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ALTRI ANNI
Formula 1: I migliori di tutti i
tempi |
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Clark - Senna - Schumacher - Prost |
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Qual è il miglior pilota di
Formula 1 di tutti i tempi?
Domanda difficile, epoche troppo
differenti, avversari diversi e un gusto personale che può
far cadere la scelta su tanti, troppi campioni.
Ma scegliere i migliori di tutti i tempi non dovrebbe essere
così difficile.
Il quotidiano inglese, infatti, ha pubblicato la classifica dei 50
migliori piloti di tutti i tempi. E le scelte lasciano, a dir poco,
basiti. Non discutiamo il podio, attribuito a Jim Clark, ma, come
detto, votare il migliore in assoluto è impossibile e sia
Clark sia Senna e Schumacher sarebbero candidati più che
validi al primo posto. Ma andiamo oltre.
Quarto si classifica Alain Prost. Il professore è stato
l’altro lato della medaglia del Sennismo tra gli anni
’80 e ’90. Ma basta ciò a farlo stare ai
piedi del podio? Fangio non è stato più forte,
più personaggio e più campione di lui? Dubbi che
sono quasi certezze. Ma è scendendo la classifica che i
giornalisti della perfida Albione danno il meglio di loro.
Solo undicesimo, infatti, l’italiano Ascari, uno dei pionieri
della Formula 1. Davanti a lui, incredibilmente, campioni sicuramente
meno importanti come Hakkinen o Alonso. E Niki Lauda? Solo
quattordicesimo, preceduto addirittura dal finlandese Kimi Raikkonen,
campione del mondo, sì, ma non certo un pilota che
verrà ricordato. Il ferrarista precede anche Nelson Piquet e
il grande
Gilles Villeneuve, solo diciannovesimo.
Villeneuve, uno dei piloti che hanno fatto innamorare milioni di
spettatori, è preceduto anche da Jenson Button. Ebbene
sì, il campione del mondo in carica, secondo il Times, vale
la sedicesima piazza. Da paracarro a campionissimo in una stagione?
Button ha meritato il titolo, ma ha vinto soprattutto perché
la Brawn Gp non ha avuto concorrenti.
Leggendo i nomi di Button, di Raikkonen, di Rindt, di Hakkinen o di
Mansell fa specie notare che, invece, sono diversi i campioni rimasti
fuori dalla Top 20. Chi? Per esempio Clay Regazzoni, Jackie Ickx
(preceduto anche da Rubens Barrichello!!!), Jody Scheckter, John
Surtees, Mario Andretti o Emerson Fittipaldi. Insomma, nomi che hanno
fatto veramente la storia di questo sport,
ma che per gli inglesi non esistono.
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Storia della Formula 1
I primi anni (1946-1949)

Torino 1° settembre 1946 - Parco del Valentino
Jean-Pierre Wimille su Alfa Romeo 158 n. 52 e Giuseppe Farina Alfa Romeo 158 n.8
Scorcio del viale di accesso al Borgo Medioevale del Parco del Valentino di Torino. Su un circuito
ricavato da queste strade, nel 1946 si disputò la prima gara assoluta per vetture di Formula 1
La Formula 1 venne creata nel 1946 dalla Commissione Sportiva Internazionale (CSI) della FIA,
antecedente della FISA, come la classe più alta di corse
automobilistiche per monoposto scoperte dell'automobilismo mondiale.
All'inizio era conosciuta come Formula A – denominazione usata attualmente per la categoria più alta del karting
– ma ne venne cambiato il nome dopo appena due anni. L'idea di
organizzare un campionato mondiale piloti venne formalizzata nel 1947,
ma già nel 1939 la vecchia AIACR, con il cambiamento del sistema di punteggio avvenuto nel Campionato Europeo Piloti, stava cominciando a pensare a questa soluzione. Lo scoppio del conflitto bloccò temporaneamente tutti i programmi.
Negli anni '30 il regolamento per le vetture da Grand Prix era
invece basato sul peso massimo della vettura, fissato a 750 kg. Non
c'erano limiti per quanto riguardava la cilindrata o il tipo di motore.
Si sfidavano dunque vetture con motori potentissimi, come nel 1936:
propulsori di 3.8 litri (Alfa Romeo), sia di 5.6 litri a V12 (Mercedes) e
infine quelli a 6.0 litri della Auto Union. Nel 1938 la cilindrata
venne limitata a 3.0 litri. Venne però istituita anche la categoria
"vetturette" con motore 1,5 sovralimentato. Tra queste vi era l'Alfa Romeo 158 che dominerà la scena sino al 1951.
Il nuovo regolamento del 1946 prevedeva un nuovo equilibrio per le vetture tra i motori supercompressi e aspirati. Vennero ammessi i tipi di motore aspirato da 4.5 litri, e quello supercompresso da 1.5 litri delle "Voiturette" d'anteguerra.
La prima corsa
disputata con questi nuovi regolamenti si disputò in Italia, e
precisamente a Torino il 1º settembre del 1946, il Gran Premio di
Torino, disputato sul Circuito del Valentino – il nome è
preso dal Parco del Valentino, dove le vetture correvano sui viali
adiacenti al Borgo Medioevale – e venne vinta da Achille Varzi
alla guida di una Alfa Romeo 158 detta Alfetta,
anche se in realtà le macchine non avevano subito grandi cambiamenti da
quelle che avevano corso le stagioni precedenti. Quella di Varzi era
stata progettata e costruita prima della guerra.
I Campionati per i Piloti e quello per i Costruttori non vennero
immediatamente reintrodotti. Nei primi anni si gareggiavano intorno alle
20 corse, tenute in Europa dalla tarda primavera ai primi di autunno, e
l'esempio del circuito cittadino di Torino venne seguito
immediatamente, oltre che in Inghilterra, da Milano, Bari, Sanremo,
Pescara, Siracusa, Napoli e Modena in Italia; Nizza, Marsiglia, Albi,
Pau, Comminges e Parigi in Francia; e infine dal circuito di Chimay in
Belgio dove si disputava il Grand Prix des Frontieres.
In particolare
il circuito cittadino di Ospedaletti, che ospitò dal 1948 al
1951 il Gran Premio di Sanremo per vetture di Formula 1 e in seguito
per altri tipi di vetture, fu l'ultimo dei circuiti stradali cittadini
di quel periodo a chiudere i battenti nel 1972. Le vetture più
competitive venivano dall'Italia, in particolare l'Alfa Romeo. Nel
periodo 1946–1949 si assisteva al tramonto della carriera dei
vecchi piloti anteguerra come lo stesso Varzi, Jean-Pierre Wimille e
Tazio Nuvolari, mentre piloti come Ascari e Fangio iniziavano a farsi
notare.
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Piloti che corrono oltre il limite
Ci sono piloti che corrono oltre il limite. Oltre
ciò che la meccanica può sopportare. Piloti che
spingono la propria vettura e sé stessi in una situazione
“precaria”, nella quale l’errore
è dietro l’angolo. Castellotti, Rosemeyer, Senna, Mansell, Gilles Villeneuve sono (esempi
di) piloti che hanno corso così, senza darsi dei limiti,
senza calcolare il limite del mezzo meccanico. Prendiamo Castellotti, uno degli “indisciplinati”,
di cui Delli Carri ci racconta magistralmente: durante la Targa Florio
del 1956 era in coppia con Collins. Il pilota di Lodi spinse
così forte nei primi giri che provocò un
cedimento meccanico. Fu così che Collins gli
raccomandò di essere più leggero col piede, la
prossima volta. Oppure a Monza, sempre quell’anno, quando nel
folle inseguimento a Musso distrusse le sue gomme e rischiò
grosso in un incidente. Castellotti si giustificò col fatto
che era stato Musso a scegliere quella folle tattica. Però
Lui gli era andato dietro, senza riflettere sul fatto che, con una
gestione più intelligente del mezzo, avrebbe potuto avere la
meglio. La sua spregiudicatezza, però, gli regala un
successo incredibile, quello alla Mille Miglia del 1956, vinta
percorrendo l’ultimo tratto sotto al diluvio, con
un’auto scoperta e gli occhiali rotti. Castellotti aveva
spinto tutta la gara, e continuò a spingere fino alla fine,
anche se nel finale si trovò a guidare quasi alla cieca per
colpa della pioggia.
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Oppure, prendiamo Bernd Rosemeyer, che nel 1935 regalò
spettacolo nelle corse da Gp. A Pescara, quell’anno, fece un
incidente incredibile, nel quale saltò un fosse infilandosi
tra un palo e il parapetto di un ponte. Bernd era un pilota veloce, ma
la sua aggressività nella guida non faceva i conti con la
necessità di salvare le gomme (sproporzionate, un
po’ come tutto sulle auto da Gp degli anni ’30,
rispetto alla potenza delle vetture stesse). Così, ad
esempio, accadde al Nurburgring nel 1935. Però solo un
pilota di questo genere poteva domare le incredibili Auto Union a
motore posteriore, così difficili da guidare.
Se sulle Cooper il motore centrale rientrava in una logica di
distribuzione del peso, sulle Auto Union, il motore collocato alle
spalle del pilota rendeva la guida impossibile. Tanto è vero
che quando Forghieri insisteva presso Ferrari perché
seguissero la scuola inglese e adottassero il motore centrale, il Drake
portava l’esempio delle inguidabili Auto Union, per
dimostrare che quella soluzione non era poi così buona.
Ma torniamo al buon Rosemeyer: un’altra impresa del tedesco
è la vittoria al Nurburgring (Gp dell'Eifelrennen) del 1936,
quando vince in condizioni di visibilità pessime, staccando
a memoria nelle curve. Un’impresa che sarà
ripetuta nel 1968 da Stewart, che vinse in condizioni simili. Stewart,
però, sapeva bene quali rischi si correvano al Nurburgring
(che definì l’inferno verde). Rosemeyer, invece,
ragionava meno sull’esistenza del rischio. |
Caracciola disse di Rosemeyer "Bernd non sapeva letteralmente cosa
fosse la paura e questo a volte non è una buona
cosa."Infatti, non fu una buona cosa, per Bernd, rischiare il record di
velocità sebbene Caracciola glielo avesse sconsigliato, per
via del forte vento. Rosemeyer, infatti, perse la vita durante quella
prova. Gilles Villeneuve è stato forse il pilota che meglio di
tutti ha incarnato il concetto dell’andare oltre. Non aveva
nessun rispetto per il mezzo meccanico; non conosceva limiti. Il famoso
giro su tre ruote (a Zandvoort nel 1979) è
l’emblema della capacità di Gilles di correre
oltre ai limiti.
Non per nulla Gilles è stato uno dei grandi della corsa di
Montecarlo (dove il limite tra correre forte e sbagliare è
più sottile che in qualunque altro posto). Si racconta che
Gilles avesse fatto una scommessa con un fotografo: questi avrebbe
dovuto piazzare un fiammifero nel guardrail all’esterno del
Tabac, perpendicolarmente al senso di marcia. Gilles scommise di essere
capace di rimuoverlo con la posteriore destra senza toccare la
barriera. Ovviamente, la scommessa fu vinta di Villeneuve. Di un pilota
del genere, come di tutti questi "irruenti del volante", non
è stato dato un giudizio univoco. Gilles, c'è
stato chi lo ha adorato, chi ha considerato la sua pura sconsideratezza
fuori luogo. La morte, forse, ha spento qualche voce critica.
è rimasto il mito: chi lo sa se è un bene o un
male. Un altro pilota che possiamo ricondurre a questa categoria, dei piloti
che guidano oltre il limite, è Ayrton Senna.
Senna rischiava le corse in doppiaggi eseguiti in modo folle. Ayrton
era uno che spremeva tutto dalla macchina. A volte, Ayrton non
ragionava sul vantaggio che aveva, ma spingeva solo
sull’acceleratore, rischiando l’errore. A Monaco
nel 1988 perse una gara, che stava dominando, per un errore di guida.
Se avesse gestito il suo vantaggio, questo non sarebbe accaduto.
Prost era il suo opposto. Sapeva gestire la vettura in modo fenomenale.
Pare che, dopo un gp, i suoi freni fossero così poco
consumati da poter essere impiegati nuovamente. Sembrerebbe, quindi, che Prost rappresenti il modo positivo di
affrontare una corsa e Senna quello negativo. In realtà non
è così. Senna è entrato, al pari di
Prost nella leggenda. Piuttosto, bisogna dire che Ayrton, dopo Monaco 1988, capì
che per correre senza calcoli, sempre al massimo, era necessario
allenare la propria mente. In definitiva, possiamo chiederci se questo correre oltre al limite sia
un fatto positivo o negativo. La mia risposta è che questo
modo di correre, di per sé, non rappresenta né un
fatto positivo, né uno negativo. Credo che l’essenza delle corse sia rappresentata dalla
famosa frase di Chapman, secondo cui una buona auto da corsa
è quella che si rompe un metro dopo il traguardo (non una
che finita la corsa ne può sopportare un’altra o
una che si rompe prima che la corsa sia finita ). Significa che nella
corsa bisogna dare tutto, però che la corsa deve essere
completata. Non per nulla, questi piloti aggressivi sono stati "Dei" quando la loro
corsa forsennata ha portato risultati. Viceversa, sono caduti nel
fango, quando hanno fallito. Oggi, il rappresentante di questa categoria, di piloti che corrono
senza calcoli, all'attacco, è senza dubbio Hamilton. |
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Forghieri Racconta: 12 domande imperdibili - Intervista di Davide Cironi (SUBS)
Mauro Forghieri: una vita per la Ferrari

