilindrata o il tipo di motore. Si sfidavano dunque vetture con motori potentissimi, come nel 1936: propulsori di 3.8 litri (Alfa Romeo), sia di 5.6 litri a V12 (Mercedes) e infine quelli a 6.0 litri della Auto Union. Nel 1938 la cilindrata venne limitata a 3.0 litri. Venne però istituita anche la categoria "vetturette" con motore 1,5 sovralimentato. Tra queste vi era l'Alfa Romeo 158 che dominerà la scena sino al 1951.

Il nuovo regolamento del 1946 prevedeva un nuovo equilibrio per le vetture tra i motori supercompressi e aspirati. Vennero ammessi i tipi di motore aspirato da 4.5 litri, e quello supercompresso da 1.5 litri delle "Voiturette" d'anteguerra.

La prima corsa disputata con questi nuovi regolamenti si disputò in Italia, e precisamente a Torino il 1º settembre del 1946, il Gran Premio di Torino, disputato sul Circuito del Valentino – il nome è preso dal Parco del Valentino, dove le vetture correvano sui viali adiacenti al Borgo Medioevale – e venne vinta da Achille Varzi alla guida di una Alfa Romeo 158 detta Alfetta, anche se in realtà le macchine non avevano subito grandi cambiamenti da quelle che avevano corso le stagioni precedenti. Quella di Varzi era stata progettata e costruita prima della guerra.

I Campionati per i Piloti e quello per i Costruttori non vennero immediatamente reintrodotti. Nei primi anni si gareggiavano intorno alle 20 corse, tenute in Europa dalla tarda primavera ai primi di autunno, e l'esempio del circuito cittadino di Torino venne seguito immediatamente, oltre che in Inghilterra, da Milano, Bari, Sanremo, Pescara, Siracusa, Napoli e Modena in Italia; Nizza, Marsiglia, Albi, Pau, Comminges e Parigi in Francia; e infine dal circuito di Chimay in Belgio dove si disputava il Grand Prix des Frontieres.

In particolare il circuito cittadino di Ospedaletti, che ospitò dal 1948 al 1951 il Gran Premio di Sanremo per vetture di Formula 1 e in seguito per altri tipi di vetture, fu l'ultimo dei circuiti stradali cittadini di quel periodo a chiudere i battenti nel 1972. Le vetture più competitive venivano dall'Italia, in particolare l'Alfa Romeo. Nel periodo 1946–1949 si assisteva al tramonto della carriera dei vecchi piloti anteguerra come lo stesso Varzi, Jean-Pierre Wimille e Tazio Nuvolari, mentre piloti come Ascari e Fangio iniziavano a farsi notare.




Piloti che corrono oltre il limite

Ci sono piloti che corrono oltre il limite. Oltre ciò che la meccanica può sopportare. Piloti che spingono la propria vettura e sé stessi in una situazione “precaria”, nella quale l’errore è dietro l’angolo. Castellotti, Rosemeyer, Senna, Mansell, Gilles Villeneuve sono (esempi di) piloti che hanno corso così, senza darsi dei limiti, senza calcolare il limite del mezzo meccanico. Prendiamo Castellotti, uno degli “indisciplinati”, di cui Delli Carri ci racconta magistralmente: durante la Targa Florio del 1956 era in coppia con Collins. Il pilota di Lodi spinse così forte nei primi giri che provocò un cedimento meccanico. Fu così che Collins gli raccomandò di essere più leggero col piede, la prossima volta. Oppure a Monza, sempre quell’anno, quando nel folle inseguimento a Musso distrusse le sue gomme e rischiò grosso in un incidente. Castellotti si giustificò col fatto che era stato Musso a scegliere quella folle tattica. Però Lui gli era andato dietro, senza riflettere sul fatto che, con una gestione più intelligente del mezzo, avrebbe potuto avere la meglio. La sua spregiudicatezza, però, gli regala un successo incredibile, quello alla Mille Miglia del 1956, vinta percorrendo l’ultimo tratto sotto al diluvio, con un’auto scoperta e gli occhiali rotti. Castellotti aveva spinto tutta la gara, e continuò a spingere fino alla fine, anche se nel finale si trovò a guidare quasi alla cieca per colpa della pioggia.
LOUIS ARMSTRONG ~ When You`re Smilin`~ Oppure, prendiamo Bernd Rosemeyer, che nel 1935 regalò spettacolo nelle corse da Gp. A Pescara, quell’anno, fece un incidente incredibile, nel quale saltò un fosse infilandosi tra un palo e il parapetto di un ponte. Bernd era un pilota veloce, ma la sua aggressività nella guida non faceva i conti con la necessità di salvare le gomme (sproporzionate, un po’ come tutto sulle auto da Gp degli anni ’30, rispetto alla potenza delle vetture stesse). Così, ad esempio, accadde al Nurburgring nel 1935. Però solo un pilota di questo genere poteva domare le incredibili Auto Union a motore posteriore, così difficili da guidare.
Se sulle Cooper il motore centrale rientrava in una logica di distribuzione del peso, sulle Auto Union, il motore collocato alle spalle del pilota rendeva la guida impossibile. Tanto è vero che quando Forghieri insisteva presso Ferrari perché seguissero la scuola inglese e adottassero il motore centrale, il Drake portava l’esempio delle inguidabili Auto Union, per dimostrare che quella soluzione non era poi così buona.
Ma torniamo al buon Rosemeyer: un’altra impresa del tedesco è la vittoria al Nurburgring (Gp dell'Eifelrennen) del 1936, quando vince in condizioni di visibilità pessime, staccando a memoria nelle curve. Un’impresa che sarà ripetuta nel 1968 da Stewart, che vinse in condizioni simili. Stewart, però, sapeva bene quali rischi si correvano al Nurburgring (che definì l’inferno verde). Rosemeyer, invece, ragionava meno sull’esistenza del rischio.
Caracciola disse di Rosemeyer "Bernd non sapeva letteralmente cosa fosse la paura e questo a volte non è una buona cosa."Infatti, non fu una buona cosa, per Bernd, rischiare il record di velocità sebbene Caracciola glielo avesse sconsigliato, per via del forte vento. Rosemeyer, infatti, perse la vita durante quella prova. Gilles Villeneuve è stato forse il pilota che meglio di tutti ha incarnato il concetto dell’andare oltre. Non aveva nessun rispetto per il mezzo meccanico; non conosceva limiti. Il famoso giro su tre ruote (a Zandvoort nel 1979) è l’emblema della capacità di Gilles di correre oltre ai limiti.
Non per nulla Gilles è stato uno dei grandi della corsa di Montecarlo (dove il limite tra correre forte e sbagliare è più sottile che in qualunque altro posto). Si racconta che Gilles avesse fatto una scommessa con un fotografo: questi avrebbe dovuto piazzare un fiammifero nel guardrail all’esterno del Tabac, perpendicolarmente al senso di marcia. Gilles scommise di essere capace di rimuoverlo con la posteriore destra senza toccare la barriera. Ovviamente, la scommessa fu vinta di Villeneuve. Di un pilota del genere, come di tutti questi "irruenti del volante", non è stato dato un giudizio univoco. Gilles, c'è stato chi lo ha adorato, chi ha considerato la sua pura sconsideratezza fuori luogo. La morte, forse, ha spento qualche voce critica. è rimasto il mito: chi lo sa se è un bene o un male. Un altro pilota che possiamo ricondurre a questa categoria, dei piloti che guidano oltre il limite, è Ayrton Senna.
Senna rischiava le corse in doppiaggi eseguiti in modo folle. Ayrton era uno che spremeva tutto dalla macchina. A volte, Ayrton non ragionava sul vantaggio che aveva, ma spingeva solo sull’acceleratore, rischiando l’errore. A Monaco nel 1988 perse una gara, che stava dominando, per un errore di guida. Se avesse gestito il suo vantaggio, questo non sarebbe accaduto.
Prost era il suo opposto. Sapeva gestire la vettura in modo fenomenale. Pare che, dopo un gp, i suoi freni fossero così poco consumati da poter essere impiegati nuovamente. Sembrerebbe, quindi, che Prost rappresenti il modo positivo di affrontare una corsa e Senna quello negativo. In realtà non è così. Senna è entrato, al pari di Prost nella leggenda. Piuttosto, bisogna dire che Ayrton, dopo Monaco 1988, capì che per correre senza calcoli, sempre al massimo, era necessario allenare la propria mente. In definitiva, possiamo chiederci se questo correre oltre al limite sia un fatto positivo o negativo. La mia risposta è che questo modo di correre, di per sé, non rappresenta né un fatto positivo, né uno negativo. Credo che l’essenza delle corse sia rappresentata dalla famosa frase di Chapman, secondo cui una buona auto da corsa è quella che si rompe un metro dopo il traguardo (non una che finita la corsa ne può sopportare un’altra o una che si rompe prima che la corsa sia finita ). Significa che nella corsa bisogna dare tutto, però che la corsa deve essere completata. Non per nulla, questi piloti aggressivi sono stati "Dei" quando la loro corsa forsennata ha portato risultati. Viceversa, sono caduti nel fango, quando hanno fallito. Oggi, il rappresentante di questa categoria, di piloti che corrono senza calcoli, all'attacco, è senza dubbio Hamilton.



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Forghieri Racconta: 12 domande imperdibili - Intervista di Davide Cironi (SUBS)




Mauro Forghieri: una vita per la Ferrari


L'ingegnere modenese capace di portare al Cavallino sedici Mondiali


In una classifica dei personaggi più importanti della storia Ferrari Mauro Forghieri meriterebbe di occupare una delle prime dieci posizioni della graduatoria. Per quasi 30 anni l'ingegnere modenese è stato responsabile tecnico del reparto corse di Maranello e le auto da lui progettate hanno portato a casa ben sedici titoli Mondiali: 11 in F1 e 5 nell'endurance. Scopriamo insieme la storia del tecnico emiliano.