L'ingegnere modenese capace di portare al Cavallino sedici Mondiali
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In una classifica dei personaggi più importanti della storia Ferrari Mauro Forghieri
meriterebbe di occupare una delle prime dieci posizioni della
graduatoria. Per quasi 30 anni l'ingegnere modenese è stato responsabile
tecnico del reparto corse di Maranello e le auto da lui progettate
hanno portato a casa ben sedici titoli Mondiali: 11 in F1 e 5 nell'endurance. Scopriamo insieme la storia del tecnico emiliano.
Mauro Forghieri: la storia
Mauro Forghieri nasce il 13 gennaio 1935 a Modena. Figlio di un meccanico del reparto corse Ferrari, si laurea in ingegneria meccanica nel 1959 all'Università di Bologna e poco dopo viene assunto nell'ufficio tecnico del Cavallino, all'epoca diretto da Carlo Chiti.
La svolta nella carriera di Forghieri arriva nel 1961 quando Chiti lascia la Ferrari insieme a Romolo Tavoni e ad altri tecnici e progettisti per fondare la ATS.
Mauro, a soli 26 anni, viene nominato responsabile tecnico del reparto
corse del Cavallino (che in quegli anni è focalizzato sulla F1 e sui prototipi).
Inizialmente Mauro Forghieri si occupa di motori
ma col passare del tempo interviene anche su altri aspetti meccanici: è
lui, ad esempio, che migliora la stabilità nei curvoni veloci della
mitica 250 GTO intervenendo sul ponte posteriore.
Le prime vittorie
Il 1963 è l'anno in cui arrivano i primi successi per la Ferrari sotto la direzione Forghieri: il britannico John Surtees si aggiudica il GP di Germania di F1, i nostri Ludovico Scarfiotti e Lorenzo Bandini portano a casa la 24 Ore di Le Mans al volante della 250P e arriva anche il titolo Mondiale Sportprototipi.L'anno seguente Mauro Forghieri festeggia il suo primo Mondiale F1
(doppietta: Costruttori e Surtees tra i Piloti) e il secondo campionato
del mondo sportprototipi. Senza dimenticare il gradino più alto del
podio di Le Mans conquistato dalla 275P guidata dal francese Jean Guichet e dal nostro Nino Vaccarella.
Dominio nell'endurance
La supremazia Ferrari nella categoria endurance continua nel 1965 con il terzo campionato del mondo: la 275 P2 vince la 1000 km di Monza (con l'inglese Mike Parkes affiancato da Guichet) e la Targa Florio (Vaccarella/Bandini) mentre la 330 P2 si aggiudica la 1000 km del Nürburgring con Surtees/Scarfiotti.
Il quarto Mondiale Sportprototipi per Mauro Forghieri arriva nel 1967 grazie soprattutto a Bandini e al neozelandese Chris Amon,
vincitori alla 24 Ore di Daytona (gara contraddistinta da una
memorabile tripletta del Cavallino) e alla 1000 km di Monza. L'anno
successivo le idee dell'ingegnere modenese iniziano a dare i loro frutti
anche in F1: in occasione del GP di Spagna viene montato per la prima volta su una monoposto l'alettone posteriore, una rivoluzione tecnica destinata a rivoluzionare il mondo del motorsport.
Gli anni '70
Nel 1972 la Ferrari conquista il suo ultimo Mondiale Sportprototipi di sempre dominando la stagione: lo svedese Ronnie Peterson e l'australiano Tim Schenken primi alla 1000 km di Buenos Aires e alla 1000 km del Nürburgring, lo statunitense Mario Andretti e il belga Jacky Ickx
davanti a tutti alla 6 Ore di Daytona, alla 12 Ore di Sebring, alla
1000 km di Brands Hatch e alla 6 Ore di Watkins Glen, il trionfo tutto
italiano di Arturo Merzario e Sandro Munari alla Targa Florio e il britannico Brian Redman insieme a Ickx sul gradino più alto del podio all'Österreichring.
La crisi e la rinascita
La crisi della Ferrari in F1 porta all'estromissione temporanea di Mauro Forghieri al termine della stagione 1972. Dopo pochi mesi – però - in seguito al fallimento della monoposto 312B3
del 1973 il tecnico emiliano ritorna al comando del reparto corse e
inizia una lunga striscia di vittorie nel Circus.Nel 1975 doppio titolo
(Piloti con l'austriaco Niki Lauda e Costruttori), nel 1976 Mondiale Costruttori e doppietta nel 1977 (con Lauda) e nel 1979 (con il sudafricano Jody Scheckter).
Gli ultimi Mondiali e l'addio alla Ferrari
Gli anni '80 di Mauro Forghieri si aprono con lo sviluppo della Ferrari 126CK, una monoposto di F1 dotata di un motore 1.5 V6 turbo da 570 CV. Le evoluzioni di questo modello conquistano due Mondiali Costruttori consecutivi nel 1982 e nel 1983.
Nel 1984, per via di alcuni dissidi con la dirigenza Fiat, Forghieri lascia il reparto corse Ferrari e si sposta all'ufficio ricerche per diventare nel 1986 direttore generale di Ferrari Engineering. Il suo progetto più importante è senza dubbio la 408 4RM, un prototipo realizzato in due esemplari dotato di trazione integrale.
Nuove avventure
Nel 1987, dopo quasi di 30 anni di carriera in Ferrari, Mauro Forghieri lascia Maranello e diventa direttore tecnico di Lamborghini Engineering. Per la Casa di Sant'Agata Bolognese progetta un motore 3.5 V12 aspirato da F1 che viene adottato nel 1989 dalla Lola e l'anno successivo anche dalla Lotus.
Il 1991 è l'anno in cui la Lamborghini debutta come costruttore in F1 (solo sei GP disputati senza conquistare punti) ma già nel 1992 Mauro viene chiamato dalla Bugatti per ricoprire il ruolo di direttore tecnico.
Mauro Forghieri fonda nel 1995 la Oral Engineering, azienda ancora oggi attiva nella progettazione, nell'assemblaggio e nei servizi di collaudo di motori a due e a quattro tempi per i settori racing e produzione.
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Trasferimento vintage...
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Storia della Formula 1

Campionato del Mondo Piloti (1950-1957)
Nel 1950, in
risposta al Campionato Mondiale di Motociclismo introdotto l'anno
precedente, la FIA organizzò il primo vero Campionato del Mondo
Piloti.
L'organizzazione del
campionato vide scegliere sei dei maggiori Gran Premi in Europa,
più la 500 Miglia di Indianapolis, ma pochissimi piloti europei
vi presero parte, anche a causa del diverso regolamento tecnico.
In effetti la denominazione "Campionato del mondo Piloti di
Formula 1" fu adottata solo nel 1981 e sino al 1960 vi furono, almeno in
via teorica, nel calendario gare con diversi regolamenti tecnici, per i
Gran Premi e per Indianapolis. Addirittura nel 1952-53 il campionato
piloti si disputò con vetture di Formula 2 (Indianapolis esclusa),
mentre le vetture della F.1 ne furono escluse.
Furono tre team
italiani ad occupare le posizioni dominanti dei primi anni del
campionato, l'Alfa Romeo, quindi la Ferrari, e infine la Maserati.
Altre case manufattrici nazionali – come la francese Talbot o la
britannica BRM – competono, con successi assai modesti. Un buon
numero di vetture private prendevano parte alle gare.
L'Alfa Romeo
dominò la concorrenza nella stagione 1950, vincendo tutte le
gare di quel campionato con l'"Alfetta" 158 costruita prima della
guerra da Enzo Ferrari.
La sola eccezione fu per la 500 Miglia, che faceva parte del
campionato ma non correva con le regole della Formula 1 ed era raramente
gareggiata dai piloti europei. La corsa non acquisterà mai importanza
nel mondo della Formula 1 e uscì dal calendario del campionato dopo il
1960. Nino Farina vinse il campionato inaugurale, Juan Manuel Fangio
lo conquistò nel 1951 con la Alfa Romeo 159, un'evoluzione della 158. I
motori dell'Alfetta erano estremamente potenti per la capacità delle
altre vetture dell'epoca. Nel 1951 il motore della 159 produceva attorno
ai 420 cavalli di potenza, ma questo comportava un prezzo da pagare nel
consumo eccessivo di benzina, che era stimato dai 125 ai 175 litri per
percorrere 100 km[2]. Enzo Ferrari,
che gareggiò con l'Alfa Romeo prima della guerra (in pratica la Ferrari
era la scuderia ufficiale dell'Alfa Romeo), fu il primo a comprendere
che lo sviluppo dei motori con compressore da 1.5 litri era giunto ai
suoi limiti. Ogni ulteriore incremento di potenza obbligava a compiere
lunghe soste per fare rifornimento di benzina, con conseguente perdita
di tempo. Per le ultime gare del 1950 Ferrari abbandonò il modello 125
da 1.5 litri con compressore, ormai da museo, e presentò il nuovo
modello 375 con motore V12 aspirato da 4.5 litri. Con un consumo di
benzina che si aggirava attorno ai 35 litri per 100 km le 375 offriromo
fiera opposizione all'Alfetta fino al termine della stagione 1951.
L'Alfa Romeo, una compagnia stata, decise di ritirarsi dopo il rifiuto
del governo italiano di concedere fondi per progettare la nuova vettura.
Sorprendentemente, l'Alfa Romeo investì nelle corse budget molto
limitati, utilizzando ancora tanto materiale e tecnologie precedenti
alla guerra durante queste prime due stagioni. All'istante il team vinse
i due campionati usando solo nove motori costruiti negli anni ‘30.
Non fu comunque il ritiro dell'Alfa Romeo a rendere invincibile la Ferrari.
Infatti originariamente era prevista per il 1952 il passaggio ad
una sola cilindrata di 2,5 litri senza sovralimentazione, ma fu rinviato
al 1954. Poiché però sola la Ferrari era pronta a gareggiare
ufficialmente con le vecchie vetture con motori da 4.5 litri, La FIA si
trovò in una posizione imbarazzante.
Soltanto la Ferrari
era in grado di allestire vetture di Formula 1 competitive. La
soluzione adottata fu quella di far disputare il Campionato Mondiale
Piloti con le vetture di Formula 2 per due stagioni. Il dominio Ferrari
si delineò con la leggera e potente 500 a 4 cilindri guidata dal
leggendario pilota italiano Alberto Ascari che fu il primo pilota a
vincere due campionati consecutivi nel 1952 e 1953. Le vetture Ferrari
di Formula 1 continuarono a gareggiare nelle gare non valide per il
campionato e in quelle di Formula Libre corse durante quel periodo, soprattutto nel Sudamerica
– non a caso, "Libre" è il termine spagnolo con cui si
definisce "Libera" – dove queste corse erano molto popolari.
Ironicamente,
durante quel biennio la sola gara del Campionato del Mondo in cui le
vetture di Formula 1 erano ammesse era la 500 Miglia. Nel 1952 la
Ferrari schierò quattro 375 di Formula 1 con Alberto Ascari come
pilota guida, ma con scarso successo: solo Ascari riuscì a
qualificarsi (a metà schieramento) e si ritirò ben presto
in gara. Non contando la gara di Indianapolis, il Campionato del Mondo
si svolse interamente in Europa fino al 1953, quando la stagione si
aprì in Argentina. Quella fu la prima corsa ufficiale di Formula
1 a disputarsi fuori dall'Europa.
Va detto che nel 1951, comunque si disputarono molte gare di Formula 1, ma tutte fuori campionato, come il Gran Premio Autodomo di Monza 1951 nel quale Juan Manuel Fangio ebbe un grave incidente.
Come previsto, il
Campionato del Mondo a ritornò al Regolamento di Formula 1 per
la stagione 1954, adesso basato sui motori atmosferici a 2.5 litri.
Dopo un dominio iniziale della Maserati, l'ingresso della Mercedes-Benz
portò ad un dominio assoluto suo e di Fangio (che aveva corso le
prime gare del 1954 con la Maserati). A cercare di limitare il dominio
erano la Ferrari e la Lancia guidata da Alberto Ascari per la Lancia.
Utilizzando valvole desmodromiche, iniezione diretta a benzina,
magnesio, ed altre parti piuttosto esotiche come linee del telaio
presentate con una forma alquanto allungata e altre tecniche piuttosto
avanzate, la nuova Mercedes iniziò la stagione 1954 quando
Fangio partì dalla pole position nel Gran Premio di Francia
svolto sul circuito stradale di Reims-Gueux con il primo giro percorso
a una velocità di oltre 200 km/h – fu la prima volta
nella storia della Formula 1 – prima di vincere la corsa, Fangio
ingaggiò un duello con l'altro pilota della Mercedes Karl Kling,
giunto in seconda posizione.

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Le vetture Mercedes affrontarono le due stagioni seguenti con
Fangio che si aggiudicò tutte le gare lasciando agli altri piloti
soltanto tre corse. Alla fine della stagione 1955
la Mercedes si ritirò dalle gare nello stesso modo fulmineo com'era
entrata.
Avevano provato la superiorità della loro tecnologia, ma fu il
terribile disastro di una delle sue vetture sport, guidata da Pierre Levegh alla 24 Ore di Le Mans
di quell'anno, che provocò il decesso di 83 persone, a comportare il
ritiro dalle competizioni. La casa tedesca resterà lontano dalla Formula
1 fino al termine della stagione 1993
Dopo la tragedia di Le Mans, lo sport automobilistico ne uscì
totalmente sconvolto: tre Gran Premi ancora da disputarsi vennero
immediatamente cancellati e il governo svizzero annunciò il bando totale
alle corse automobilistiche disputate sul suo territorio nazionale
(tuttora in vigore. Il gran premio di Svizzera del 1982 fu disputato in
Francia, a Digione).
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Il Gran Premio di Montecarlo 1955 vide uno spettacolare incidente
quando Ascari e la sua Lancia, dopo aver mancato una chicane, si
schiantarono contro il molo. Ascari viene sbalzato fuori dalla vettura e
cadde in acqua, vivo e apparentemente senza danni. Vi furono varie
speculazioni attorno a una emorragia interna non riscontrata quando
appena quattro giorni dopo Ascari rimase ucciso a Monza mentre
effettuava alcuni test su una vettura Ferrari sport affidatagli
dall'amico Eugenio Castellotti.
Dopo la morte di Ascari, la Lancia (alle prese con gravi problemi
finanziari) si ritirò definitivamente dalla categoria cedendo motori,
vetture, informazioni e tecnologia alla Ferrari, compreso il
progettitsta Vittorio Jano, che con Ferrari aveva lavoirato negli anni
'30 con L'Alfa Romeo.
Così nel 1956 la Ferrari si schierò con la "D50" Lancia, chiamata
"Lancia-Ferrari" in un connubio che si ripresenterà, negli anni 70-80
quando le due aziende finiranno nell'orbita FIAT con la Lancia Stratos con motore Ferrari e la Lancia LC2 nel mondiale sport.
La stagione 1956
vide Fangio fare buon uso della Ferrari – nata in casa della Lancia –
per vincere il suo quarto campionato. Lasciata la Ferrari, colse il
quinto guidando una Maserati, nel stagione 1957, stabilendo un record che resterà imbattuto per 46 anni.
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Negli anni settanta e precisamente nel
1971, edizione in cui per la prima volta si è passati dalla
classica partenza con le auto parcheggiate sulla destra del tracciato,
a quella denominata Indianapolis, dalla storica corsa americana. Una
partenza lanciata, con le auto alle spalle di una pace car per tutto il
giro di ricognizione. Una procedura sicuramente meno spettacolare, ma
necessaria per evitare brutti incidenti e salvaguardare così
la sicurezza dei piloti.
Un formidabile allineamento di
versioni speciali
per la 24 Ore di Le Mans, i nuovi mostri