Mauro Forghieri: la storia

Mauro Forghieri nasce il 13 gennaio 1935 a Modena. Figlio di un meccanico del reparto corse Ferrari, si laurea in ingegneria meccanica nel 1959 all'Università di Bologna e poco dopo viene assunto nell'ufficio tecnico del Cavallino, all'epoca diretto da Carlo Chiti.
La svolta nella carriera di Forghieri arriva nel 1961 quando Chiti lascia la Ferrari insieme a Romolo Tavoni e ad altri tecnici e progettisti per fondare la ATS. Mauro, a soli 26 anni, viene nominato responsabile tecnico del reparto corse del Cavallino (che in quegli anni è focalizzato sulla F1 e sui prototipi).
Inizialmente Mauro Forghieri si occupa di motori ma col passare del tempo interviene anche su altri aspetti meccanici: è lui, ad esempio, che migliora la stabilità nei curvoni veloci della mitica 250 GTO intervenendo sul ponte posteriore.

Le prime vittorie

Il 1963 è l'anno in cui arrivano i primi successi per la Ferrari sotto la direzione Forghieri: il britannico John Surtees si aggiudica il GP di Germania di F1, i nostri Ludovico Scarfiotti e Lorenzo Bandini portano a casa la 24 Ore di Le Mans al volante della 250P e arriva anche il titolo Mondiale Sportprototipi.L'anno seguente Mauro Forghieri festeggia il suo primo Mondiale F1 (doppietta: Costruttori e Surtees tra i Piloti) e il secondo campionato del mondo sportprototipi. Senza dimenticare il gradino più alto del podio di Le Mans conquistato dalla 275P guidata dal francese Jean Guichet e dal nostro Nino Vaccarella.

Dominio nell'endurance

La supremazia Ferrari nella categoria endurance continua nel 1965 con il terzo campionato del mondo: la 275 P2 vince la 1000 km di Monza (con l'inglese Mike Parkes affiancato da Guichet) e la Targa Florio (Vaccarella/Bandini) mentre la 330 P2 si aggiudica la 1000 km del Nürburgring con Surtees/Scarfiotti.
Il quarto Mondiale Sportprototipi per Mauro Forghieri arriva nel 1967 grazie soprattutto a Bandini e al neozelandese Chris Amon, vincitori alla 24 Ore di Daytona (gara contraddistinta da una memorabile tripletta del Cavallino) e alla 1000 km di Monza. L'anno successivo le idee dell'ingegnere modenese iniziano a dare i loro frutti anche in F1: in occasione del GP di Spagna viene montato per la prima volta su una monoposto l'alettone posteriore, una rivoluzione tecnica destinata a rivoluzionare il mondo del motorsport.

Gli anni '70

Nel 1972 la Ferrari conquista il suo ultimo Mondiale Sportprototipi di sempre dominando la stagione: lo svedese Ronnie Peterson e l'australiano Tim Schenken primi alla 1000 km di Buenos Aires e alla 1000 km del  Nürburgring, lo statunitense Mario Andretti e il belga Jacky Ickx davanti a tutti alla 6 Ore di Daytona, alla 12 Ore di Sebring, alla 1000 km di Brands Hatch e alla 6 Ore di Watkins Glen, il trionfo tutto italiano di Arturo Merzario e Sandro Munari alla Targa Florio e il britannico Brian Redman insieme a Ickx sul gradino più alto del podio all'Österreichring.

La crisi e la rinascita

La crisi della Ferrari in F1 porta all'estromissione temporanea di Mauro Forghieri al termine della stagione 1972. Dopo pochi mesi – però - in seguito al fallimento della monoposto 312B3 del 1973 il tecnico emiliano ritorna al comando del reparto corse e inizia una lunga striscia di vittorie nel Circus.Nel 1975 doppio titolo (Piloti con l'austriaco Niki Lauda e Costruttori), nel 1976 Mondiale Costruttori e doppietta nel 1977 (con Lauda) e nel 1979 (con il sudafricano Jody Scheckter).

Gli ultimi Mondiali e l'addio alla Ferrari

Gli anni '80 di Mauro Forghieri si aprono con lo sviluppo della Ferrari 126CK, una monoposto di F1 dotata di un motore 1.5 V6 turbo da 570 CV. Le evoluzioni di questo modello conquistano due Mondiali Costruttori consecutivi nel 1982 e nel 1983.
Nel 1984, per via di alcuni dissidi con la dirigenza Fiat, Forghieri lascia il reparto corse Ferrari e si sposta all'ufficio ricerche per diventare nel 1986 direttore generale di Ferrari Engineering. Il suo progetto più importante è senza dubbio la 408 4RM, un prototipo realizzato in due esemplari dotato di trazione integrale.

Nuove avventure

Nel 1987, dopo quasi di 30 anni di carriera in Ferrari, Mauro Forghieri lascia Maranello e diventa direttore tecnico di Lamborghini Engineering. Per la Casa di Sant'Agata Bolognese progetta un motore 3.5 V12 aspirato da F1 che viene adottato nel 1989 dalla Lola e l'anno successivo anche dalla Lotus.
Il 1991 è l'anno in cui la Lamborghini debutta come costruttore in F1 (solo sei GP disputati senza conquistare punti) ma già nel 1992 Mauro viene chiamato dalla Bugatti per ricoprire il ruolo di direttore tecnico.
Mauro Forghieri fonda nel 1995 la Oral Engineering, azienda ancora oggi attiva nella progettazione, nell'assemblaggio e nei servizi di collaudo di motori a due e a quattro tempi per i settori racing e produzione.




Trasferimento vintage...


Storia della Formula 1

Campionato del Mondo Piloti (1950-1957)

Nel 1950, in risposta al Campionato Mondiale di Motociclismo introdotto l'anno precedente, la FIA organizzò il primo vero Campionato del Mondo Piloti.

L'organizzazione del campionato vide scegliere sei dei maggiori Gran Premi in Europa, più la 500 Miglia di Indianapolis, ma pochissimi piloti europei vi presero parte, anche a causa del diverso regolamento tecnico.

In effetti la denominazione "Campionato del mondo Piloti di Formula 1" fu adottata solo nel 1981 e sino al 1960 vi furono, almeno in via teorica, nel calendario gare con diversi regolamenti tecnici, per i Gran Premi e per Indianapolis. Addirittura nel 1952-53 il campionato piloti si disputò con vetture di Formula 2 (Indianapolis esclusa), mentre le vetture della F.1 ne furono escluse.

Furono tre team italiani ad occupare le posizioni dominanti dei primi anni del campionato, l'Alfa Romeo, quindi la Ferrari, e infine la Maserati. Altre case manufattrici nazionali – come la francese Talbot o la britannica BRM – competono, con successi assai modesti. Un buon numero di vetture private prendevano parte alle gare.

L'Alfa Romeo dominò la concorrenza nella stagione 1950, vincendo tutte le gare di quel campionato con l'"Alfetta" 158 costruita prima della guerra da Enzo Ferrari.

La sola eccezione fu per la 500 Miglia, che faceva parte del campionato ma non correva con le regole della Formula 1 ed era raramente gareggiata dai piloti europei. La corsa non acquisterà mai importanza nel mondo della Formula 1 e uscì dal calendario del campionato dopo il 1960. Nino Farina vinse il campionato inaugurale, Juan Manuel Fangio lo conquistò nel 1951 con la Alfa Romeo 159, un'evoluzione della 158. I motori dell'Alfetta erano estremamente potenti per la capacità delle altre vetture dell'epoca. Nel 1951 il motore della 159 produceva attorno ai 420 cavalli di potenza, ma questo comportava un prezzo da pagare nel consumo eccessivo di benzina, che era stimato dai 125 ai 175 litri per percorrere 100 km[2]. Enzo Ferrari, che gareggiò con l'Alfa Romeo prima della guerra (in pratica la Ferrari era la scuderia ufficiale dell'Alfa Romeo), fu il primo a comprendere che lo sviluppo dei motori con compressore da 1.5 litri era giunto ai suoi limiti. Ogni ulteriore incremento di potenza obbligava a compiere lunghe soste per fare rifornimento di benzina, con conseguente perdita di tempo. Per le ultime gare del 1950 Ferrari abbandonò il modello 125 da 1.5 litri con compressore, ormai da museo, e presentò il nuovo modello 375 con motore V12 aspirato da 4.5 litri. Con un consumo di benzina che si aggirava attorno ai 35 litri per 100 km le 375 offriromo fiera opposizione all'Alfetta fino al termine della stagione 1951. L'Alfa Romeo, una compagnia stata, decise di ritirarsi dopo il rifiuto del governo italiano di concedere fondi per progettare la nuova vettura. Sorprendentemente, l'Alfa Romeo investì nelle corse budget molto limitati, utilizzando ancora tanto materiale e tecnologie precedenti alla guerra durante queste prime due stagioni. All'istante il team vinse i due campionati usando solo nove motori costruiti negli anni ‘30.

Non fu comunque il ritiro dell'Alfa Romeo a rendere invincibile la Ferrari.

Infatti originariamente era prevista per il 1952 il passaggio ad una sola cilindrata di 2,5 litri senza sovralimentazione, ma fu rinviato al 1954. Poiché però sola la Ferrari era pronta a gareggiare ufficialmente con le vecchie vetture con motori da 4.5 litri, La FIA si trovò in una posizione imbarazzante.

Soltanto la Ferrari era in grado di allestire vetture di Formula 1 competitive. La soluzione adottata fu quella di far disputare il Campionato Mondiale Piloti con le vetture di Formula 2 per due stagioni. Il dominio Ferrari si delineò con la leggera e potente 500 a 4 cilindri guidata dal leggendario pilota italiano Alberto Ascari che fu il primo pilota a vincere due campionati consecutivi nel 1952 e 1953. Le vetture Ferrari di Formula 1 continuarono a gareggiare nelle gare non valide per il campionato e in quelle di Formula Libre corse durante quel periodo, soprattutto nel Sudamerica – non a caso, "Libre" è il termine spagnolo con cui si definisce "Libera" – dove queste corse erano molto popolari.