ALFA ROMEO 33.3L 1970 - PORSCHE 908L 1969
- FERRARI 512S/L 1970
PORSCHE 917L 1971 - FERRARI 312 PB/L 1973
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Le parole di Henri Pescarolo, vincitore di quella edizione, confermano
la necessità di un simile cambiamento: "Abbiamo deciso di
passare alla partenza lanciata. E’ più sicura,
anche se è meno interessante e spettacolare, però
tutte le gare di durata ora usano questo tipo di partenza. Quindi tutti
stanno dietro alla pace car, che dopo il giro di riscaldamento, entra
nei box e a quel punto chi è in pole deve decidere quando
accelerare e dare il via alla gara. E’una partenza meno
caratteristica con meno intensità, ma bisogna dare
più importanza alla sicurezza”.
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Nel 1972 e nel 1973 Henri Pescarolo ottiene altre due vittorie in
coppia con il due volte mondiale di F1, Graham Hill, che
morirà 3 anni dopo in un incidente aereo. Un fantastico Tris
del team francese Matra, che riporta un successo in Francia dal 1950.
"Era stata la prima vittoria con il team Matra e con Graham Hill, dopo
una notte di pioggia. Una grande vittoria con un leggendario pilota
come compagno. E’ stato un premio per tutto il lavoro fatto
dalla squadra negli anni passati. Finalmente avevamo vinto.”
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La terra d'America ha sempre portato fortuna a chi
la fortuna l'ha cercata con tutto sé stesso, non regalandosi
nulla, ma costruendo giorno per giorno il proprio destino,
sintetizzando il pensiero che Enzo Ferrari fece suo e che si racchiude
in queste poche parole: "Non esiste fortuna o sfortuna, ma solo quanto
noi abbiamo saputo prevedere e quanto abbiamo fatto per incrementarla o
evitarla".
Luigi Chinetti è uno di questi.
Un uomo che come Ferrari, ha lavorato sodo per diventare in un paese
"non suo", l'importatore principale di tutta la produzione Ferrari nel
nord degli Stati Uniti.
Nato a Milano il 17 luglio 1901 e quindi contemporaneo a tutti gli
effetti di Enzo Ferrari, Chinetti cominciò a lavorare a 14
anni nell'officina paterna, entrando poi in Alfa Romeo, dove come
meccanico, prestava la sua opera al Reparto Esperienze della Casa di
Arese.
A destra, un giovane Chinetti meccanico nel 1928
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Trasferitosi in Francia per assistere Antonio
Ascari nella gara di Montlèry del 1925, vi restò
poi come meccanico per assistere le Alfa Romeo vendute dal conte di
Carrobio. In seguito aprìrono un'officina meccanica atta
alla vendita ed assistenza delle vetture e dei motori sportivi e da
corsa del Portello. Quindi Chinetti passò alla vendita delle
vetture in prima persona, attività che negli anni, sarebbe
diventata la sua attività principale. L'epopea "corsaiola"
anteguerra di Luigi Chinetti comincia nel 1925 con una sei ore a
Parigi. Ma è nel 1932, con la vittoria alla 24 Ore di Le
Mans in coppia con Raymond Sommer, che si prende il lusso di battere la
squadra ufficiale Alfa Romeo. Nel 1933 giunge secondo alle spalle di
Nuvolari e ancora nel 1934, in coppia con "Phiphi" Etancelin, rivince
la classica gara, salendo agli onori della cronaca sportiva. Prima
dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale, Chinetti lasciò
Parigi per partecipare a Indianapolis come manager dell'Equipe di
Madame Schell. Ritorna nel vecchio continente soltanto nel 1949 e
approda a Maranello per acquistare una vettura da Enzo Ferrari, persona
con gli stessi interessi e probabilmente le stesse vedute nel campo
automobilistico. Ferrari fu ben lieto di vendere all'ormai quasi
cinquantenne Chinetti una 166 MM berlinetta, sapendo i fini
dell'acquisto: correre ancora a Le Mans. La Ferrari era nata come casa
costruttrice di autovetture da appena due anni e il fiuto rinomato di
Ferrari, capì al volo l'importanza della vendita e la
popolarità che avrebbe avuto la sua Azienda in caso di
affermazione a livello internazionale. Il 26 giugno 1949 alla media di
132,42 chilometri orari, la rossa berlinetta Ferrari tagliava il
traguardo a Le Mans, regalando a Chinetti e Ferrari una
pubblicità internazionale enorme.
Lord Seldson, copilota della Ferrari n° 21, si
accontentò di guidare la sua vettura per una sola ora,
lasciando al focoso Chinetti la guida per le altre 23 ore. Due
settimane dopo, il 9 e 10 luglio alla 24 Ore di Spa, Chinetti questa
volta in coppia con Jean Lucas, fece il bis con la stessa vettura. Il
nome della Ferrari cominciava a circolare negli ambienti
automobilistici sportivi mondiali. Ancora una volta Ferrari aveva visto
giusto.
Nel 1951 Chinetti ritorna alle corse partecipando alla Carrera
Panamericana con una Ferrari 212 Export della Scuderia milanese
Guastalla di Franco Cornacchia, in coppia con Piero Taruffi. Dopo sei
giorni di massacrante corsa e 3068 km percorsi su strade sterrate, la
Ferrari n° 34 taglia il traguardo di Ciudad Juarez davanti alla
Ferrari di Ascari-Villoresi. Dopo quella vittoria, nel 1954 Ferrari si
convinse ad affidare a Luigi Chinetti le vendite delle sue vetture
negli Stati Uniti, conferendogli la "nomina" di Agente Ferrari per il
Nord America. Partendo da questi presupposti, Chinetti negli anni 50
fonda la Luigi Chinetti Motors, Inc, patrocinando l'esordio
automobilistico di giovani promesse del volante.
Nel 1958 affiancato da George Arents, Jan de Vroom
e Margaret Strong, crea la North American Racing Team, seconda
esperienza di Scuderia dopo quella creata nel 1937, chiamata "Ecurie
Bleue", fondata con Madame Schell. madre del pilota Harry Schell.
Chinetti stesso ricorda che fu la scritta su di un telone di un camion:
"North American Van Lines" a suggerire l'idea di chiamare la neonata
Scuderia North American Racing Team, scegliendo il cavallino rampante
nero, simbolo della Ferrari come logo e inserendo nella parte superiore
una striscia azzurra con otto stelle bianche in campo blu e nella parte
inferiore la scritta North American Racing Team, che su consiglio dello
stesso Ferrari venne trasformata più avanti nell'acronimo
corrisponente, appunto N.A.R.T.
Il battesimo con la pista la N.A.R.T. l'ebbe il 23 marzo 1958 in
occasione della 12 Ore di Sebring.
L'equipaggio: O'Shea - Kessler - Cunningham, portarono la 250 GT al
6° posto assoluto. Bisognerà attendere fino al 22
ottobre 1961 per vedere una vettura della N.A.R.T. sul gradino
più alto del podio. L'occasione fu a Monthléry
per la 1000 km di Parigi, dove i fratelli Rodriguez conquistarono il
1° posto.
L'avventura sulle piste della North American Racing
Team durò fino al 1982, partecipando a più di 200
gare e facendo gareggiare oltre 100 piloti.
Jim Hall, Stirling Moss, Graham Hill, Giancarlo Baghetti, Umberto
Maglioli, Nino Vaccarella, Mario Andretti, sono alcuni nomi di questi
piloti che sotto i colori americani, hanno corso e vinto per la
Ferrari.

L'onore e l'onere forse più importante la N.A.R.T. l'ebbe in
occasione dei gran premi degli Stati Uniti e del Messico del 1964, dopo
che Ferrari, per i noti contrasti con le Autorità Sportive
per la mancata omologazione della 250 LM, iscrisse nelle ultime due
gare di campionato le vetture di Surtees e Bandini con i colori
dell'amico Chinetti, dopo avere restituito la licenza italiana. La
N.A.R.T. ebbe appunto l'onore di tenere a battesimo il neo Campione del
Mondo per l'anno 1964.
Alla 24 Ore di Le Mans del 1965, la coppia Gregory-Rindt con la vettura
"rinnegata" l'anno prima, la 250 LM, scrivono ancora una volta il nome
della Ferrari nell'Albo d'Oro della classica francese. Altro grande
successo la N.A.R.T. lo conseguì con la 24 Ore di Daytona
del 1967 con l' arrivo in parata ideato dall'allora D.S. Franco Lini. |
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Un capolavoro della tecnica : il superelettrotreno |
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Tour de France,1952: lo storico passaggio della borraccia tra Fausto Coppi e Gino Bartali
Alfa Romeo 1750 GTC Cabriolet Royal
Presente in due versioni. Quella azzurra era stata carrozzata nel 1931
dalla Touring, mentre era presente anche una versione carrozzata da Sala
risalente al 1932. L'Alfa Romeo 1750GTC era stata prodotta in
numerosissime versioni e rappresentava l'auto sportiva italiana per
eccellenza nella sua epoca. La versione 6C 1750 GS (Gran Sport) era un
sei cilindri, da 1750 cc appunto, che nel 1929 correva la Mille Miglia e
venne prodotta in 2579 esemplari. In quel periodo l'Alfa Romeo
realizzava molti modelli con una frequenza di innovazioni ed
aggiornamenti sorprendente. La 1750 GS derivava dalla precedente 1500 e
da essa nacque la 8C 2300 semplicemente aggiungendo due cilindri al
vecchio motore elevandolo di cilindrata.
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La velocità in curva di una macchina di Formula 1 è determinata
principalmente dalle forze aerodinamiche che spingono la vettura verso
il basso, aumentando così la tenuta delle gomme e l'aderenza al suolo.
Le auto sono leggere, ma gli alettoni con l'aumentare della velocità
conferiscono a esse un peso aggiuntivo che però non ha inerzia, e che
cresce con l'aumentare della velocità, sfruttando il principio opposto a
quello che fa volare gli aerei (“schiacciando” così l'automobile al
suolo: si veda il Principio di Bernoulli,
e si consideri che le ali di una monoposto sono rovesciate rispetto a
quelle di un aereo, schiacciando la vettura al suolo a tutto vantaggio
della guidabilità). A 160 km/h, la forza generata verso il basso è
uguale al peso della vettura; ma quando si viaggia alla massima
velocità, essa può essere pari a 2,5 volte il peso della vettura.
Inoltre, in curva si genera una forza trasversale che può arrivare a 4,5
g (= 4 volte e mezzo la forza di gravità; mentre in una normale vettura
stradale essa è di circa 0,85/1,00 g)
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Storia della Formula 1

La rivoluzione del motore posteriore (1958-1961)
Nonostante la configurazione base della formula rimanga invariata per il 1958, le gare furono accorciate dai circa 500 km / 300 miglia
ai 300 km / 200 miglia e le macchine usarono un particolare tipo
di benzina composto da vari tipi di miscele il cui componente primario
era il metanolo.
Con il declino di
Fangio (che si ritirerà durante l'anno), Mike Hawthorn alla
guida della Ferrari conquistò il titolo piloti nella stagione
1958 diventando così il primo pilota inglese a vincere il
titolo. La scuderia britannica Vanwall conquistò il primo titolo
riservato ai costruttori in quella stagione, ma non riuscì a
coronare le sue aspirazioni di portare un pilota inglese al titolo
iridato. Stirling Moss, nonostante avesse totalizzato un numero
maggiore di vittorie rispetto ad Hawthorn, perse il titolo per un solo
punto (Hawthorn sfruttò il regolamento dell'epoca che premiava
con un punto chi faceva il giro più veloce in gara). Questa
annata vide anche una donna guidare per la prima volta una Formula 1 in
una gara di campionato, Maria Teresa de Filippis che debuttò
guidando da privata una Maserati nel Gran Premio del Belgio..
Il 1958 fu un anno
cruciale per la Formula 1. Contro una piccola pattuglia di Ferrari e
Maserati (ritiratasi ufficialmente nella stagione precedente), Stirling
Moss vinse il Gran Premio d'Argentina guidando una vettura a motore
centrale Cooper per conto della scuderia privata di Rob Walker,
spinta da un motore 2 litri fornito dalla Coventry Climax a 4 cilindri.
Questa fu la prima vittoria per una vettura col motore posizionato
dietro al pilota in Formula 1. Il successivo Gran Premio a Montecarlo
venne vinto ugualmente dalla Cooper, guidata questa volta da Maurice
Trintignant. Spinte da motori di minore cilindrata, le Cooper rimasero
outsiders nel 1958, ma nel 1959, arrivarono i nuovi motori da 2.5 litri
della Coventry Climax e le piccole vetture britanniche passarono a
dominare la Formula 1. La stagione 1959 vide una competizione serrata
tra la scuderia Cooper dell'australiano Jack Brabham, e Moss che
correva per il team di Rob Walker sempre su Cooper. L'uso della
trasmissione della Citroën Traction Avant modificata,
rappresentò il tallone d'achille per le Cooper, e Walker
tornò a un progetto casalingo che però risultò
totalmente incompatibile con le altre componenti della vettura e
Brabham vinse il titolo, con Moss piazzato secondo.
Il stagione 1960
vide Enzo Ferrari adottare il più collaudato schema a motore anteriore,
in base al principio "i cavalli stanno davanti al carro, non dietro", mentre Lotus e BRM
introdussero le macchine a motore centrale. Il team di Rob Walker passò
al telaio della Lotus 18. Moss portò la Lotus alla sua prima vittoria
in Formula 1 a Monaco, ma la sua stagione venne rovinata da un incidente
e Brabham conquistò il suo secondo titolo con la Cooper.
La rivoluzione del motore centrale rese obsolete altre potenziali
vetture dal progetto rivoluzionario. Un particolare sistema di trazione
che agiva in contemporanea sulle quattro ruote motrici denominato "4WD"
(four wheels drive) venne impiantato sulla Ferguson P99 a motore
anteriore fornito dalla Coventry Climax per la disputa del Gran Premio
di Gran Bretagna del 1961, vincendo inoltre la Oulton Park Gold Cup, gara non valida per il campionato[, ma era troppo pesante e complessa per essere comparata alla nuova generazione delle vetture a motore centrale.
Nel 1961, nel
tentativo di diminuire le velocità, per le macchine di Formula 1
la cilindrata fu ridotta da 2.5 a 1.5 litri, non sovralimentati
(essenzialmente le allora vigenti regole per la Formula 2), una formula
che rimarrà invariata nei successivi cinque anni. Ferrari aveva
iniziato la stagione con le collaudate vetture V6 a 65º di Formula
2 con motore centrale, schierando poi nel corso della stagione un V6 a
120º ad iniezione diretta. Questo segnò segnò il
dominio della Ferrari nella stagione 1961 quando i team britannici
furono sconfitti dalla maggior potenza del motore italiano. Phil Hill
divenne il primo pilota statunitense ad aggiudicarsi il titolo
mondiale.
I primi due decenni,
negli anni cinquanta e sessanta il Campionato del Mondo di Formula 1
era solo all'inizio, la punta di un iceberg se consideriamo tutte le
gare disputate successivamente sotto il Regolamento di Formula 1. Il
numero totale di corse non valide non era variato dall'introduzione del
campionato mondiale. Molte gare celebri, come i Gran Premi di Pau e di
Siracusa, il BRDC International Trophy di Silverstone, la Race of
Champions di Brands Hatch e la citata Oulton Park Gold Cup,
continuano a non far parte del Campionato del Mondo, ma furono per
molti anni terreno di competizione per molti piloti e scuderie di gran
nome.
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ISOLA DI MAN 1969 - BOB E JENNY BEALES SULLA TRIUMPH SIDECAR 750 c.c. TT
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Le immagini delle 15 edizioni che si sono svolte tra il 1921 ed il
1966 |
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Il golfo di Salò fa da sfondo ai passaggi
lungo i tornanti delle Zette: da dietro i muretti gli spettatori osservano ed
incitano i centauri
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Le immagini delle 15 edizioni che si sono svolte tra il 1921 ed il
1966 |
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Il
grande fotoreporter Tita Franzosi ci regala questa stupenda visuale dei box poco
prima della partenza; tutto è pronto per il grande spettacolo.
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Un immagine di un tempo che non c'è più: David Piper
spinge la sua Lotus sulla griglia per la partenza della seconda
batteria.
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Il Conte Bruno
Sterzi alla guida della sua Ferrari privata: ancora pochi giri ed uscirà di
strada tra
le località di Tormini e Villa distruggendo la
macchina
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La Fiat 508 Balilla è una vettura prodotta dalla FIAT negli anni trenta grazie
a cui ebbe inizio la motorizzazione di massa in Italia.
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Il progetto fu attuato da diverse celebri figure dell'automobilismo di quegli anni: Tranquillo Zerbi, Antonio Fessia, Bartolomeo Nebbia
e Dante Giacosa che costruirono una vettura dalle prestazioni di
classe, ma dai costi relativamente contenuti. Il modello viene
presentato alla Fiera di Milano il 12 aprile del 1932 in occasione del
Salone dell'automobile e si caratterizzava soprattutto per il prezzo
base di sole 10.800 lire. |
Circuito stradale del Mugello
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La
partenza originariamente e fino al 1965 (quando fu starter d'eccezione niente
meno che Juan Manuel Fangio) avveniva da S.Piero a Sieve, poi, dal '66 fino
all'ultima edizione, da Scarperia, ed il tracciato si sviluppava sulla strada
statale del Giogo (SS503), in un primo settore fino al passo appenninico (del
Giogo, appunto) che si presentava come una corsa in salita, circa 10 Km di
tornanti e brevi allunghi.
Seguiva poi il tratto più pericoloso con la
discesa fino a Firenzuola (12 Km) con un alternarsi continuo di curve
impegnative e tratti con brusche accelerazioni, un incubo in caso di
pioggia.
Da Firenzuola il tracciato saliva, fino a congiungersi a La Casetta
con la Statale del Passo della Futa (SS65) che seguiva poi fino al passo in un
tratto misto veloce di circa 15 Km per poi tuffarsi verso la pianura in pratica
continuando a percorrere in senso contrario il classico tracciato della Mille
Miglia che aveva imboccato proprio a La Casetta. |
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Una caratteristica del "Mugello stradale" era senz'altro il fatto
che i piloti si allenavano sulle strade aperte al pubblico e non era infrequente
per gli automobilisti impegnati a salire verso il Giogo o a scendere dalla Futa
vedersi superare da una bianca Porsche 911 targata Stoccarda o da una GTA col
quadrifoglio dell'Autodelta.
Altra caratteristica, a
parte alcune edizioni "bagnate", era il caldo terribile, in particolare le
edizioni corse nel '68, '69 e '70 si disputarono sotto un autentico solleone e
non furono pochi i piloti che lamentarono problemi di disidratazione e alcuni si
fermarono anche lungo il percorso per dissetarsi alla meglio.
Nel '68 Siffert
fu costretto, dall'inadeguatezza del suo compagno Steinemann, a correre sei giri
su otto, ma dopo il primo cambio era talmente esausto ed accaldato che svenne
nei box.
Ancora peggio era nelle edizioni storiche anteguerra, quando al
caldo (si è sempre corso in piena estate) si aggiungeva il tormento della
polvere delle strade sterrate.
Questo era il Mugello, queste erano le
corse anni '60. |
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13 maggio 1950, a Silverstone la prima gara di Formula 1
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Nel 1950 viene introdotto un campionato piloti, la cui classifica viene stilata in base ai risultati conseguiti in sette gare:
Gran Bretagna, Svizzera, Monaco, Belgio, Francia, Italia e la 500 miglia di Indianapolis.
L'inclusione di quest'ultima gara viene fatta nel tentativo di
promuovere la Formula 1 anche negli Stati Uniti ma la cosa, come si sa,
non ebbe molto successo. L'Alfa Romeo si iscrive a questo campionato con
un team composto da tre grandissimi piloti dell'ante guerra, Giuseppe
Farina, Luigi Fagioli e Juan Manuel Fangio e, tranne per quest'ultimo, i
primi due hanno ormai un'età nella quale, contro le giovani leve delle
altre scuderie, possono far valere più che altro la loro grande
esperienza. La scuderia che dà loro più filo da torcere è la Ferrari che
però manca ancora di affidabilità e, alla fine, il campionato diventa
una sfida tra i tre piloti dell'Alfa. La gara finale, a Monza,
incoronerà il primo Campione del Mondo di Formula 1. Al via Fangio
scatta subito in testa ma per essere poi costretto al ritiro da una
rottura del cambio, dando così via libera a Farina che vince la gara ed
il mondiale.

SILVERSTONE 1950 - ALFA ROMEO ALFETTA 158
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Il campionato del 1951 pare iniziare allo stesso punto in cui si era
interrotto quello del 1950, con l'Alfa ancora superiore alle altre
scuderie, ma questa volta la Ferrari affianca, al suo pilota Froilan
Gonzales, Alberto Ascari e Luigi Villoresi, famosi per le loro
grandissime capacità!
Fangio vince subito la gara di apertura in Svizzera ma il Gran Premio di
Germania, reinserito quell'anno nel mondiale, vede Ascari primo sul
traguardo. L'ultima gara a Pedrables in Spagna, parte con Fangio a 28
punti di vantaggio su Ascari e, con la possibilità di guadagnarne 25,
l'esito del mondiale appare già scontato. Alberto Ascari conquista
comunque la pole position ma in gara è costretto al ritiro a causa di
problemi ai pneumatici. Fangio domina la gara ed agguanta il suo primo
titolo iridato.
Sebbene la Ferrari abbia perso ancora, il loro distacco dall'Alfa va
sempre più assottigliandosi. Da parte sua l'Alfa Romeo, a causa di
motivi finanziari, non è in grado di sviluppare ulteriormente le
monoposto e quindi di difendere il titolo: da qui la decisione di
abbandonare. Nessuno si potrà immaginare che, fino agli anni 80, questa
grandissima scuderia non riuscirà più a rientrare nel circus iridato.
La stagione del 1952 si corre con vetture di Formula 2 che prevedono
cilindrate di 500cc per i motori sovralimentati e di 2000cc per gli
altri. La Ferrari domina questo campionato ed il successivo vincendo 30
delle 33 gare principali, ma Fangio non è in grado di difendere il
titolo a causa di un incidente in una gara extra campionato che gli
causa la rottura del collo. In sua assenza Ascari vince tutte le gare
alle quali partecipa, conquistando il titolo mondiale. In quello stesso
anno fa il suo debutto il team inglese Cooper-Bristol che ha scelto Mike
Hawthorn come pilota di punta.
Il 1953 è ancora dominato dalla Ferrari che vede come unico rivale
Fangio, passato alla Maserati. Mike Hawthorn viene ingaggiato dalla
Ferrari e si ritrova in squadra con due campioni del mondo, Ascari e
Farina, e con un veterano d'eccezione, Villoresi; tre personaggi molto
scomodi e determinati a mantenere il controllo della squadra.
Ci riusciranno solo fino alla gara di Reims.
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BINOMI VINCENTI FORMULA 1

Ing. Mauro Forghieri - Enzo Ferrari |
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MOTORE PORTANTE
La prima F1 a motore
portante fu la Lotus 49, del 1967.
In pratica, il motore risultava
elemento strutturale capace di sostenere il resto della scocca, le
sospensioni e il cambio.
La soluzione, in realtà, fu provata già col
motore H16 BRM nella Lotus 43 del 1966 ma venne, effettivamente,
introdotta da Chapman con il modello 49.
Tuttavia, sorge un dubbio sul fatto che la Lotus 49 sia stata
realmente la prima vettura ad introdurre il concetto.
Secondo Forghieri,
infatti, la "sua" Ferrari 512 F1 del 1964/1965 introduceva quella
soluzione.
Infatti, secondo Forghieri il telaio (che non era tubolare ma
una semplice monoscocca composta da pannelli) ricopriva una semplice
funzione di rinforzo, mentre era effettivamente il motore l'elemento
portante.
Sul punto, poi, si introducono ulteriori complicazioni.
Ad
esempio, si scopre, tornando ancora più indietro, che il concetto di
motore che sostiene alcuni elementi è già presente
sulla Ferrari 158 F1
del 1964.
Quindi per certi aspetti "portante".
Probabilmente, la soluzione del problema consiste nella differenza tra motore completamente portante
e motore parzialmente sostenuto da un telaio.