Ironicamente, durante quel biennio la sola gara del Campionato del Mondo in cui le vetture di Formula 1 erano ammesse era la 500 Miglia. Nel 1952 la Ferrari schierò quattro 375 di Formula 1 con Alberto Ascari come pilota guida, ma con scarso successo: solo Ascari riuscì a qualificarsi (a metà schieramento) e si ritirò ben presto in gara. Non contando la gara di Indianapolis, il Campionato del Mondo si svolse interamente in Europa fino al 1953, quando la stagione si aprì in Argentina. Quella fu la prima corsa ufficiale di Formula 1 a disputarsi fuori dall'Europa.

Va detto che nel 1951, comunque si disputarono molte gare di Formula 1, ma tutte fuori campionato, come il Gran Premio Autodomo di Monza 1951 nel quale Juan Manuel Fangio ebbe un grave incidente.

Come previsto, il Campionato del Mondo a ritornò al Regolamento di Formula 1 per la stagione 1954, adesso basato sui motori atmosferici a 2.5 litri. Dopo un dominio iniziale della Maserati, l'ingresso della Mercedes-Benz portò ad un dominio assoluto suo e di Fangio (che aveva corso le prime gare del 1954 con la Maserati). A cercare di limitare il dominio erano la Ferrari e la Lancia guidata da Alberto Ascari per la Lancia. Utilizzando valvole desmodromiche, iniezione diretta a benzina, magnesio, ed altre parti piuttosto esotiche come linee del telaio presentate con una forma alquanto allungata e altre tecniche piuttosto avanzate, la nuova Mercedes iniziò la stagione 1954 quando Fangio partì dalla pole position nel Gran Premio di Francia svolto sul circuito stradale di Reims-Gueux con il primo giro percorso a una velocità di oltre 200 km/h – fu la prima volta nella storia della Formula 1 – prima di vincere la corsa, Fangio ingaggiò un duello con l'altro pilota della Mercedes Karl Kling, giunto in seconda posizione.

LOUIS ARMSTRONG ~ When You`re Smilin`~

Le vetture Mercedes affrontarono le due stagioni seguenti con Fangio che si aggiudicò tutte le gare lasciando agli altri piloti soltanto tre corse. Alla fine della stagione 1955 la Mercedes si ritirò dalle gare nello stesso modo fulmineo com'era entrata.


Avevano provato la superiorità della loro tecnologia, ma fu il terribile disastro di una delle sue vetture sport, guidata da Pierre Levegh alla 24 Ore di Le Mans di quell'anno, che provocò il decesso di 83 persone, a comportare il ritiro dalle competizioni. La casa tedesca resterà lontano dalla Formula 1 fino al termine della stagione 1993

 Dopo la tragedia di Le Mans, lo sport automobilistico ne uscì totalmente sconvolto: tre Gran Premi ancora da disputarsi vennero immediatamente cancellati e il governo svizzero annunciò il bando totale alle corse automobilistiche disputate sul suo territorio nazionale (tuttora in vigore. Il gran premio di Svizzera del 1982 fu disputato in Francia, a Digione).

Il Gran Premio di Montecarlo 1955 vide uno spettacolare incidente quando Ascari e la sua Lancia, dopo aver mancato una chicane, si schiantarono contro il molo. Ascari viene sbalzato fuori dalla vettura e cadde in acqua, vivo e apparentemente senza danni. Vi furono varie speculazioni attorno a una emorragia interna non riscontrata quando appena quattro giorni dopo Ascari rimase ucciso a Monza mentre effettuava alcuni test su una vettura Ferrari sport affidatagli dall'amico Eugenio Castellotti. Dopo la morte di Ascari, la Lancia (alle prese con gravi problemi finanziari) si ritirò definitivamente dalla categoria cedendo motori, vetture, informazioni e tecnologia alla Ferrari, compreso il progettitsta Vittorio Jano, che con Ferrari aveva lavoirato negli anni '30 con L'Alfa Romeo.

Così nel 1956 la Ferrari si schierò con la "D50" Lancia, chiamata "Lancia-Ferrari" in un connubio che si ripresenterà, negli anni 70-80 quando le due aziende finiranno nell'orbita FIAT con la Lancia Stratos con motore Ferrari e la Lancia LC2 nel mondiale sport.

La stagione 1956 vide Fangio fare buon uso della Ferrari – nata in casa della Lancia – per vincere il suo quarto campionato. Lasciata la Ferrari, colse il quinto guidando una Maserati, nel stagione 1957, stabilendo un record che resterà imbattuto per 46 anni.



Negli anni settanta e precisamente nel 1971, edizione in cui per la prima volta si è passati dalla classica partenza con le auto parcheggiate sulla destra del tracciato, a quella denominata Indianapolis, dalla storica corsa americana. Una partenza lanciata, con le auto alle spalle di una pace car per tutto il giro di ricognizione. Una procedura sicuramente meno spettacolare, ma necessaria per evitare brutti incidenti e salvaguardare così la sicurezza dei piloti.


Un formidabile allineamento di versioni speciali
per la 24 Ore di Le Mans, i nuovi mostri


ALFA ROMEO 33.3L 1970 - PORSCHE 908L 1969 - FERRARI 512S/L 1970 
PORSCHE 917L 1971 - FERRARI 312 PB/L 1973

Le parole di Henri Pescarolo, vincitore di quella edizione, confermano la necessità di un simile cambiamento: "Abbiamo deciso di passare alla partenza lanciata. E’ più sicura, anche se è meno interessante e spettacolare, però tutte le gare di durata ora usano questo tipo di partenza. Quindi tutti stanno dietro alla pace car, che dopo il giro di riscaldamento, entra nei box e a quel punto chi è in pole deve decidere quando accelerare e dare il via alla gara. E’una partenza meno caratteristica con meno intensità, ma bisogna dare più importanza alla sicurezza”.

 
Nel 1972 e nel 1973 Henri Pescarolo ottiene altre due vittorie in coppia con il due volte mondiale di F1, Graham Hill, che morirà 3 anni dopo in un incidente aereo. Un fantastico Tris del team francese Matra, che riporta un successo in Francia dal 1950. "Era stata la prima vittoria con il team Matra e con Graham Hill, dopo una notte di pioggia. Una grande vittoria con un leggendario pilota come compagno. E’ stato un premio per tutto il lavoro fatto dalla squadra negli anni passati. Finalmente avevamo vinto.”




La terra d'America ha sempre portato fortuna a chi la fortuna l'ha cercata con tutto sé stesso, non regalandosi nulla, ma costruendo giorno per giorno il proprio destino, sintetizzando il pensiero che Enzo Ferrari fece suo e che si racchiude in queste poche parole: "Non esiste fortuna o sfortuna, ma solo quanto noi abbiamo saputo prevedere e quanto abbiamo fatto per incrementarla o evitarla".
Luigi Chinetti è uno di questi.
Un uomo che come Ferrari, ha lavorato sodo per diventare in un paese "non suo", l'importatore principale di tutta la produzione Ferrari nel nord degli Stati Uniti.
Nato a Milano il 17 luglio 1901 e quindi contemporaneo a tutti gli effetti di Enzo Ferrari, Chinetti cominciò a lavorare a 14 anni nell'officina paterna, entrando poi in Alfa Romeo, dove come meccanico, prestava la sua opera al Reparto Esperienze della Casa di Arese.

A destra, un giovane Chinetti meccanico nel 1928

Trasferitosi in Francia per assistere Antonio Ascari nella gara di Montlèry del 1925, vi restò poi come meccanico per assistere le Alfa Romeo vendute dal conte di Carrobio. In seguito aprìrono un'officina meccanica atta alla vendita ed assistenza delle vetture e dei motori sportivi e da corsa del Portello. Quindi Chinetti passò alla vendita delle vetture in prima persona, attività che negli anni, sarebbe diventata la sua attività principale. L'epopea "corsaiola" anteguerra di Luigi Chinetti comincia nel 1925 con una sei ore a Parigi. Ma è nel 1932, con la vittoria alla 24 Ore di Le Mans in coppia con Raymond Sommer, che si prende il lusso di battere la squadra ufficiale Alfa Romeo. Nel 1933 giunge secondo alle spalle di Nuvolari e ancora nel 1934, in coppia con "Phiphi" Etancelin, rivince la classica gara, salendo agli onori della cronaca sportiva. Prima dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale, Chinetti lasciò Parigi per partecipare a Indianapolis come manager dell'Equipe di Madame Schell. Ritorna nel vecchio continente soltanto nel 1949 e approda a Maranello per acquistare una vettura da Enzo Ferrari, persona con gli stessi interessi e probabilmente le stesse vedute nel campo automobilistico. Ferrari fu ben lieto di vendere all'ormai quasi cinquantenne Chinetti una 166 MM berlinetta, sapendo i fini dell'acquisto: correre ancora a Le Mans. La Ferrari era nata come casa costruttrice di autovetture da appena due anni e il fiuto rinomato di Ferrari, capì al volo l'importanza della vendita e la popolarità che avrebbe avuto la sua Azienda in caso di affermazione a livello internazionale. Il 26 giugno 1949 alla media di 132,42 chilometri orari, la rossa berlinetta Ferrari tagliava il traguardo a Le Mans, regalando a Chinetti e Ferrari una pubblicità internazionale enorme.

Lord Seldson, copilota della Ferrari n° 21, si accontentò di guidare la sua vettura per una sola ora, lasciando al focoso Chinetti la guida per le altre 23 ore. Due settimane dopo, il 9 e 10 luglio alla 24 Ore di Spa, Chinetti questa volta in coppia con Jean Lucas, fece il bis con la stessa vettura. Il nome della Ferrari cominciava a circolare negli ambienti automobilistici sportivi mondiali. Ancora una volta Ferrari aveva visto giusto.
Nel 1951 Chinetti ritorna alle corse partecipando alla Carrera Panamericana con una Ferrari 212 Export della Scuderia milanese Guastalla di Franco Cornacchia, in coppia con Piero Taruffi. Dopo sei giorni di massacrante corsa e 3068 km percorsi su strade sterrate, la Ferrari n° 34 taglia il traguardo di Ciudad Juarez davanti alla Ferrari di Ascari-Villoresi. Dopo quella vittoria, nel 1954 Ferrari si convinse ad affidare a Luigi Chinetti le vendite delle sue vetture negli Stati Uniti, conferendogli la "nomina" di Agente Ferrari per il Nord America. Partendo da questi presupposti, Chinetti negli anni 50 fonda la Luigi Chinetti Motors, Inc, patrocinando l'esordio automobilistico di giovani promesse del volante.