Monza - La Ferrari 158 F1 di John Sutees prima della partenza della gara nel 1964
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1964
- La nuova 158 debuttò nella seconda gara della stagione, il Gran
Premio d'Olanda, dove John Surtees conquistò
il secondo posto. Nel resto
della stagione, John Surtees conquistò due vittorie, il GP di Germania e
il GP d'Italia,
due secondi posti e un terzo posto che, nonostante
quattro ritiri, gli consentirono di vincere il mondiale piloti
con un solo punto di vantaggio su Graham
Hill.
Surtees Wins Grand Prix (1964)
1964 - Ferrari 158 F1
Telaio Monoscocca con pannelli in alluminio rivettati alla struttura tubolare
Sospensioni Ant. Ruote indipendenti, quadrilateri deformabili, molle elicoidali, ammortizzatori idraulici
Sospensioni Post. Ruote indipendenti, quadrilateri deformabili, molle elicoidali, 2 puntoni, ammortizzatori coassiali
Gran Premio d'Italia 1964
1 John Surtees Ferrari 158 78 2:10:51.8 1 9
2 Bruce McLaren Cooper T73-Climax 78 + 1:06.0 5 6 - 3 Lorenzo Bandini Ferrari 158 77 + 1 giro
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Le partenze erano con 4 macchine in prima fila, 3
in seconda fila, 4 in terza fila
e cosi fino al completamento della
griglia di partenza
BINOMI VINCENTI FORMULA 1

La
Ford finanziò il progetto con 100.000 sterline.
Per realizzare il DFV
si partì da un altro motore da corsa, l’FVA, anch’esso prodotto da Ford,
già impiegato in Formula 2
e a sua volta derivato dal motore della Ford
Cortina Lotus.
Mike
Costin e Keith Duckworth vennero chiamati in causa dai vertici Ford e
Lotus all’inizio del 1966 per lo sviluppo di un motore studiato
appositamente per correre in Formula 1. Una netta differenza con il
passato dove accadeva che la maggior parte
dei motori derivavano direttamente dalla serie.
Il loro compito era molto importante, perché sino a quel periodo i
costruttori di auto inglesi godevano di una certa supremazia nel campo
dello sviluppo telaistico e aerodinamico, mentre le case italiane, e
particolarmente la Ferrari, erano molto abili soprattutto nella
costruzione dei propulsori.
In un’epoca in cui le configurazioni aerodinamiche non erano esasperate come oggi, poter disporre di un motore potente
era basilare per poter lottare contro gli avversari, così lo scopo principale era quello
di riuscire almeno ad eguagliare la concorrenza.Il
propulsore era costruito totalmente in lega leggera d’alluminio, mentre
il suo peso era di 163 kg.La distribuzione era a quattro valvole per
cilindro, che venivano comandate da quattro alberi a camme in testa e
azionati da una cascata di ingranaggi.
La potenza erogata nella prima versione del 1967 era di circa 400
cv a 9.000 giri/min, mentre nelle ultime versioni del 1982-1983,
si arrivò ad incrementarla di circa 100 cv.Il
propulsore era costruito totalmente in lega leggera d’alluminio, mentre
il suo peso era di 163 kg. La distribuzione era a quattro valvole per
cilindro, che venivano comandate da quattro alberi a camme in testa e
azionati da una cascata di ingranaggi.
La potenza erogata nella prima versione del 1967 era di circa 400
cv a 9.000 giri/min, mentre nelle ultime versioni del 1982-1983,
si arrivò ad incrementarla di circa 100 cv.
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Nel
1967 la Lotus introdusse la Lotus 49, spinta dal Ford-Cosworth DFV V8,
motore che dominò la Formula 1 per i successivi 15 anni. Come il Repco,
il Cosworth era leggero e compatto ma era un autentico motore da corsa
con l’uso di 4 valvole per cilindro
e testate bialbero e garantiva molta più potenza. La Cosworth aveva
puntato ai 400 cavalli di potenza che il motore aveva addirittura
dimostrato di superare nelle prime prove. Il motore DFV era stato
progettato per essere portante
(una idea pionieristica la ebbe la Lancia con il modello D50). Questo
permise a Chapman di progettare una monoscocca che terminava subito
dopo il sedile del pilota mentre la Brabham usava una struttura tubolare
molto classica che sosteneva motore, la scatola del cambio e le
sospensioni posteriori. |

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Il
primo pilota ad avere vinto una gara col DFV è stato Jim Clark con la
Lotus 49 nel 1967 (Gp d’Olanda),
mentre l’ultimo Michele Alboreto nel
1983 con la Tyrrell, ( Gp Usa-Est).
Nel
1967, anno della sua presentazione, la Lotus 49 esibiva la livrea
classica della Lotus: verde British con striscia gialla centrale.
Nei 16
mesi successivi la si poteva osservare fregiarsi di sponsor e dei nomi
dei piloti sopra lo schema base.
Graham
Hill è stato il primo a vincere il mondiale col DFV, nel
’68 sempre con la Lotus, mentre Keke Rosberg
con la Williams,
è stato l’ultimo ad ottenere il mondiale con questo motore nel 1982.