Nel 1958 affiancato da George Arents, Jan de Vroom e Margaret Strong, crea la North American Racing Team, seconda esperienza di Scuderia dopo quella creata nel 1937, chiamata "Ecurie Bleue", fondata con Madame Schell. madre del pilota Harry Schell. Chinetti stesso ricorda che fu la scritta su di un telone di un camion: "North American Van Lines" a suggerire l'idea di chiamare la neonata Scuderia North American Racing Team, scegliendo il cavallino rampante nero, simbolo della Ferrari come logo e inserendo nella parte superiore una striscia azzurra con otto stelle bianche in campo blu e nella parte inferiore la scritta North American Racing Team, che su consiglio dello stesso Ferrari venne trasformata più avanti nell'acronimo corrisponente, appunto N.A.R.T.
Il battesimo con la pista la N.A.R.T. l'ebbe il 23 marzo 1958 in occasione della 12 Ore di Sebring.
L'equipaggio: O'Shea - Kessler - Cunningham, portarono la 250 GT al 6° posto assoluto. Bisognerà attendere fino al 22 ottobre 1961 per vedere una vettura della N.A.R.T. sul gradino più alto del podio. L'occasione fu a Monthléry per la 1000 km di Parigi, dove i fratelli Rodriguez conquistarono il 1° posto.

L'avventura sulle piste della North American Racing Team durò fino al 1982, partecipando a più di 200 gare e facendo gareggiare oltre 100 piloti.
Jim Hall, Stirling Moss, Graham Hill, Giancarlo Baghetti, Umberto Maglioli, Nino Vaccarella, Mario Andretti, sono alcuni nomi di questi piloti che sotto i colori americani, hanno corso e vinto per la Ferrari.


L'onore e l'onere forse più importante la N.A.R.T. l'ebbe in occasione dei gran premi degli Stati Uniti e del Messico del 1964, dopo che Ferrari, per i noti contrasti con le Autorità Sportive per la mancata omologazione della 250 LM, iscrisse nelle ultime due gare di campionato le vetture di Surtees e Bandini con i colori dell'amico Chinetti, dopo avere restituito la licenza italiana. La N.A.R.T. ebbe appunto l'onore di tenere a battesimo il neo Campione del Mondo per l'anno 1964.
Alla 24 Ore di Le Mans del 1965, la coppia Gregory-Rindt con la vettura "rinnegata" l'anno prima, la 250 LM, scrivono ancora una volta il nome della Ferrari nell'Albo d'Oro della classica francese. Altro grande successo la N.A.R.T. lo conseguì con la 24 Ore di Daytona del 1967 con l' arrivo in parata ideato dall'allora D.S. Franco Lini.


Un capolavoro della tecnica : il superelettrotreno


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Tour de France,1952: lo storico passaggio della borraccia tra Fausto Coppi e Gino Bartali


Alfa Romeo 1750 GTC Cabriolet Royal
 
 Presente in due versioni. Quella azzurra era stata carrozzata nel 1931 dalla Touring, mentre era presente anche una versione carrozzata da Sala risalente al 1932. L'Alfa Romeo 1750GTC era stata prodotta in numerosissime versioni e rappresentava l'auto sportiva italiana per eccellenza nella sua epoca. La versione 6C 1750 GS (Gran Sport) era un sei cilindri, da 1750 cc appunto, che nel 1929 correva la Mille Miglia e venne prodotta in 2579 esemplari. In quel periodo l'Alfa Romeo realizzava molti modelli con una frequenza di innovazioni ed aggiornamenti sorprendente. La 1750 GS derivava dalla precedente 1500 e da essa nacque la 8C 2300 semplicemente aggiungendo due cilindri al vecchio motore elevandolo di cilindrata.


 
La velocità in curva di una macchina di Formula 1 è determinata principalmente dalle forze aerodinamiche che spingono la vettura verso il basso, aumentando così la tenuta delle gomme e l'aderenza al suolo. Le auto sono leggere, ma gli alettoni con l'aumentare della velocità conferiscono a esse un peso aggiuntivo che però non ha inerzia, e che cresce con l'aumentare della velocità, sfruttando il principio opposto a quello che fa volare gli aerei (“schiacciando” così l'automobile al suolo: si veda il Principio di Bernoulli, e si consideri che le ali di una monoposto sono rovesciate rispetto a quelle di un aereo, schiacciando la vettura al suolo a tutto vantaggio della guidabilità). A 160 km/h, la forza generata verso il basso è uguale al peso della vettura; ma quando si viaggia alla massima velocità, essa può essere pari a 2,5 volte il peso della vettura. Inoltre, in curva si genera una forza trasversale che può arrivare a 4,5 g (= 4 volte e mezzo la forza di gravità; mentre in una normale vettura stradale essa è di circa 0,85/1,00 g)




Storia della Formula 1

La rivoluzione del motore posteriore (1958-1961)

Nonostante la configurazione base della formula rimanga invariata per il 1958, le gare furono accorciate dai circa 500 km / 300 miglia ai 300 km / 200 miglia e le macchine usarono un particolare tipo di benzina composto da vari tipi di miscele il cui componente primario era il metanolo.

Con il declino di Fangio (che si ritirerà durante l'anno), Mike Hawthorn alla guida della Ferrari conquistò il titolo piloti nella stagione 1958 diventando così il primo pilota inglese a vincere il titolo. La scuderia britannica Vanwall conquistò il primo titolo riservato ai costruttori in quella stagione, ma non riuscì a coronare le sue aspirazioni di portare un pilota inglese al titolo iridato. Stirling Moss, nonostante avesse totalizzato un numero maggiore di vittorie rispetto ad Hawthorn, perse il titolo per un solo punto (Hawthorn sfruttò il regolamento dell'epoca che premiava con un punto chi faceva il giro più veloce in gara). Questa annata vide anche una donna guidare per la prima volta una Formula 1 in una gara di campionato, Maria Teresa de Filippis che debuttò guidando da privata una Maserati nel Gran Premio del Belgio..

Il 1958 fu un anno cruciale per la Formula 1. Contro una piccola pattuglia di Ferrari e Maserati (ritiratasi ufficialmente nella stagione precedente), Stirling Moss vinse il Gran Premio d'Argentina guidando una vettura a motore centrale Cooper per conto della scuderia privata di Rob Walker, spinta da un motore 2 litri fornito dalla Coventry Climax a 4 cilindri. Questa fu la prima vittoria per una vettura col motore posizionato dietro al pilota in Formula 1. Il successivo Gran Premio a Montecarlo venne vinto ugualmente dalla Cooper, guidata questa volta da Maurice Trintignant. Spinte da motori di minore cilindrata, le Cooper rimasero outsiders nel 1958, ma nel 1959, arrivarono i nuovi motori da 2.5 litri della Coventry Climax e le piccole vetture britanniche passarono a dominare la Formula 1. La stagione 1959 vide una competizione serrata tra la scuderia Cooper dell'australiano Jack Brabham, e Moss che correva per il team di Rob Walker sempre su Cooper. L'uso della trasmissione della Citroën Traction Avant modificata, rappresentò il tallone d'achille per le Cooper, e Walker tornò a un progetto casalingo che però risultò totalmente incompatibile con le altre componenti della vettura e Brabham vinse il titolo, con Moss piazzato secondo.

Il stagione 1960 vide Enzo Ferrari adottare il più collaudato schema a motore anteriore, in base al principio "i cavalli stanno davanti al carro, non dietro", mentre Lotus e BRM introdussero le macchine a motore centrale. Il team di Rob Walker passò al telaio della Lotus 18. Moss portò la Lotus alla sua prima vittoria in Formula 1 a Monaco, ma la sua stagione venne rovinata da un incidente e Brabham conquistò il suo secondo titolo con la Cooper.

La rivoluzione del motore centrale rese obsolete altre potenziali vetture dal progetto rivoluzionario. Un particolare sistema di trazione che agiva in contemporanea sulle quattro ruote motrici denominato "4WD" (four wheels drive) venne impiantato sulla Ferguson P99 a motore anteriore fornito dalla Coventry Climax per la disputa del Gran Premio di Gran Bretagna del 1961, vincendo inoltre la Oulton Park Gold Cup, gara non valida per il campionato[, ma era troppo pesante e complessa per essere comparata alla nuova generazione delle vetture a motore centrale.

Nel 1961, nel tentativo di diminuire le velocità, per le macchine di Formula 1 la cilindrata fu ridotta da 2.5 a 1.5 litri, non sovralimentati (essenzialmente le allora vigenti regole per la Formula 2), una formula che rimarrà invariata nei successivi cinque anni. Ferrari aveva iniziato la stagione con le collaudate vetture V6 a 65º di Formula 2 con motore centrale, schierando poi nel corso della stagione un V6 a 120º ad iniezione diretta. Questo segnò segnò il dominio della Ferrari nella stagione 1961 quando i team britannici furono sconfitti dalla maggior potenza del motore italiano. Phil Hill divenne il primo pilota statunitense ad aggiudicarsi il titolo mondiale.

I primi due decenni, negli anni cinquanta e sessanta il Campionato del Mondo di Formula 1 era solo all'inizio, la punta di un iceberg se consideriamo tutte le gare disputate successivamente sotto il Regolamento di Formula 1. Il numero totale di corse non valide non era variato dall'introduzione del campionato mondiale. Molte gare celebri, come i Gran Premi di Pau e di Siracusa, il BRDC International Trophy di Silverstone, la Race of Champions di Brands Hatch e la citata Oulton Park Gold Cup, continuano a non far parte del Campionato del Mondo, ma furono per molti anni terreno di competizione per molti piloti e scuderie di gran nome.





ISOLA DI MAN 1969 - BOB E JENNY BEALES SULLA TRIUMPH SIDECAR 750 c.c. TT  




Le immagini delle 15 edizioni che si sono svolte tra il 1921 ed il 1966


Il golfo di Salò fa da sfondo ai passaggi lungo i tornanti delle Zette: da dietro i muretti gli spettatori osservano ed incitano i centauri


Le immagini delle 15 edizioni che si sono svolte tra il 1921 ed il 1966

Il grande fotoreporter Tita Franzosi ci regala questa stupenda visuale dei box poco prima della partenza; tutto è pronto per il grande spettacolo.

Un immagine di un tempo che non c'è più: David Piper spinge la sua Lotus sulla griglia per la partenza della seconda batteria.

Il Conte Bruno Sterzi alla guida della sua Ferrari privata: ancora pochi giri ed uscirà di strada tra

 le località di Tormini e Villa distruggendo la macchina



La Fiat 508 Balilla è una vettura prodotta dalla FIAT negli anni trenta grazie
 a cui ebbe inizio la motorizzazione di massa in Italia.
Il progetto fu attuato da diverse celebri figure dell'automobilismo di quegli anni: Tranquillo Zerbi, Antonio Fessia, Bartolomeo Nebbia e Dante Giacosa che costruirono una vettura dalle prestazioni di classe, ma dai costi relativamente contenuti. Il modello viene presentato alla Fiera di Milano il 12 aprile del 1932 in occasione del Salone dell'automobile e si caratterizzava soprattutto per il prezzo base di sole 10.800 lire.



Circuito stradale del Mugello

La partenza originariamente e fino al 1965 (quando fu starter d'eccezione niente meno che Juan Manuel Fangio) avveniva da S.Piero a Sieve, poi, dal '66 fino all'ultima edizione, da Scarperia, ed il tracciato si sviluppava sulla strada statale del Giogo (SS503), in un primo settore fino al passo appenninico (del Giogo, appunto) che si presentava come una corsa in salita, circa 10 Km di tornanti e brevi allunghi.
Seguiva poi il tratto più pericoloso con la discesa fino a Firenzuola (12 Km) con un alternarsi continuo di curve impegnative e tratti con brusche accelerazioni, un incubo in caso di pioggia.
Da Firenzuola il tracciato saliva, fino a congiungersi a La Casetta con la Statale del Passo della Futa (SS65) che seguiva poi fino al passo in un tratto misto veloce di circa 15 Km per poi tuffarsi verso la pianura in pratica continuando a percorrere in senso contrario il classico tracciato della Mille Miglia che aveva imboccato proprio a La Casetta.
Una caratteristica del "Mugello stradale" era senz'altro il fatto che i piloti si allenavano sulle strade aperte al pubblico e non era infrequente per gli automobilisti impegnati a salire verso il Giogo o a scendere dalla Futa vedersi superare da una bianca Porsche 911 targata Stoccarda o da una GTA col quadrifoglio dell'Autodelta.
Altra caratteristica, a parte alcune edizioni "bagnate", era il caldo terribile, in particolare le edizioni corse nel '68, '69 e '70 si disputarono sotto un autentico solleone e non furono pochi i piloti che lamentarono problemi di disidratazione e alcuni si fermarono anche lungo il percorso per dissetarsi alla meglio.
Nel '68 Siffert fu costretto, dall'inadeguatezza del suo compagno Steinemann, a correre sei giri su otto, ma dopo il primo cambio era talmente esausto ed accaldato che svenne nei box.
Ancora peggio era nelle edizioni storiche anteguerra, quando al caldo (si è sempre corso in piena estate) si aggiungeva il tormento della polvere delle strade sterrate.

Questo era il Mugello, queste erano le corse anni '60.


13 maggio 1950, a Silverstone la prima gara di Formula 1

Silverstone 1950Nel 1950 viene introdotto un campionato piloti, la cui classifica viene stilata in base ai risultati conseguiti in sette gare:
Gran Bretagna, Svizzera, Monaco, Belgio, Francia, Italia e la 500 miglia di Indianapolis.
L'inclusione di quest'ultima gara viene fatta nel tentativo di promuovere la Formula 1 anche negli Stati Uniti ma la cosa, come si sa, non ebbe molto successo. L'Alfa Romeo si iscrive a questo campionato con un team composto da tre grandissimi piloti dell'ante guerra, Giuseppe Farina, Luigi Fagioli e Juan Manuel Fangio e, tranne per quest'ultimo, i primi due hanno ormai un'età nella quale, contro le giovani leve delle altre scuderie, possono far valere più che altro la loro grande esperienza. La scuderia che dà loro più filo da torcere è la Ferrari che però manca ancora di affidabilità e, alla fine, il campionato diventa una sfida tra i tre piloti dell'Alfa. La gara finale, a Monza, incoronerà il primo Campione del Mondo di Formula 1. Al via Fangio scatta subito in testa ma per essere poi costretto al ritiro da una rottura del cambio, dando così via libera a Farina che vince la gara ed il mondiale.



SILVERSTONE 1950 - ALFA ROMEO ALFETTA 158

Il campionato del 1951 pare iniziare allo stesso punto in cui si era interrotto quello del 1950, con l'Alfa ancora superiore alle altre scuderie, ma questa volta la Ferrari affianca, al suo pilota Froilan Gonzales, Alberto Ascari e Luigi Villoresi, famosi per le loro grandissime capacità! Fangio vince subito la gara di apertura in Svizzera ma il Gran Premio di Germania, reinserito quell'anno nel mondiale, vede Ascari primo sul traguardo. L'ultima gara a Pedrables in Spagna, parte con Fangio a 28 punti di vantaggio su Ascari e, con la possibilità di guadagnarne 25, l'esito del mondiale appare già scontato. Alberto Ascari conquista comunque la pole position ma in gara è costretto al ritiro a causa di problemi ai pneumatici. Fangio domina la gara ed agguanta il suo primo titolo iridato.
Fangio Sebbene la Ferrari abbia perso ancora, il loro distacco dall'Alfa va sempre più assottigliandosi. Da parte sua l'Alfa Romeo, a causa di motivi finanziari, non è in grado di sviluppare ulteriormente le monoposto e quindi di difendere il titolo: da qui la decisione di abbandonare. Nessuno si potrà immaginare che, fino agli anni 80, questa grandissima scuderia non riuscirà più a rientrare nel circus iridato. La stagione del 1952 si corre con vetture di Formula 2 che prevedono cilindrate di 500cc per i motori sovralimentati e di 2000cc per gli altri. La Ferrari domina questo campionato ed il successivo vincendo 30 delle 33 gare principali, ma Fangio non è in grado di difendere il titolo a causa di un incidente in una gara extra campionato che gli causa la rottura del collo. In sua assenza Ascari vince tutte le gare alle quali partecipa, conquistando il titolo mondiale. In quello stesso anno fa il suo debutto il team inglese Cooper-Bristol che ha scelto Mike Hawthorn come pilota di punta. Il 1953 è ancora dominato dalla Ferrari che vede come unico rivale Fangio, passato alla Maserati. Mike Hawthorn viene ingaggiato dalla Ferrari e si ritrova in squadra con due campioni del mondo, Ascari e Farina, e con un veterano d'eccezione, Villoresi; tre personaggi molto scomodi e determinati a mantenere il controllo della squadra. Ci riusciranno solo fino alla gara di Reims.



BINOMI VINCENTI  FORMULA 1

Ing. Mauro Forghieri - Enzo Ferrari

MOTORE PORTANTE

 La prima F1 a motore portante fu la Lotus 49, del 1967.
In pratica, il motore risultava elemento strutturale capace di sostenere il resto della scocca, le sospensioni e il cambio.
 La soluzione, in realtà, fu provata già col motore H16 BRM nella Lotus 43 del 1966 ma venne, effettivamente,
 introdotta da Chapman con il modello 49.

Tuttavia, sorge un dubbio sul fatto che la Lotus 49 sia stata realmente la prima vettura ad introdurre il concetto.
Secondo Forghieri, infatti, la "sua" Ferrari 512 F1 del 1964/1965 introduceva quella soluzione.
Infatti, secondo Forghieri il telaio (che non era tubolare ma una semplice monoscocca composta da pannelli) ricopriva una semplice funzione di rinforzo, mentre era effettivamente il motore l'elemento portante.
Sul punto, poi, si introducono ulteriori complicazioni.
 Ad esempio, si scopre, tornando ancora più indietro, che il concetto di motore che sostiene alcuni elementi è già presente
sulla Ferrari 158 F1 del 1964.
 Quindi per certi aspetti "portante".
Probabilmente, la soluzione del problema consiste nella differenza tra motore completamente portante
e motore parzialmente sostenuto da un telaio.


Monza - La Ferrari 158 F1 di John Sutees prima della partenza della gara nel 1964



 1964 - La nuova 158 debuttò nella seconda gara della stagione, il Gran Premio d'Olanda, dove John Surtees conquistò
              il secondo posto. Nel resto della stagione, John Surtees conquistò due vittorie, il GP di Germania e il GP d'Italia,
              due secondi posti e un terzo posto che, nonostante quattro ritiri, gli consentirono di vincere il mondiale piloti 
                                                                   con un solo punto di vantaggio su Graham Hill.


LOUIS ARMSTRONG ~ When You`re Smilin`~

Surtees Wins Grand Prix (1964)


1964 - Ferrari 158 F1
Telaio Monoscocca con pannelli in alluminio rivettati alla struttura tubolare
Sospensioni Ant. Ruote indipendenti, quadrilateri deformabili, molle elicoidali, ammortizzatori idraulici
Sospensioni Post. Ruote indipendenti, quadrilateri deformabili, molle elicoidali, 2 puntoni, ammortizzatori coassiali


Gran Premio d'Italia 1964
1 John Surtees Ferrari 158 78 2:10:51.8 1 9
2 Bruce McLaren Cooper T73-Climax 78 + 1:06.0 5 6 - 3 Lorenzo Bandini Ferrari 158 77 + 1 giro 



Le partenze erano con 4 macchine in prima fila, 3 in seconda fila, 4 in terza fila
 e cosi fino al completamento della griglia di partenza



 BINOMI VINCENTI  FORMULA 1




La Ford finanziò il progetto con 100.000 sterline.
Per realizzare il DFV si partì da un altro motore da corsa, l’FVA, anch’esso prodotto da Ford, già impiegato in Formula 2
 e a sua volta derivato dal motore della Ford Cortina Lotus.