La fine del millennio ha portato con sé una
serie di lutti. Dopo la triste notizia della morte
di John Cooper alla vigilia
di Natale, mercoledì 26/2000 è morto Walter Hayes all'età di 76 anni
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Inventore del motore Cosworth DFV (Double
Four Valve)), Walter Hayes aveva dato alla luce il motore che avrebbe ottenuto
il più grande numero di vittorie di tutta la storia della Formula 1.
Walter Hayes era entrato alla Ford nel 1962, e
presto si è ritrovato ai comandi di grandi progetti sportivi per la compagnia
americana, negli anni '60 e '70. La sua carriera lo ha portato fino alla
vice-presidenza della Ford Europe, e Walter Hayes è così diventato un'autorità
nel suo campo.
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Si era ritirato dal suo impiego a metà degli anni '80, lasciando
dietro di lui il ricordo di un uomo dalle decisioni sagge ed efficienti. Rimarrà
nelle memorie come colui che ha incoraggiato il finanziamento e la produzione
del motore più premiato della F1, il famoso Cosworth DFV. Il successo del DFV non è affatto dovuto al
caso. La sua nascita viene dalla congiunzione, negli anni '60, di talenti fuori
norma nella storia degli sport automobilistici. Il celeberrimo Colin Chapman è all'origine del
progetto. Un pò stanco e scoraggiato di veder sempre vincere i potentissimi
motori Ferrari e BRM, il geniale direttore della Lotus ha chiesto agli ingegneri
Costin e Duckworth di preparare il progetto di un nuovo motore, che doveva
essere potente e compatto. Colin è andato a trovare i costruttori desiderosi di
essere coinvolti in questa avventura. Ed è stato Walter Hayes ad accogliere la
sua proposta, e a decidere di finanziarla. |
Il blocco,
progettato inizialmente da Kevin Duckworth e Mike Costin, ha riportato la sua
prima vittoria nella F1 a Zandvoort, facendo così uno straordinario debutto con
Jim Clark al volante, nel Gran Premio dei Paesi Bassi del 1967. Il DFV ha
ottenuto così tutte le pole positions della stagione 1967, grazie a Jim Clark e
a Graham Hill. In seguito il nuovo Cosworth ha collezionato i più grandi titoli,
permettendo ai piloti che lo guidavano di salire sul podio per ben 155 volte.
L'ultima vittoria risale al 5 giugno del 1983, sulla Tyrrell di Michele
Alboreto, ma ancora oggi il DFV è il motore più premiato della F1, davanti alla
Ferrari ed alla Renault, che hanno ottenuto rispettivamente 135 e 95 vittorie.
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BINOMI VINCENTI FORMULA 1
Enzo Ferrari - Alberto Ascari
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La
stagione 1952, è una stagione di rilevo anzitutto dal punto di vista,
per così dire politico, infatti la federazione che gestisce la formula
uno emette un rigoroso regolamento che prevede delle notevoli
limitazioni tecniche per le vetture iscritte al mondiale. La Ferrari si
presenta con il modello 500, progettato, ancora una volta, dall'ingegner
Lampredi; è una vettura innovativa, estremamente competitiva ed
affidabile, indubbiamente la più accreditata al titolo. Si parte,
nuovamente da Berna, in occassione del primo Gp mancano all'appello i
due grandi del momento: Fangio è in attessa di un'adeguata offerta da
un'altra scuderia, a seguito del ritiro dalle corse dell'Alfa Romeo;
mentre Ascari si accinge a partecipare alla cinquecento miglia di
Indianapolis; la presenza della Ferrari negli Stati Uniti ha più che
altro uno scopo promozionale, infatti la Ferrari comincia a produrre
auto sportive stradali, e il popolo americano rappresenta un ottimo
target di vendita. Dal punto di vista sportivo è dunque, quasi,
irrilevante la gara americana che si conclude infatti con il ritiro di
Ascari dopo un inizio decisamente poco brillante. Intanto a brillare è
l'altra Ferrari quella guidata da Taruffi che a Berna stravince. Al
rientro di Ascari le cose si rivelano essere davvero molto semplici,
Ascari è uno dei migliori piloti in circolazione, la vettura è di gran
lunga superiore a tutte le altre.... la vittoria sembra essere la più
facile copnseguenza di tutto ciò; infatti sarà così il modello 500
comincia a collezzionare vittorie a ripetizione e senza alcuna
difficolta. C'era solo un uomo davvero in grado di tener testa ad una
furia come Ascari, si tratta del campione del mondo Juan Manuel Fangio;
l'argentino purtroppo sarà coinvolto in un spaventoso incidente
stradale, che fortunatamente non metterà fine alla sua carriera ma che
sicuramente renderà impossibile la sua presenza nella stagione corrente.
Per la Ferrari e per Ascari è davvero tutto molto semplice, vincono
anche con una gara d'anticipo e partecipano a Monza con la certezza del
titolo..... sembra più una parata che una gara. Nel 1952, così la
Ferrari vince per la prima volta un titolo mondia... lo fa alla sua
maniera, in grande stile, vincendo, con Ascari sei gare su otto... è
solo l'inizio di una meravigliosa favola!!!
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1952 - Ascari Ferrari 500 F2 Modena
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1951 Alberto Ascari -Monza
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1953 13 settembre GP Italia |
1953 GP Belgio |
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La stagione 1953 comincia con un nuovo gran premio, si corre infatti
a Buonos Aires il Gran Premio d'Argentia, per la prima volta in
assoluto, quasi tutte le scuderie si apprestano a correre su un circuito
oltre oceano. L'appuntamento è a Gennaio, in Argentina è piena estate,
il pubblico sudamericano accoglie l'evento con notevole entusiasmo,
giungono in massa da tutta la nazione per ammirare i loro beniamini
Fangio e Gonzalez. La Ferrari affida le sue quattro vettura a Nino
Farina, Villoresi, Hawthorn (neo acquisto) ed al campione del mondo in
carica Alberto Ascari. L'ex campione del mondo argentino Fangio ed il
suo connazionale Gonzalez hanno invece trovato posto presso una scuderia
emergente, si tratta della Maserati. Al via, come da copione, Alberto
Ascari crea il vuoto, la sua Ferrari 500 è indubbiamente l'auto più
competitiva in assoluto, seppure abbia subito delle sostanziali
modifiche, il telaio è rimasto pressoché invariato. Il passo che impone
Ascari alla gara è impressionate nessuno riesce a contenere l'asso
italiano; agonisticamente si tratta dunque dell'ennesima cavalcata
solitaria Ferrari, ma purtroppo il primo Gp d'Argentina non è solo
questo: Il calore del pubblico, come evidenziato precedentemente, è
molto intenso, le norme di sicurezza del circuito sono pressoché
inesistenti, ecco dunque che al trentaduesimo giro la tragedia si
compie: Farina nell'intento di schivare un bambino che attraversa la
pista finisce sul pubblico assiepato sul tracciato, il bilancio è
pesantissimo: innumerevoli feriti ed una dozzina di morti... nonostante
ciò la gara continua indisturbata. Al traguardo il primo è Ascari
seguito da Villoresi. In Olanda e Belgio è ancora Ascari a dominare
sbaragliando decisamente la concorrenza.... in Francia invece è ancora
una Ferrari a vincere ma al volante, stavolta, non c'è l'asso italiano,
bensì l'ultimo arrivato la nuova promessa della formula uno, l'inglese
Mike Hawthorn. Il gran premio dapprima sembra aver preso la solita e
consueta "piega", ma a circa trenta giri al termine Fangio e Hawthorn
hanno la meglio su Ascari, i due proseguono, sino al traguardo dando
vita ad uno spettacolare duello: l'inglese sembra essere più veloce ma
l'esperienza di Fangio lo ostacola nettamente, il sorpasso sembra non
essere possibile, ma a qualche giro dalla fine Hawthorn si accorge che
l'argentino non usa mai la prima marcia per affrontare le curve più
lente, è evidente che la sua Maserati abbia un problema meccanico,
Hawthorn sfrutta a suo favore questo fattore tirando le curve più che
può e costringendo Fangio a frenare al limite, ovviamente nell'uscita di
curva il pilota Ferrari, a differenza, del pilota Maserati può
ingranare tranquillamente la prima marcia ed usufruire di un uscita
molto più veloce.... il sorpasso è fatto. Per la prima volta a vincere
un Gran Premio è un pilota inglese. In Inghilterra e in Svizzera vince
ancora Ascari che si aggiudica con due Gran Premi d'anticipo sulla fine
della stagione il secondo tiotolo mondiale: La Ferrari è così, accanto
all'Alfa Romeo la scuderia con il maggior numero di mondiali vinti... e
Ascari è il primo pilota della storia ad aver vinto due titoli!! I due
Gran premi finali si svolgono in Germania ed in Italia, il primo se lo
aggiudicherà Farina (sarà la sua ultima vittoria in carriera), mentre il
secondo, sarà vinto da Fangio, complice un incidente che toglie di
mezzo tutte e quattro le vetture del cavallino. La stagione è ormai
conclusa, il binomio Ferrari-Ascari sembra imbattibile e consolidato, ma
così non è....... Si affacciano sulla Formula uno altre grandi case
costruttrici: la Mercedes, l'Alfa Romeo (pensa ad un ritorno in grande
stile) e la Lancia, quest'ultima diretta da un audace Gianni Lancia. Da
subito le preoccupazioni di Ferrari riguardano, proprio la Lancia,
l'azienda italiana infatti oltre a disporre di personale altamente
qualificato può contare su un oneroso budget..... che spende, volentieri
per accaparrassi il miglior pilota in circolazione: il campione del
Mondo Alberto Ascari. Alberto fa presente a Ferrari l'offerta ricevuta
ed ammette esplicitamente di voler mantenere il suo posto in scuderia in
cambio di un piccolo ritocco contrattuale, ma il Drake è inamovibile...
dopo ore, giorni.. mesi di trattative a Dicembre..... Ascari parla per
l'ultima volta con Ferrari: esce dall'ufficio dell'ingegnere saluta i
compagni e scoppia in lacrime; dopo due giorni è ufficiale: Ascari è il
primo pilota Lancia. Si scioglie così l'invincibile binomio che aveva
dominato nettamente la formula uno in quegli anni.... Alberto Ascari non
salirà mai più su una vettura del cavallino. |
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BINOMI VINCENTI FORMULA 1
Colin Chapman - Jim Clark
Anthony
Bruce Colin Chapman nasce a Richmond il 19 maggio 1928, si laurea in
ingegneria, diventa pilota della RAF per poi passare alla Vauxhall: in
questo periodo, il giovanissimo Chapman matura l'idea di voler creare
una propria vettura. Sogno che realizza nel '48 sulla base di una
vecchia Austin Seven: la vettura si chiama Lotus Mark 1. A questo
modello ne seguiranno altri con i quali lo stesso Chapman partecipa a
gare di club, finché, nel '54, viene creato il Racing Team Lotus: la
squadra che da lì a poco comincerà a imporsi nell'agone internazionale.
Sbocco naturale per un geniaccio della meccanica quale era Colin Chapman
è ovviamente la F.1, e il debutto nella categoria regina delle corse
avviene nel GP di Montecarlo del 1958 con una evoluzione della Lotus 12:
i piloti sono Graham Hill e Cliff Allison, ma è il 1960 l'anno del
salto di qualità per la scuderia britannica per due ragioni: le prime
due vittorie iridate con Moss a Montecarlo e Riverside, e l'arrivo in
squadra di Jim Clark, il profeta che farà diventare grande la Lotus.
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Clark taglia vittoriosamente il traguardo del GP di Francia 1965 |
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Ancora grande lotta nel campionato del 1965. A Hill e Surtees si
aggiunge l’altro scozzese Jackie Stewart.
Clark regola gli avversari con
un’impressionate strisciata iniziale di 6 vittorie (5 consecutive) e la
debacle tecnica degli ultimi
tre Gran Premi non gli impedisce di
vincere il
secondo titolo mondiale. |
Sempre nel ’65 Chapman lo riporta ad Indianapolis e questa volta
vincono alla grande conducendo praticamente per tutta la corsa.
Il 1966 trova la Lotus impreparata all’introduzione dei nuovi motori
da 3000 cc e la stagione diviene un calvario. Nelle tre gare in cui
non
si ritira (6), Clark è 4°(Gran Bretagna), 3° (Olanda) e vince in U.S.A.
Il Mondiale va all’australiano Jack Brabham.
L’anno successivo inizia con i migliori auspici, Clark vince subito
in Sud Africa e la stagione si presenta in discesa.
Ma il destino ha
deciso diversamente. Poche settimane dopo Jim Clark muore in un
incidente, mai completamente chiarito, schiantandosi contro un albero in
una gara di Formula 2 sul circuito di Hockenheim.
A 32 anni aveva vinto con tutte le auto con cui si era cimentato. In
Formula 1 si aggiudicò 25 Gran Premi dei 72 disputati, ottenendo 33
pole position e 28 giri veloci in gara. Tutto ciò in un periodo in cui
il pilota faceva ancora la differenza.
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BINONI VINCENTI FORMULA 1
Ayrton Senna - Ron Dennis
Ron Dennis:
Ayrton Senna era un pilota straordinario.
La sua abilità,
astuzia, sottigliezza e il suo coraggio erano di una grandezza tale che
egli ha segnato questa generazione di piloti.
[Quando andò alla Williams] Era
come se venisse ceduto in prestito temporaneo. Era quello che sentivo,
era quello che sentiva anche lui.
Non ci furono accordi formali, ma lui
sarebbe tornato. Non era una cosa impossibile. Per noi era meglio
ricostruire il team.
Per lui era meglio che andasse via, che
continuasse a vincere e che tornasse cambiato come persona. Penso che
sarebbe rimasto a lungo
in F1 e quando, alla fine, si sarebbe ritirato,
lo avrebbe fatto su una McLaren. Di questo sono assolutamente certo.
Entrambi
[Senna e Prost] volevano vincere, entrambi sapevano che la nostra
filosofia era fornire a ciascun pilota lo stesso equipaggiamento
e che
volevamo avere due prime donne. La competizione all’interno del
team era fantastica per il team stesso.
Naturalmente le loro
personalità erano molto diverse e, inevitabilmente, questo
portò a qualche attrito occasionale.
Non
sono una persona particolarmente emotiva, ma questi ragazzi [Senna e
Prost] hanno dato tutto. Davano sempre il cento per cento in pista e
anche ai box. Questo dà l’idea delle loro
personalità, e quando due persone ragionano, due persone che mi
piacevano molto e delle quali mi preoccupavo molto, questo non
può che provocarti emozioni.
Ci
furono periodi molto difficili nella sua carriera in F1, periodi con i
quali lottò, che non avevano nulla a che fare con la
competitività o con la mancanza di competitività, ma
piuttosto con la politica dei Gran Premi.
Ad un certo punto aveva deciso di ritirarsi. Non gli ho mai detto di non farlo. Ne parlammo
insieme, discutemmo delle alternative e alla fine la sua passione per
le corse ebbe la meglio sugli aspetti che non gli piacevano in questo
sport. Solo una cosa disprezzò sempre: la politica.
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BINOMI VINCENTI FORMULA 1
JEAN TODT - MICHAEL SCHUMACHER
Michael Schumacher (Hürth,
3 gennaio 1969) è un ex pilota automobilistico tedesco,
il più vincente campione della Formula 1 e in generale uno dei
più grandi automobilisti sportivi di tutti i tempi. Ha
conquistato 7 titoli mondiali: i primi due con la Benetton (1994 e
1995) e successivamente cinque consecutivi con la Ferrari (2000, 2001,
2002, 2003, 2004).
Schumacher detiene la gran parte dei
record della Formula 1, avendo conseguito, oltre ai titoli iridati,
anche il maggior numero di Gran Premi vinti, di Pole position, di Giri
Veloci in gara, di Hat Trick (pole position, vittoria e giro
più veloce nella stessa gara). Dotato anche di grandi doti da
collaudatore in grado di far crescere le proprie vetture, Schumacher
è stato anche il primo tedesco a divenire campione del mondo di
Formula 1 ed è stato l'icona più popolare nella Formula 1
fino al 2006, secondo un sondaggio effettuato dalla FIA.
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Jean Todt:
"Quando sono arrivato in Ferrari, nel 1993," ha spiegato Todt, "ho
iniziato a portare avanti un progetto che aveva molteplici scopi:
riunire a Maranello tutte le attività legate alla Formula 1;
creare strutture all’avanguardia; cercare persone di
eccellenza per tutti i ruoli; reperire le risorse economiche necessarie
per raggiungere i nostri obiettivi e scegliere partner tecnici di
valore assoluto.
C'è poi un ingrediente che nessun manager
di successo può creare senza il contributo di tutti : lo
spirito di squadra.
Credo che il mio compito principale sia proprio
quello di indirizzare le energie di tutti nella stessa direzione
perché una barca a vela in balia di venti contrastanti
è destinata a restare ferma, se non a tornare indietro."
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Il Gran Premio degli Stati Uniti 1966 fu una gara di Formula 1, disputatasi il 2 ottobre 1966 sul Circuito di Watkins Glen.
Fu l'ottava prova del mondiale 1966 e vide la vittoria di Jim Clark su Lotus-BRM, seguito da Jochen Rindt e da John Surtees.
Fu
l'unico successo per il pesante motore 16 cilindri BRM che verrà
abbandonato sia dalla Lotus che dalla BRM l'anno successivo.