Mike Costin e Keith Duckworth vennero chiamati in causa dai vertici Ford e Lotus all’inizio del 1966 per lo sviluppo di un motore studiato appositamente per correre in Formula 1. Una netta differenza con il passato dove accadeva che la maggior parte
dei motori derivavano direttamente dalla serie. Il loro compito era molto importante, perché sino a quel periodo i costruttori di auto inglesi godevano di una certa supremazia nel campo dello sviluppo telaistico e aerodinamico, mentre le case italiane, e particolarmente la Ferrari, erano molto abili soprattutto nella costruzione dei propulsori. In un’epoca in cui le configurazioni aerodinamiche non erano esasperate come oggi, poter disporre di un motore potente era basilare per poter lottare contro gli avversari, così lo scopo principale era quello di riuscire almeno ad eguagliare la concorrenza.Il propulsore era costruito totalmente in lega leggera d’alluminio, mentre il suo peso era di 163 kg.La distribuzione era a quattro valvole per cilindro, che venivano comandate da quattro alberi a camme in testa e azionati da una cascata di ingranaggi. La potenza erogata nella prima versione del 1967 era di circa 400 cv a 9.000 giri/min, mentre nelle ultime versioni del 1982-1983, si arrivò ad incrementarla di circa 100 cv.Il propulsore era costruito totalmente in lega leggera d’alluminio, mentre il suo peso era di 163 kg. La distribuzione era a quattro valvole per cilindro, che venivano comandate da quattro alberi a camme in testa e azionati da una cascata di ingranaggi. La potenza erogata nella prima versione del 1967 era di circa 400 cv a 9.000 giri/min, mentre nelle ultime versioni del 1982-1983, si arrivò ad incrementarla di circa 100 cv.





Nel 1967 la Lotus introdusse la Lotus 49, spinta dal Ford-Cosworth DFV V8, motore che dominò la Formula 1 per i successivi 15 anni. Come il Repco, il Cosworth era leggero e compatto ma era un autentico motore da corsa con l’uso di 4 valvole per cilindro e testate bialbero e garantiva molta più potenza. La Cosworth aveva puntato ai 400 cavalli di potenza che il motore aveva addirittura dimostrato di superare nelle prime prove. Il motore DFV era stato progettato per essere portante (una idea pionieristica la ebbe la Lancia con il modello D50). Questo permise a Chapman di progettare una monoscocca che terminava subito dopo il sedile del pilota mentre la Brabham usava una struttura tubolare molto classica che sosteneva motore, la scatola del cambio e le sospensioni posteriori.







Il primo pilota ad avere vinto una gara col DFV è stato Jim Clark con la Lotus 49 nel 1967 (Gp d’Olanda),
 mentre l’ultimo Michele Alboreto nel 1983 con la Tyrrell, ( Gp Usa-Est).

Nel 1967, anno della sua presentazione, la Lotus 49 esibiva la livrea classica della Lotus: verde British con striscia gialla centrale.
 Nei 16 mesi successivi la si poteva osservare fregiarsi di sponsor e dei nomi dei piloti sopra lo schema base.


Graham Hill è stato il primo a vincere il mondiale col DFV, nel ’68 sempre con la Lotus, mentre Keke Rosberg
con la Williams,
è stato l’ultimo ad ottenere il mondiale con questo motore nel 1982.






La fine del millennio ha portato con sé una serie di lutti. Dopo la triste notizia della morte
di John Cooper alla vigilia di Natale, mercoledì 26/2000 è morto Walter Hayes all'età di 76 anni



Inventore del motore Cosworth DFV (Double Four Valve)), Walter Hayes aveva dato alla luce il motore che avrebbe ottenuto il più grande numero di vittorie di tutta la storia della Formula 1.

Walter Hayes era entrato alla Ford nel 1962, e presto si è ritrovato ai comandi di grandi progetti sportivi per la compagnia americana, negli anni '60 e '70. La sua carriera lo ha portato fino alla vice-presidenza della Ford Europe, e Walter Hayes è così diventato un'autorità nel suo campo.
 
Si era ritirato dal suo impiego a metà degli anni '80, lasciando dietro di lui il ricordo di un uomo dalle decisioni sagge ed efficienti. Rimarrà nelle memorie come colui che ha incoraggiato il finanziamento e la produzione del motore più premiato della F1, il famoso Cosworth DFV. Il successo del DFV non è affatto dovuto al caso. La sua nascita viene dalla congiunzione, negli anni '60, di talenti fuori norma nella storia degli sport automobilistici. Il celeberrimo Colin Chapman è all'origine del progetto. Un pò stanco e scoraggiato di veder sempre vincere i potentissimi motori Ferrari e BRM, il geniale direttore della Lotus ha chiesto agli ingegneri Costin e Duckworth di preparare il progetto di un nuovo motore, che doveva essere potente e compatto. Colin è andato a trovare i costruttori desiderosi di essere coinvolti in questa avventura. Ed è stato Walter Hayes ad accogliere la sua proposta, e a decidere di finanziarla.

Il blocco, progettato inizialmente da Kevin Duckworth e Mike Costin, ha riportato la sua prima vittoria nella F1 a Zandvoort, facendo così uno straordinario debutto con Jim Clark al volante, nel Gran Premio dei Paesi Bassi del 1967. Il DFV ha ottenuto così tutte le pole positions della stagione 1967, grazie a Jim Clark e a Graham Hill. In seguito il nuovo Cosworth ha collezionato i più grandi titoli, permettendo ai piloti che lo guidavano di salire sul podio per ben 155 volte. L'ultima vittoria risale al 5 giugno del 1983, sulla Tyrrell di Michele Alboreto, ma ancora oggi il DFV è il motore più premiato della F1, davanti alla Ferrari ed alla Renault, che hanno ottenuto rispettivamente 135 e 95 vittorie.




BINOMI VINCENTI  FORMULA 1
Enzo Ferrari - Alberto Ascari


La stagione 1952, è una stagione di rilevo anzitutto dal punto di vista, per così dire politico, infatti la federazione che gestisce la formula uno emette un rigoroso regolamento che prevede delle notevoli limitazioni tecniche per le vetture iscritte al mondiale. La Ferrari si presenta con il modello 500, progettato, ancora una volta, dall'ingegner Lampredi; è una vettura innovativa, estremamente competitiva ed affidabile, indubbiamente la più accreditata al titolo. Si parte, nuovamente da Berna, in occassione del primo Gp mancano all'appello i due grandi del momento: Fangio è in attessa di un'adeguata offerta da un'altra scuderia, a seguito del ritiro dalle corse dell'Alfa Romeo; mentre Ascari si accinge a partecipare alla cinquecento miglia di Indianapolis; la presenza della Ferrari negli Stati Uniti ha più che altro uno scopo promozionale, infatti la Ferrari comincia a produrre auto sportive stradali, e il popolo americano rappresenta un ottimo target di vendita. Dal punto di vista sportivo è dunque, quasi, irrilevante la gara americana che si conclude infatti con il ritiro di Ascari dopo un inizio decisamente poco brillante. Intanto a brillare è l'altra Ferrari quella guidata da Taruffi che a Berna stravince. Al rientro di Ascari le cose si rivelano essere davvero molto semplici, Ascari è uno dei migliori piloti in circolazione, la vettura è di gran lunga superiore a tutte le altre.... la vittoria sembra essere la più facile copnseguenza di tutto ciò; infatti sarà così il modello 500 comincia a collezzionare vittorie a ripetizione e senza alcuna difficolta. C'era solo un uomo davvero in grado di tener testa ad una furia come Ascari, si tratta del campione del mondo Juan Manuel Fangio; l'argentino purtroppo sarà coinvolto in un spaventoso incidente stradale, che fortunatamente non metterà fine alla sua carriera ma che sicuramente renderà impossibile la sua presenza nella stagione corrente. Per la Ferrari e per Ascari è davvero tutto molto semplice, vincono anche con una gara d'anticipo e partecipano a Monza con la certezza del titolo..... sembra più una parata che una gara. Nel 1952, così la Ferrari vince per la prima volta un titolo mondia... lo fa alla sua maniera, in grande stile, vincendo, con Ascari sei gare su otto... è solo l'inizio di una meravigliosa favola!!!

1952 - Ascari Ferrari 500 F2  Modena
                       1951 Alberto Ascari -Monza
1953 13 settembre GP Italia   1953 GP Belgio     

La stagione 1953 comincia con un nuovo gran premio, si corre infatti a Buonos Aires il Gran Premio d'Argentia, per la prima volta in assoluto, quasi tutte le scuderie si apprestano a correre su un circuito oltre oceano. L'appuntamento è a Gennaio, in Argentina è piena estate, il pubblico sudamericano accoglie l'evento con notevole entusiasmo, giungono in massa da tutta la nazione per ammirare i loro beniamini Fangio e Gonzalez. La Ferrari affida le sue quattro vettura a Nino Farina, Villoresi, Hawthorn (neo acquisto) ed al campione del mondo in carica Alberto Ascari. L'ex campione del mondo argentino Fangio ed il suo connazionale Gonzalez hanno invece trovato posto presso una scuderia emergente, si tratta della Maserati. Al via, come da copione, Alberto Ascari crea il vuoto, la sua Ferrari 500 è indubbiamente l'auto più competitiva in assoluto, seppure abbia subito delle sostanziali modifiche, il telaio è rimasto pressoché invariato. Il passo che impone Ascari alla gara è impressionate nessuno riesce a contenere l'asso italiano; agonisticamente si tratta dunque dell'ennesima cavalcata solitaria Ferrari, ma purtroppo il primo Gp d'Argentina non è solo questo: Il calore del pubblico, come evidenziato precedentemente, è molto intenso, le norme di sicurezza del circuito sono pressoché inesistenti, ecco dunque che al trentaduesimo giro la tragedia si compie: Farina nell'intento di schivare un bambino che attraversa la pista finisce sul pubblico assiepato sul tracciato, il bilancio è pesantissimo: innumerevoli feriti ed una dozzina di morti... nonostante ciò la gara continua indisturbata. Al traguardo il primo è Ascari seguito da Villoresi. In Olanda e Belgio è ancora Ascari a dominare sbaragliando decisamente la concorrenza.... in Francia invece è ancora una Ferrari a vincere ma al volante, stavolta, non c'è l'asso italiano, bensì l'ultimo arrivato la nuova promessa della formula uno, l'inglese Mike Hawthorn. Il gran premio dapprima sembra aver preso la solita e consueta "piega", ma a circa trenta giri al termine Fangio e Hawthorn hanno la meglio su Ascari, i due proseguono, sino al traguardo dando vita ad uno spettacolare duello: l'inglese sembra essere più veloce ma l'esperienza di Fangio lo ostacola nettamente, il sorpasso sembra non essere possibile, ma a qualche giro dalla fine Hawthorn si accorge che l'argentino non usa mai la prima marcia per affrontare le curve più lente, è evidente che la sua Maserati abbia un problema meccanico, Hawthorn sfrutta a suo favore questo fattore tirando le curve più che può e costringendo Fangio a frenare al limite, ovviamente nell'uscita di curva il pilota Ferrari, a differenza, del pilota Maserati può ingranare tranquillamente la prima marcia ed usufruire di un uscita molto più veloce.... il sorpasso è fatto. Per la prima volta a vincere un Gran Premio è un pilota inglese. In Inghilterra e in Svizzera vince ancora Ascari che si aggiudica con due Gran Premi d'anticipo sulla fine della stagione il secondo tiotolo mondiale: La Ferrari è così, accanto all'Alfa Romeo la scuderia con il maggior numero di mondiali vinti... e Ascari è il primo pilota della storia ad aver vinto due titoli!! I due Gran premi finali si svolgono in Germania ed in Italia, il primo se lo aggiudicherà Farina (sarà la sua ultima vittoria in carriera), mentre il secondo, sarà vinto da Fangio, complice un incidente che toglie di mezzo tutte e quattro le vetture del cavallino. La stagione è ormai conclusa, il binomio Ferrari-Ascari sembra imbattibile e consolidato, ma così non è....... Si affacciano sulla Formula uno altre grandi case costruttrici: la Mercedes, l'Alfa Romeo (pensa ad un ritorno in grande stile) e la Lancia, quest'ultima diretta da un audace Gianni Lancia. Da subito le preoccupazioni di Ferrari riguardano, proprio la Lancia, l'azienda italiana infatti oltre a disporre di personale altamente qualificato può contare su un oneroso budget..... che spende, volentieri per accaparrassi il miglior pilota in circolazione: il campione del Mondo Alberto Ascari. Alberto fa presente a Ferrari l'offerta ricevuta ed ammette esplicitamente di voler mantenere il suo posto in scuderia in cambio di un piccolo ritocco contrattuale, ma il Drake è inamovibile... dopo ore, giorni.. mesi di trattative a Dicembre..... Ascari parla per l'ultima volta con Ferrari: esce dall'ufficio dell'ingegnere saluta i compagni e scoppia in lacrime; dopo due giorni è ufficiale: Ascari è il primo pilota Lancia. Si scioglie così l'invincibile binomio che aveva dominato nettamente la formula uno in quegli anni.... Alberto Ascari non salirà mai più su una vettura del cavallino.
 

BINOMI VINCENTI  FORMULA 1
 Colin Chapman - Jim Clark

Jim Clark riceve le congratulazioni dall'attrice italiana Monica Vitti
 dopo aver vinto il Gran Premio d'Olanda 1965



Anthony Bruce Colin Chapman nasce a Richmond il 19 maggio 1928, si laurea in ingegneria, diventa pilota della RAF per poi passare alla Vauxhall: in questo periodo, il giovanissimo Chapman matura l'idea di voler creare una propria vettura. Sogno che realizza nel '48 sulla base di una vecchia Austin Seven: la vettura si chiama Lotus Mark 1. A questo modello ne seguiranno altri con i quali lo stesso Chapman partecipa a gare di club, finché, nel '54, viene creato il Racing Team Lotus: la squadra che da lì a poco comincerà a imporsi nell'agone internazionale. Sbocco naturale per un geniaccio della meccanica quale era Colin Chapman è ovviamente la F.1, e il debutto nella categoria regina delle corse avviene nel GP di Montecarlo del 1958 con una evoluzione della Lotus 12: i piloti sono Graham Hill e Cliff Allison, ma è il 1960 l'anno del salto di qualità per la scuderia britannica per due ragioni: le prime due vittorie iridate con Moss a Montecarlo e Riverside, e l'arrivo in squadra di Jim Clark, il profeta che farà diventare grande la Lotus.

Clark taglia vittoriosamente il traguardo del GP di Francia 1965
Ancora grande lotta nel campionato del 1965. A Hill e Surtees si aggiunge l’altro scozzese Jackie Stewart.

Clark regola
gli avversari con un’impressionate strisciata iniziale di 6 vittorie (5 consecutive) e la debacle tecnica degli ultimi
 tre Gran Premi non gli impedisce di vincere il
secondo titolo mondiale.
Sempre nel ’65 Chapman lo riporta ad Indianapolis e questa volta vincono alla grande conducendo praticamente per tutta la corsa.


Il 1966 trova la Lotus impreparata all’introduzione dei nuovi motori da 3000 cc e la stagione diviene un calvario. Nelle tre gare in cui
 non si ritira (6), Clark è 4°(Gran Bretagna), 3° (Olanda) e vince in U.S.A. Il Mondiale va all’australiano Jack Brabham.


L’anno successivo inizia con i migliori auspici, Clark vince subito in Sud Africa e la stagione si presenta in discesa.
Ma il destino ha deciso diversamente. Poche settimane dopo Jim Clark muore in un incidente, mai completamente chiarito, schiantandosi contro un albero in una gara di Formula 2 sul circuito di Hockenheim.


A 32 anni aveva vinto con tutte le auto con cui si era cimentato. In Formula 1 si aggiudicò 25 Gran Premi dei 72 disputati, ottenendo 33 pole position e 28 giri veloci in gara. Tutto ciò in un periodo in cui il pilota faceva ancora la differenza.


 BINONI VINCENTI FORMULA 1
Ayrton Senna - Ron Dennis

Ron Dennis:

Ayrton Senna era un pilota straordinario.
La sua abilità, astuzia, sottigliezza e il suo coraggio erano di una grandezza tale che egli ha segnato questa generazione di piloti.

[Quando andò alla Williams] Era come se venisse ceduto in prestito temporaneo. Era quello che sentivo, era quello che sentiva anche lui.
Non ci furono accordi formali, ma lui sarebbe tornato. Non era una cosa impossibile. Per noi era meglio ricostruire il team. 
Per lui era meglio che andasse via, che continuasse a vincere e che tornasse cambiato come persona. Penso che sarebbe rimasto a lungo
in F1 e quando, alla fine, si sarebbe ritirato, lo avrebbe fatto su una McLaren. Di questo sono assolutamente certo.

Entrambi [Senna e Prost] volevano vincere, entrambi sapevano che la nostra filosofia era fornire a ciascun pilota lo stesso equipaggiamento
e che volevamo avere due prime donne. La competizione all’interno del team era fantastica per il team stesso. 
Naturalmente le loro personalità erano molto diverse e, inevitabilmente, questo portò a qualche attrito occasionale.


Non sono una persona particolarmente emotiva, ma questi ragazzi [Senna e Prost] hanno dato tutto. Davano sempre il cento per cento in pista e anche ai box. Questo dà l’idea delle loro personalità, e quando due persone ragionano, due persone che mi piacevano molto e delle quali mi preoccupavo molto, questo non può che provocarti emozioni.
Ci furono periodi molto difficili nella sua carriera in F1, periodi con i quali lottò, che non avevano nulla a che fare con la competitività o con la mancanza di competitività, ma piuttosto con la politica dei Gran Premi. 

Ad un certo punto aveva deciso di ritirarsi. Non gli ho mai detto di non farlo. Ne parlammo insieme, discutemmo delle alternative e alla fine la sua passione per le corse ebbe la meglio sugli aspetti che non gli piacevano in questo sport. Solo una cosa disprezzò sempre: la politica.



BINOMI VINCENTI  FORMULA 1
JEAN TODT - MICHAEL SCHUMACHER

Michael Schumacher (Hürth, 3 gennaio 1969) è un ex pilota automobilistico tedesco, il più vincente campione della Formula 1 e in generale uno dei più grandi automobilisti sportivi di tutti i tempi. Ha conquistato 7 titoli mondiali: i primi due con la Benetton (1994 e 1995) e successivamente cinque consecutivi con la Ferrari (2000, 2001, 2002, 2003, 2004).

Schumacher detiene la gran parte dei record della Formula 1, avendo conseguito, oltre ai titoli iridati, anche il maggior numero di Gran Premi vinti, di Pole position, di Giri Veloci in gara, di Hat Trick (pole position, vittoria e giro più veloce nella stessa gara). Dotato anche di grandi doti da collaudatore in grado di far crescere le proprie vetture, Schumacher è stato anche il primo tedesco a divenire campione del mondo di Formula 1 ed è stato l'icona più popolare nella Formula 1 fino al 2006, secondo un sondaggio effettuato dalla FIA.

Jean Todt:
"Quando sono arrivato in Ferrari, nel 1993," ha spiegato Todt, "ho iniziato a portare avanti un progetto che aveva molteplici scopi: riunire a Maranello tutte le attività legate alla Formula 1; creare strutture all’avanguardia; cercare persone di eccellenza per tutti i ruoli; reperire le risorse economiche necessarie per raggiungere i nostri obiettivi e scegliere partner tecnici di valore assoluto.
 C'è poi un ingrediente che nessun manager di successo può creare senza il contributo di tutti :
 lo spirito di squadra.
Credo che il mio compito principale sia proprio quello di indirizzare le energie di tutti nella stessa direzione perché una barca a vela in balia di venti contrastanti è destinata a restare ferma, se non a tornare indietro."