Questo motore potrebbe venire considerato come originato
dalla disposizione a tandem di due motori, un motore superiore
ed uno
inferiore, a cilindri contrapposti o del tipo boxer.
I due motori mantengono ognuno il proprio albero motore e
questi due alberi sono uniti ad un ulteriore sistema che permette di
trasferire
la potenza generata alla vettura o, nel caso di impiego in aviazione, al velivolo.
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MV Agusta Motor S.p.A., nata come
Meccanica Verghera Agusta, è un'azienda italiana che ha prodotto in
proprio motociclette commerciali e da competizione dal 1945 al 1977.

Nata
come Società Anonima nel 1945 diventa nel 1952 Società a
responsabilità limitata per poi nello stesso anno assumere
la denominazione definitiva di Società per azioni.
Il marchio fu acquisito, nel 1992, dalla Cagiva di Schiranna
(frazione di Varese); nell'agosto del 2008 è passato al gruppo Harley-Davidson che a sua volta, nell'agosto 2010,
l'ha ceduto nuovamente allo stesso Claudio Castiglioni, ex proprietario del marchio Cagiva.
Il
suo nome è particolarmente legato alle competizioni
motociclistiche: in quelle del motomondiale si è aggiudicata dal
1952 al 1974 75 titoli iridati (38 piloti e 37 costruttori), cosa che
ne fa la casa motociclistica europea più vincente di ogni epoca. |
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1946 MV Agusta 98 (A2-04)
La
MV Agusta 98 è una moto molto semplice, il suo motore a due tempi
ha un cambio a soli due rapporti ed utilizza un
preselettore esterno: tecnicamente il propulsore non ha caratteristiche
tecniche innovative ed è molto simile ad altre realizzazioni
deli anni '40. Il raffredamento è ad aria co l'alettatura
particolarmente estesa e la candela di accensione posta quasi in centro
alla camera di combustione . Il telaio è in sottili tubi di
acciaio ad alta resistenza, è rigido nella parte posteriore e il
confort di marcia è affidato unicamente alle molle della larga
sella monoposto e alla forcella del tipo a parallelogramma.
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Nel 1945
vide la luce la prima MV Agusta, la "98" in versione "Turismo" i cui
progetti esecutivi e stampi di fusione erano stati approntati alla fine
del 1943 e il motore girava sul banco di prova già nel 1944.
Curioso il fatto che questa moto fu presentata come "Vespa 98".
la denominazione era stata personalmente scelta dal conte Domenico
Agusta, ispirato dal sottile e acuto ronzio prodotto dal piccolo
propulsore a due tempi. Dopo le prime notizie della stampa, la MV Agusta
ricevette la formale diffida all'uso della denominazione "Vespa", da parte dei fratelli Balsamo che l'avevano depositata per il loro modello Miller Vespa del 1934..
Un tempo conclusa la vertenza legale, i fratelli Balsamo alienarono la
denominazione "Vespa" alla Piaggio che la utilizzo per il suo nuovo
scooter, destinato a diventare particolarmente noto a livello mondiale.
Le consegne della "98" iniziarono l'anno successivo, quando MV
Agusta iniziò anche la sua attività agonistica sportiva. L'esordio
vincente avvenne nella gara di regolarità con la MV98 a 3 Velocità, il 6
ottobre a La Spezia. Vittoria replicata sette giorni dopo in circuito a Valenza (AL), sull'onda delle quali venne prodotta la 98 Sport, dotata di forcella telescopica, telaio più corto, assetto ribassato, motore più potente (quasi 5 CV).
Nel 1947, al Salone di Milano,
la MV Agusta si presentò con una nutrita serie di novità:
la "98 Turismo Lusso" con cambio a 3 velocità, la "Zefiro"
con motore 2 tempi bicilindrico di 125 cm³ (rimasta a livello
prototipico) e la "250" con motore monocilindrico a 4 tempi. L'anno
successivo avvenne la partecipazione al Campionato Italiano
Velocità 125 con la 125 Tre Marce derivata dalla 98.
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Vittorie all'ultimo giro. 
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Quello di Mika Hakkinen al G.P. di Spagna 2001, non è certo il primo caso di
un pilota colpito dalla sfortuna, sotto forma di un problema meccanico alla
propria monoposto, all’ultimo giro di un Gran Premio iridato di Formula 1.
Ecco tutti i precedenti di coloro che hanno perso una gara di campionato del
mondo negli ultimissimi metri.
12 dicembre 1959, Sebring (Stati Uniti)
Jack Brabham, neocampione del mondo con la Cooper, domina il primo Gran Premio
degli Stati Uniti ma all’ultimo giro rimane senza benzina e si ferma lungo il
percorso. Viene superato dai compagni di squadra Bruce McLaren, che va a
vincere, e Maurice Trintignant, e dal ferrarista Tony Brooks, e arriva al
traguardo a piedi spingendo la propria vettura e staccato di cinque minuti dal
vincitore.
14 giugno 1964, Spa Francorchamps (Belgio)
A due giri dalla fine Dan Gurney (Brabham), in testa alla gara, rientra ai box
per rifornirsi ma viene fatto ripartire perché non c’è più benzina: si
fermerà lungo il tracciato. Passa al comando Graham Hill (BRM), che a metà
dell’ultimo giro si ferma anch’egli per un guasto alla pompa della benzina.
E’ in testa ora McLaren (Cooper), al quale si rompe la cinghia
dell’alternatore prima dell’ultima curva, il tornante La Source. Il
rettilineo finale è in discesa e il neozelandese spera di passarlo anche a
motore spento, ma viene superato di slancio a 100 metri dall’arrivo dalla
Lotus di Jim Clark.
10 settembre 1967, Monza (Italia)
Forse la gara più incredibile della storia. Clark (Lotus), in testa dopo 13
giri, si ferma per cambiare una gomma afflosciatasi e riparte con un giro di
ritardo. Si sdoppia dai battistrada, li raggiunge e li supera a poche tornate
dalla fine. All’ultimo giro è nettamente davanti a John Surtees (Honda) e
Brabham (Brabham), unici superstiti del gruppo di testa, ma alla curva Ascari
viene sfilato dai due, che vanno a giocarsi il successo in volata. Vincerà
Surtees, mentre Clark arriverà con oltre 20 secondi di distacco, senza benzina!
9 giugno 1968, Spa Francorchamps (Belgio)
Jackie Stewart (Matra) ha un vantaggio di mezzo minuto su McLaren (McLaren) ma
all’inizio dell’ultimo giro rientra ai box per rifornirsi. La sosta va per
le lunghe e nel frattempo la corsa termina con la vittoria di McLaren. Stewart
è classificato quarto, staccato di un giro.
10 maggio 1970, Montecarlo (Monaco)
Brabham (Brabham), al comando davanti a Jochen Rindt (Lotus), a 15 giri dalla
fine comincia ad accusare noie ai freni e rallenta vistosamente. All’ultimo
giro Rindt gli è vicino. Brabham, pressato, alla curva del gasometro,
l’ultima, va a sbattere contro il guard-rail. Rindt lo supera e va a cogliere
un insperato successo, l’australiano è secondo.
18 luglio 1970, Brands Hatch (Gran Bretagna)
Nuova beffa di Rindt ai danni di Brabham. Il pilota-costruttore sorpassa
l’austriaco a 12 giri dalla fine. All’ultima tornata ha 14’’ di
vantaggio sul rivale ma improvvisamente rimane senza benzina. Rindt lo sorpassa
spietatamente e sul traguardo lo sopravanza di oltre mezzo minuto.
17 giugno 1973, Anderstorp (Svezia)
Ronnie Peterson (Lotus) resiste per tutta la gara agli attacchi di un gruppetto
formato da Denny Hulme (McLaren), Emerson Fittipaldi (Lotus) e Stewart
(Tyrrell). A 4 passaggi dalla conclusione Fittipaldi e Stewart si ritirano per
problemi al motore. Resta solo Hulme, che all’ultima tornata approfitta delle
difficoltà di Peterson con la tenuta di strada della sua monoposto per
superarlo in extremis.
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