 



Il Gran Premio degli Stati Uniti 1966 fu una gara di Formula 1, disputatasi il 2 ottobre 1966 sul Circuito di Watkins Glen. 
Fu l'ottava prova del mondiale 1966 e vide la vittoria di Jim Clark su Lotus-BRM, seguito da Jochen Rindt e da John Surtees.

Fu l'unico successo per il pesante motore 16 cilindri BRM che verrà abbandonato sia dalla Lotus che dalla BRM l'anno successivo.

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 Questo motore potrebbe venire considerato come originato dalla disposizione a tandem di due motori, un motore superiore
ed uno inferiore,
a cilindri contrapposti o del tipo boxer.

I due motori mantengono ognuno il proprio albero motore e questi due alberi sono uniti ad un ulteriore sistema che permette di trasferire
la potenza generata alla vettura o, nel caso di impiego in aviazione, al velivolo.


"Bentleys Boys"


22 giugno 1930 - Bentley Woolf  Barnato e Glen Kidston vincitore della 24  Ore di Le Mans.

La premiazione sul podio

La 24 Ore di Le Mans 1988 è stata la 56ª maratona automobilistica svoltasi sul Circuit de la Sarthe di Le Mans, in Francia, il 11 e il 12 giugno 1988, valevole come 5ª prova del Campionato del Mondo Sport Prototipi 1988. Hanno gareggiato assieme 3 classi di automobili da competizione, ognuna delle quali ha avuto il suo vincitore. Tutte vetture erano Sport Prototipi: la maggior parte erano costruiti secondo le norme FIA di Gruppo C, suddivisi in classi C1 e C2; è stata inoltre consentita la partecipazione di alcune vetture di classe GTP, costruite in base ai regolamenti IMSA.


12 giugno 1998: I vincitori della storica 24 Ore di  Le Mans:  Dumfries / Lammers / Wallace su Jaguar XJR9

Applausi ai vincitori
La storia della 24 ore di Le Mans comincia nel 1923 su un circuito molto veloce di 17 km e 262 metri. Al via c’erano 33 macchine di cui 30 riescono a concludere la corsa. A quei tempi erano gli stessi piloti che dovevano provvedere a riparare da soli i guasti meccanici potendo usare solo gli attrezzi che riuscivano a portare con se in auto. La prima storica vittoria è appannaggio di Lagache e Leonard a bordo di Chenard&Walcker, con una media di 92 chilometri all’ora. Le successive edizioni sono un affare privato della Bentley, che centra il successo nel 1924, e ancora dal 1927 al 1930 grazie ai famosi “Bentleys Boys”.




MV Agusta Motor S.p.A., nata come Meccanica Verghera Agusta, è un'azienda italiana che ha prodotto in proprio motociclette commerciali e da competizione dal 1945 al 1977.


Nata come Società Anonima nel 1945 diventa nel 1952 Società a responsabilità limitata per poi nello stesso anno assumere
la denominazione definitiva di Società per azioni. Il marchio fu acquisito, nel 1992, dalla Cagiva di Schiranna 
(frazione di Varese); nell'agosto del 2008 è passato al gruppo Harley-Davidson che a sua volta, nell'agosto 2010,
l'ha ceduto nuovamente allo stesso Claudio Castiglioni, ex proprietario del marchio Cagiva.

Il suo nome è particolarmente legato alle competizioni motociclistiche: in quelle del motomondiale si è aggiudicata dal 1952 al 1974 75 titoli iridati (38 piloti e 37 costruttori), cosa che ne fa la casa motociclistica europea più vincente di ogni epoca.
1946 MV Agusta 98 (A2-04)
La MV Agusta 98 è una moto molto semplice, il suo motore a due tempi  ha un cambio  a soli due rapporti ed utilizza un preselettore esterno: tecnicamente il propulsore non ha caratteristiche tecniche innovative ed è molto simile ad altre realizzazioni deli anni '40. Il raffredamento è ad aria co l'alettatura particolarmente estesa e la candela di accensione posta quasi in centro alla camera di combustione . Il telaio è in sottili tubi di acciaio ad alta resistenza, è rigido nella parte posteriore e il confort di marcia è affidato unicamente alle molle della larga sella monoposto e alla forcella del tipo a parallelogramma.

Nel 1945 vide la luce la prima MV Agusta, la "98" in versione "Turismo" i cui progetti esecutivi e stampi di fusione erano stati approntati alla fine del 1943 e il motore girava sul banco di prova già nel 1944. Curioso il fatto che questa moto fu presentata come "Vespa 98". la denominazione era stata personalmente scelta dal conte Domenico Agusta, ispirato dal sottile e acuto ronzio prodotto dal piccolo propulsore a due tempi. Dopo le prime notizie della stampa, la MV Agusta ricevette la formale diffida all'uso della denominazione "Vespa", da parte dei fratelli Balsamo che l'avevano depositata per il loro modello Miller Vespa del 1934.. Un tempo conclusa la vertenza legale, i fratelli Balsamo alienarono la denominazione "Vespa" alla Piaggio che la utilizzo per il suo nuovo scooter, destinato a diventare particolarmente noto a livello mondiale.

Le consegne della "98" iniziarono l'anno successivo, quando MV Agusta iniziò anche la sua attività agonistica sportiva. L'esordio vincente avvenne nella gara di regolarità con la MV98 a 3 Velocità, il 6 ottobre a La Spezia. Vittoria replicata sette giorni dopo in circuito a Valenza (AL), sull'onda delle quali venne prodotta la 98 Sport, dotata di forcella telescopica, telaio più corto, assetto ribassato, motore più potente (quasi 5 CV).

Nel 1947, al Salone di Milano, la MV Agusta si presentò con una nutrita serie di novità: la "98 Turismo Lusso" con cambio a 3 velocità, la "Zefiro" con motore 2 tempi bicilindrico di 125 cm³ (rimasta a livello prototipico) e la "250" con motore monocilindrico a 4 tempi. L'anno successivo avvenne la partecipazione al Campionato Italiano Velocità 125 con la 125 Tre Marce derivata dalla 98.



Vittorie all'ultimo giro.

Quello di Mika Hakkinen al G.P. di Spagna 2001, non è certo il primo caso di un pilota colpito dalla sfortuna, sotto forma di un problema meccanico alla propria monoposto, all’ultimo giro di un Gran Premio iridato di Formula 1. Ecco tutti i precedenti di coloro che hanno perso una gara di campionato del mondo negli ultimissimi metri.

12 dicembre 1959, Sebring (Stati Uniti)
Jack Brabham, neocampione del mondo con la Cooper, domina il primo Gran Premio degli Stati Uniti ma all’ultimo giro rimane senza benzina e si ferma lungo il percorso. Viene superato dai compagni di squadra Bruce McLaren, che va a vincere, e Maurice Trintignant, e dal ferrarista Tony Brooks, e arriva al traguardo a piedi spingendo la propria vettura e staccato di cinque minuti dal vincitore.

14 giugno 1964, Spa Francorchamps (Belgio)
A due giri dalla fine Dan Gurney (Brabham), in testa alla gara, rientra ai box per rifornirsi ma viene fatto ripartire perché non c’è più benzina: si fermerà lungo il tracciato. Passa al comando Graham Hill (BRM), che a metà dell’ultimo giro si ferma anch’egli per un guasto alla pompa della benzina. E’ in testa ora McLaren (Cooper), al quale si rompe la cinghia dell’alternatore prima dell’ultima curva, il tornante La Source. Il rettilineo finale è in discesa e il neozelandese spera di passarlo anche a motore spento, ma viene superato di slancio a 100 metri dall’arrivo dalla Lotus di Jim Clark.

10 settembre 1967, Monza (Italia)
Forse la gara più incredibile della storia. Clark (Lotus), in testa dopo 13 giri, si ferma per cambiare una gomma afflosciatasi e riparte con un giro di ritardo. Si sdoppia dai battistrada, li raggiunge e li supera a poche tornate dalla fine. All’ultimo giro è nettamente davanti a John Surtees (Honda) e Brabham (Brabham), unici superstiti del gruppo di testa, ma alla curva Ascari viene sfilato dai due, che vanno a giocarsi il successo in volata. Vincerà Surtees, mentre Clark arriverà con oltre 20 secondi di distacco, senza benzina!

9 giugno 1968, Spa Francorchamps (Belgio)
Jackie Stewart (Matra) ha un vantaggio di mezzo minuto su McLaren (McLaren) ma all’inizio dell’ultimo giro rientra ai box per rifornirsi. La sosta va per le lunghe e nel frattempo la corsa termina con la vittoria di McLaren. Stewart è classificato quarto, staccato di un giro.

10 maggio 1970, Montecarlo (Monaco)
Brabham (Brabham), al comando davanti a Jochen Rindt (Lotus), a 15 giri dalla fine comincia ad accusare noie ai freni e rallenta vistosamente. All’ultimo giro Rindt gli è vicino. Brabham, pressato, alla curva del gasometro, l’ultima, va a sbattere contro il guard-rail. Rindt lo supera e va a cogliere un insperato successo, l’australiano è secondo.

18 luglio 1970, Brands Hatch (Gran Bretagna)
Nuova beffa di Rindt ai danni di Brabham. Il pilota-costruttore sorpassa l’austriaco a 12 giri dalla fine. All’ultima tornata ha 14’’ di vantaggio sul rivale ma improvvisamente rimane senza benzina. Rindt lo sorpassa spietatamente e sul traguardo lo sopravanza di oltre mezzo minuto.

17 giugno 1973, Anderstorp (Svezia)
Ronnie Peterson (Lotus) resiste per tutta la gara agli attacchi di un gruppetto formato da Denny Hulme (McLaren), Emerson Fittipaldi (Lotus) e Stewart (Tyrrell). A 4 passaggi dalla conclusione Fittipaldi e Stewart si ritirano per problemi al motore. Resta solo Hulme, che all’ultima tornata approfitta delle difficoltà di Peterson con la tenuta di strada della sua monoposto per superarlo in extremis.